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Ancora un tutto esaurito per il secondo doppio appuntamento della stagione teatrale di drammaturgia contemporanea di Teatro Primo dove, in arrivo direttamente da Reggio Emilia, è andato in scena “Patria – il paese di Caino e Abele”. Un’opera che ha immerso il pubblico in un racconto avvincente e surreale attraverso i capitoli più complessi e sanguinosi della storia recente italiana. Una collaborazione tra le compagnie teatrali emiliane Eco di Fondo e MaMiMò, con la regia di Giacomo Ferraù.
«Lo spettacolo nasce dal desiderio di raccontare la storia del nostro paese nel secolo scorso», ha raccontato Fabio Banfo, attore e autore principale. Patria esplora un periodo storico spesso trascurato nelle scuole: gli anni di piombo, caratterizzati da stragi e terrorismo sia di estrema sinistra che di estrema destra. Questo periodo è rappresentato come un’epoca di scontri interni, una guerra fratricida in cui italiani uccidevano altri italiani, riflettendo la dualità di Caino e Abele.
Il sottotitolo «Il paese di Caino e Abele» sottolinea questa dicotomia, ha raccontato Banfo. Al centro della narrazione c’è un protagonista straordinariamente atipico, un uomo segnato da un trauma cerebrale infantile che lo ha reso incapace di comprendere pienamente la realtà. «Affidare la storia a un personaggio simile è stata una scelta mirata per mostrare quanto la storia italiana possa risultare paradossale e difficile da spiegare», ha detto Banfo.
L’ambientazione in un paesino immaginario chiamato Patria, chiaro simbolo dell’Italia, accentua l’assurdità e le contraddizioni degli eventi narrati. Lo spettacolo non adotta una posizione politica univoca, ma riflette le complessità che hanno frammentato il paese. «Il nostro è uno spettacolo politico, ma non schierato. La vera scelta politica è raccontare quegli anni attraverso lo sguardo di chi non può capire tutto, offrendo una prospettiva tragica e grottesca», ha aggiunto Banfo. Attraverso il protagonista, il pubblico vive un’interpretazione mista di ingenuità e disincanto, in cui si mescolano stragi sui treni, rapimenti celebri come quello di Aldo Moro e attentati mafiosi.
Uno dei momenti più incisivi è la rappresentazione della nascita della Lega Nord. Il protagonista, confuso e attratto da compagni dai valori discutibili, inizia a gridare slogan xenofobi e discriminatori come «Sicilia, mafia, Napoli colera» e «Ebrei e terroni nei forni coi ladroni». «Questi episodi mostrano come l’ignoranza e il conformismo possano alimentare ideologie pericolose», ha detto Banfo, evidenziando la critica sociale sottesa.
Il cuore dello spettacolo risiede nella costruzione di un filo conduttore che percorre vent’anni di storia italiana, dal 1974 al 1994. In questo arco temporale, eventi apparentemente scollegati come il terrorismo rosso e nero, i rapimenti e gli attentati mafiosi emergono come parte di un disegno più ampio di destabilizzazione. «Il protagonista, Abele, sopravvissuto all’attentato dell’Italicus, non accetta la morte del fratello Caino. In ogni attentato vede un segno che conferma la sua convinzione che Caino sia ancora vivo e operi nell’ombra», ha raccontato Banfo.
Questo percorso tragicomico – che fonde momenti di comicità e profonda riflessione – invita il pubblico a interrogarsi sull’influenza del potere e delle sue manifestazioni violente nella società italiana, che spesso spingono i cittadini a cercare rifugio in figure autoritarie anziché a pretendere un governo al servizio del popolo. «La storia raccontata in Patria sembra incredibile ma è reale: un mosaico di eventi che hanno segnato il paese, creando una memoria di paura e resistenza che non può essere dimenticata», ha concluso Banfo.
Un testo che parla del passato della nostra nazione, ma che, inesorabilmente, volge lo sguardo anche al futuro, che potrebbe essere caratterizzato da un crescendo di tensioni e di divisioni interne a causa della legge sull’autonomia differenziata. Il concedere maggiore indipendenza alle regioni potrebbe riattivare, in forme moderne, quelle stesse tensioni tra nord e sud che hanno lacerato l’Italia in passato. «Le politiche odierne, come l’autonomia differenziata, rischiano di accentuare disuguaglianze e competizioni regionali, perpetuando divisioni che minano la coesione e danneggiano i più deboli», ha osservato Banfo, sottolineando come Patria stimoli una riflessione profonda sulle conseguenze di queste scelte.

