Erano tutte «attività di ricerca». Sia i viaggi all’estero per partecipare a gare di equitazione con il Mediterranean equestrian tour di Oliva, a Valencia (costo 5mila euro), sia il servizio fotografico da 446 euro per i purosangue del suo maneggio. L’ex rettore dell’Università di Messina, secondo i militari della Guardia di finanza che hanno indagato su di lui negli ultimi due anni, era costantemente a caccia di scontrini da trasformare in rimborsi da ottenere rapidamente grazie al peso del suo ruolo in accademia. Il sistema emerge dalle 700 pagine dell’ordinanza che ha disposto il sequestro da circa 2,4 milioni di euro nei confronti del docente. Lo raccontano i funzionari ascoltati dagli inquirenti nei mesi scorsi. Cuzzocrea – si legge negli atti – avrebbe avanzato richieste di rimborso per le spese «asseritamente sostenute» e «documentate, quasi in via esclusiva, a mezzo scontrini fiscali, privi di ogni riferimento circa la merce acquistata o, comunque, relativi all'acquisto di materiale vario e generico tra cui legname, farmaci, parafarmaci, casalinghi, materiale elettrico, materiale edile, informatica, ferramenta e alimenti». Queste richieste presentavano in calce il “visto per la copertura finanziaria” del segretario amministrativo e la firma del direttore di dipartimento. Piano riuscito anche «approfittando del clima di soggezione e, in parte, di lassismo degli organi deputati all’istruttoria e ai controlli». In alcuni casi, infatti, Cuzzocrea avrebbe chiesto il rimborso «quali spese afferenti ai progetti di ricerca di beni destinati» alla società Divaga (società di proprietà dell’ex rettore), in altri casi «si è addirittura munito di scontrini precedentemente gettati dai clienti all'interno degli esercizi commerciali ove era solito fare acquisiti, per poi chiederne il rimborso "spalmando" i relativi importi sui vari progetti di ricerca».

Una delle richieste di rimborso avanzate da Cuzzocrea

Cuzzocrea e il sistema dei rimborsi

«I rimborsi erano utilizzati normalmente per le procedure di urgenza», ha spiegato la signora Loredana Urzì, segretaria amministrativa del dipartimento “ChiBioFaram” dell’Università di Messina. Una scorciatoia da non usare spesso, «fatta eccezione per taluni docenti». Quando i finanzieri hanno chiesto a Urzì di indicare quali, lei ha citato soltanto Cuzzocrea. «Una volta — ha spiegato — col direttore del dipartimento Sebastiano Campagna, ne avevamo discusso con Cuzzocrea, facendo notare che le somme richieste a rimborso erano ingenti». Ma il docente non aveva voluto sentire ragioni, sostenendo che le sue spese erano «necessarie». Urzì, tra l’altro, fa mettere a verbale che «ignorava che la ditta Divaga fosse riconducibile» all’ex rettore dell’ateneo.

Il segretario amministrativo: «Avevo paura di denunciare»

Anche l’altro segretario amministrativo, Santino Zagami, ha raccontato di aver sollevato alcune osservazioni a Cuzzocrea, «perché la modalità del rimborso era troppo frequente», ma anche in quell’occasione il rettore aveva invitato «a non entrare nel merito» delle spese. «Teoricamente — ha aggiunto il testimone — il direttore generale Bonanno sarebbe potuto intervenire, ma non aveva molta autonomia rispetto al rettore — commenta la procura — verso il quale notoriamente versava in uno stato di sudditanza».

All’università regnava un clima di paura. Lo ha confermato lo stesso Zagami: «Avevo paura di andare dal direttore generale in quanto, probabilmente, lo avrebbe raccontato al rettore e mi avrebbe ripreso in malo modo». Il segretario ha inoltre confidato ai militari: «In alcune occasioni avevo intuito che gli scontrini potessero essere falsi, ossia non corrispondenti ad acquisti personalmente effettuati dal professore Cuzzocrea».

Il commerciante cinese: «Mi chiedeva di raccogliere gli scontrini lasciati alla cassa»

Nonostante tutto, l’ex rettore continuava a richiedere rimborsi in modo sistematico. Cercava scontrini con una frequenza quasi ossessiva. Il commerciante cinese Yunliang Huang ha detto ai finanzieri: «Ricordo che il professore mi ha chiesto di raccogliere gli scontrini fiscali che i clienti lasciavano alla cassa, o quelli caduti a terra, per poi consegnarglieli. Forse per questo motivo trovate scontrini di piccolo importo pagati anche in contanti. Nel tempo, ho più volte consegnato gli scontrini raccolti direttamente al professore».

I militari sono risaliti al commerciante seguendo scontrini per un totale di 42 mila euro. Huang ha spiegato: «Negli ultimi anni il professore ha acquistato in gran quantità quasi esclusivamente materiale elettrico per un utilizzo edile». E ancora: «Il professore ha pagato tramite carte di credito, chiedendomi esplicitamente di emettere più scontrini fiscali consecutivi. Chiese pure di non indicare sullo scontrino la descrizione della merce venduta».

I rimborsi all’insaputa dei ricercatori

Il meccanismo messo in piedi dall’ex rettore è stato ricostruito nelle dettagliate informative del nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf. Molte spese erano attribuite ai 14 ricercatori del gruppo di lavoro di Cuzzocrea, per un totale di 210mila euro. Tutti hanno dichiarato di non aver mai effettuato quegli acquisti. Qualcuno si è sorpreso nel vedere fra la merce acquistata «legname, ferramenta e materiale edile».

Un ricercatore ha dichiarato: «Sapevo che il professore Cuzzocrea anticipava le spese per i materiali di consumo del laboratorio, ma non sapevo che le richieste di rimborso per detti materiali venissero fatte a nome mio».

Un altro ha spiegato di non sapere «che il professore Cuzzocrea presentasse richieste di rimborso a nome mio. Solitamente, ci rivolgevamo a lui quando mancava qualcosa in laboratorio, e sapevo che lui anticipasse le spese per l’acquisto del materiale di consumo. Pertanto — ha aggiunto — quando mi venivano accreditate sul conto corrente personale le somme da parte dell’università, io procedevo immediatamente a rigirarle al professore Cuzzocrea, pensando che si trattasse di rimborsi per spese da lui sostenute per l’acquisto di materiale da laboratorio che, di volta in volta, gli chiedevamo di acquistare. Pensavo fosse una procedura regolare, trattandosi comunque di soldi tracciabili e accreditati sul conto corrente da parte dell’università di Messina, procedura tra l’altro avallata anche dagli uffici amministrativi».