di Silvio Nocera – Irthe i ora
na choristò, fili

È andato via così, Salvino Nucera, un pomeriggio di luglio trasportato dalla brezza marina, accomiatandosi col la discrezione e la riservatezza che erano la sua cifra stilistica. Salvino, con cui ho lavorato per oltre due anni, non era semplicemente Salvino. Era un in intellettuale, un poeta, un autore grecanico. Il saldo avamposto a presidio della minoranza greco-calabra.

Un attivista vero perché appassionato, cellula vivente di un ecosistema culturale cui aveva dedicato la sua vita attraverso la produzione dei suoi scritti, l’,opera di divulgazione e sensibilizzazione, la sensibilità di docente e formatore. .

Fino a ieri nelle scuole, nei decenni passati, risoluto guerriero che attraverso la penna e la parola trasmetteva un’identità, ricreandola a ogni occasione, vivificandola ogni volta come fosse la prima volta. Anche ora che stava ultimando il suo progetto di trasposizione delle tragedie di Euripide in grecanico.

Fondatore della madre di tutte le associazioni dei Greci di Calabria, Jonica, Salvino si è battuto per una vita per la sua lingua, vittima di uno stillicidio che nei secoli l’aveva degradata da idioma di tradizione orale predominante in tutto l’Aspromonte a macchia culturale resistente.

In quella lingua e per quella cultura Salvino era tornato a scrivere riaprendo una nuova stagione di produzione di grecanico scritto. Dopo la pubblicazione de La Glossa di Bova ad opera di Andrea Crupi nel 1981, Salvino aveva pubblicato il suo primo libro nel 1986, rompendo un silenzio e che durava da oltre secoli.

Così mi aveva detto: «All’inizio pensavo in dialetto, scrivevo in grecanico e ritraducevo in italiano. Poi ho capito che avrei dovuto partire pensando direttamente in greco».

Con Salvino se ne va irrimediabilmente un pezzo di memoria, una parte fondamentale del popolo greco di Calabria. Non la sensazione, seppure amara, di avere amputato una parte di cuore, o di cervello, ma di smarrire il respiro, di sentire il guinzaglio del fiato corto. Quel fiato che è Pneuma, isoffio vitale, e Thymòs, l’impulso, anima emozionale.

Quel respiro stasera è mancato anche a me che per due anni ho lavorato con il prof. Salvino Nucera, che da collaboratore e maestro è diventato amico affettuoso, prossimo e sempre disponibile.

E se non bastasse, la mia grammatica e la mia semantica per Grecanica News. La mia finestra su una memoria che fino all’ultimo ha lavorato per far restare presente e far diventare futuro. «Sono contento che una nuova generazione volenterosa e curiosa stia proseguendo sulle nostre orme, perché per me si è trattato di un impegno e di una passione per la vita», mi aveva riferito durante un confronto sulle attività di formazione linguistica estiva del To Ddomadi Greko tenute dai volontari di Jalò tu Vua.

Da giornalista, appassionato, collaboratore e amico non posso fare altro che leggere la scomparsa di Salvino come una sua ultima lezione. Che deve spronarci a fare meglio e a fare presto, per fare in modo che la cultura e la lingua dei greci di Calabria diventi un patrimonio consolidato, ascoltato e studiato e torni ad essere il centro della nostra identità.