Il Tribunale di Reggio Calabria ha emesso la sentenza di primo grado nel processo noto come “Rimborsopoli”, riguardante presunti illeciti nella gestione dei rimborsi ai gruppi consiliari del Consiglio regionale della Calabria tra il 2010 e il 2012. Diversi ex consiglieri regionali sono stati condannati per peculato e falso, con pene variabili tra i 3 e i 5 anni di reclusione.

Le condanne

Per Luigi Fedele, «limitatamente alle erogazioni effettuate in favore della Fedrist S.a.s. con condotta consumata dal 12 settembre 2011, e per i rimborsi conseguiti per l’anno 2012», ritenuta la continuazione, la pena è di 5 anni di reclusione.

Per Giovanni Nucera, limitatamente ai rimborsi per l’anno 2012, la pena è di 4 anni di reclusione.

Pasquale Maria Tripodi è stato condannato a 3 anni e 6 mesi.

Per Alfonso Dattolo, limitatamente ai rimborsi per il 2012, la pena è di 4 anni e 8 mesi.

Giovanni Emanuele Bilardi, per rimborsi 2012 e condotte del 28 marzo 2012 e 29 marzo 2013, è stato condannato a 4 anni e 8 mesi.

Per Carmelo Trapani, sempre limitatamente ai rimborsi del 2012, la pena è di 3 anni e 6 mesi.

Tutti i condannati dovranno inoltre sostenere le spese processuali e sono stati colpiti da interdizione perpetua dai pubblici uffici e incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, ad eccezione delle prestazioni di pubblici servizi, nei confronti di Fedele, Nucera, Dattolo, Bilardi e Trapani.
Per Tripodi Pasquale Maria, l’interdizione dai pubblici uffici sarà limitata a 5 anni.

Le motivazioni della sentenza sono attese entro 90 giorni.

Le assoluzioni

Assolti: Giovanni Raso (difeso dall’Avvocato Aldo Ferraro), Alfonsino Grillo, Nino De Gaetano, Ferdinando Aiello, Enzo Ciconte, Nicola Adamo, Emilio De Masi, Pietro Amato, Demetrio Battaglia, Bruno Censore, Mario Franchino, Mario Maiolo, Carlo Guccione, Antonio Scalzo e Francesco Sulla.

Assolti anche l’ex governatore Agazio Loiero, l’attuale sindaco di Rende Sandro Principe e l’ex presidente del Consiglio Regionale Giuseppe Bova.

Le accuse

Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero chiesto e ottenuto rimborsi illegittimi per spese non previste dalla legge regionale, utilizzando fondi pubblici destinati alle attività istituzionali per fini personali. Le indagini hanno evidenziato discrepanze tra le movimentazioni bancarie dei gruppi consiliari e i rendiconti ufficiali, con casi di doppia documentazione per ottenere rimborsi duplicati.

Reazioni e sviluppi futuri

Le condanne emesse in primo grado rappresentano un passo significativo nella lotta all’uso improprio dei fondi pubblici. Tuttavia, è probabile che gli imputati ricorrano in appello, prolungando ulteriormente il procedimento giudiziario.

Il processo “Rimborsopoli” continua a rappresentare un caso emblematico delle sfide che le istituzioni devono affrontare per garantire l’integrità e la responsabilità nella gestione dei fondi pubblici.