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Silenzio assordante. Schiaffi in piena faccia e pugni allo stomaco. No, non è il resoconto dell’ennesimo fatto di cronaca che sono costretta a raccontare. È una delle pagine più belle che questa terra potesse raccontare. Riscrivere la storia non è semplice ma neanche impossibile. E ce lo hanno insegnato un gruppo di ragazze giovanissime. Hanno gli occhi belli e puliti ma, soprattutto, pieni di sogni e speranze.
Passeggiare in una Seminara deserta non le ha intimorite. Resilienti e fiere hanno dato lezioni di vita che nessun libro basterà mai a raccontare. Intimorite, forse all’inizio nel vedere che Seminara ha scelto di non esserci. Preoccupate o spaventate? No, questo no perché non erano sole. Tanti uomini e donne hanno scelto da che parte stare. E anche se per qualcuno quella poteva rappresentare una passerella, dopo aver sentito una 16enne parlare dell’atrocità dello stupro con il microfono, in piazza, senza paura, ha cambiato senza dubbio idea. No, non è stato facile ma loro hanno lottato con le armi della bellezza e del coraggio.
Tanti “adulti” si sono sentiti piccoli di fronte a quei giganti che con la loro forza e voglia di essere parte del cambiamento non hanno mai abbassato lo sguardo anche quando gli sguardi giudicanti sono arrivati dritti al petto. Sapevano di essere dalla parte giusta, quella della giustizia, dei diritti, della libertà. Vogliono sentirsi libere di crescere e diventare donne senza paura di essere intrappolate in vortici di violenze, abusi e oppressioni. «Non dite alle vostre figlie di stare attente, educate i vostri figli al rispetto». Uno dei tanti messaggi lanciati in quella piazza che non voleva loghi o prese di posizioni, voleva sostegno, aiuto in una battaglia che deve essere collettiva. Siamo ancora lontani, lo abbiamo capito leggendo le reazioni scomposte e dai dolori di pancia malcelati. Nessuno può dire di non sapere. Ma qui si sta raccontando la storia di Davide contro Golia.
Seminara non è forse ancora pronta a fare i conti con tutta questa bellezza. Ancora impaurita e rannicchiata su sé stessa dopo che troppa cattiveria e storture sono state raccontate. Seminara non ha ancora perso. E non perderà fino a quando ci saranno delle giovani, poche o tante non importa, pronte ad avere quel coraggio che spesso è mancato. Ci vuole coraggio per essere libere, ci vuole coraggio per sfidare un sistema che vede le vittime costrette a scappare per trovare pace, perché tornare a vivere è ancora più difficile. Tutti perderemo il giorno in cui si lascerà passare il messaggio che la vittoria sia aver costretto la vittima ad allontanarsi. La vittoria è non aver spento ancora i riflettori. Continuare a parlare, rompere il silenzio. Continuare a sperare un futuro migliore. Poche, resilienti e senza paura. Hanno vinto loro che si sono messe in cammino per cambiare un mondo cattivo nel quale non si riconoscono. Hanno vinto quelli che le hanno accolte, supportate, avvicinate e non le hanno fatte sentire sole in una battaglia di civiltà che, lo sappiamo bene, è più grande di loro ma anche di tutti noi.
Non cambieranno il mondo, forse, ma hanno già lasciato un segno e da Seminara hanno iniziato un percorso di rinascita per tutte le ragazze che hanno subito e subiscono violenza ma hanno paura di denunciare perché si sentono sole, per tutte le donne che non hanno più voce o forza per difendersi, per tutte quelle che questa battaglia l’hanno già persa. Quindi, la risposta è si, la strada è quella giusta. E chi ha iniziato questo cammino sa che si troverà ad affrontare sfide difficili e strade in salita, paesi desolati, finestre chiuse e ridacchianti, persone indifferenti o, ancora peggio, dalla parte sbagliata, ma saremo sempre li, dalla stessa parte, quella di un cambiamento possibile perché no, finchè ci saranno pochissime ragazze pronte a lottare per la loro dignità, non è tutto perso. C’è ancora speranza.