C’è una linea sottile, eppure solidissima, che unisce la poesia ed il gesto di uno chef, il pensiero di un autore e la materia viva di un piatto. E quando ad esplorarla non è uno chef qualsiasi ma si chiama Antonio Battaglia, allora è sicuro: ogni cena può diventare un’opera.

Così come accaduto, in ordine cronologico, durante la tappa di Altafiumara Fest nella cornice del Polo Culturale di Altafiumara, durante lo spettacolo “Apprendisti dell’Amore” con Marta Scelli. L’attrice reggina ha portato in scena una riflessione intensa e vibrante sulla forza trasformativa del sentimento umano, partendo dal cuore della “Divina Commedia” e dalla figura tragica di Paolo e Francesca.

Accanto al racconto teatrale, a costruire un’esperienza unica e sinestetica, c’era lui, chef visionario, mente creativa e fondatore del Polo Culturale Altafiumara, che ha saputo creare un percorso sensoriale costruito sull’idea stessa dello spettacolo, con piatti concepiti per rispecchiarne il significato profondo.

«Abbiamo invertito le regole del gioco – ci spiega chef Battaglia -. Non partiamo più dal piatto per abbinare un vino. All’Enoteca culturale abbiamo cominciato a fare l’opposto: partire dal vino per creare un piatto. E oggi, con Altafiumara Fest, abbiamo fatto un passo ulteriore: il punto di partenza è diventato l’artista stesso, il suo linguaggio, la sua visione».

Per “Apprendisti dell’Amore”, lo spunto era potente: l’amore nella sua forma più complessa e struggente, come quello che condanna Paolo e Francesca a una dannazione eterna, sospesi nel turbine dell’inferno. E allora anche il menù doveva essere tormentato, passionale, contrastato. La protagonista è stata una creazione dello chef dal nome evocativo: “risotto della passione”, un incontro ardito tra pesce e frutta, in cui l’equilibrio si raggiunge solo dopo un’oscillazione di gusto, un po’ come nel sentimento che ispirava la serata.

«Con l’amore si può vincere facile in cucina – sorride Battaglia – basta pensare agli ingredienti che evocano passione, desiderio, tensione. Ma qui c’era qualcosa di più: un amore impossibile, drammatico, che meritava una narrazione gastronomica all’altezza. Ho voluto raccontarlo con un gioco di contrasti: sapori che si attraggono e si respingono, come i protagonisti danteschi. E quando riesci ad armonizzarli in un piatto, il risultato è sorprendente».

Ma è nel concetto più ampio che la filosofia di Antonio Battaglia prende corpo. La cucina, per lui, non è ancella delle arti, ma arte essa stessa. Con lo stesso rigore e con la stessa libertà. «Un piatto, come una sinfonia o un dipinto, deve nascere da un’intuizione e da una costruzione attenta. Bisogna bilanciare, dosare, ascoltare. I contrasti sono una sfida: se sbagli l’equilibrio, crolla tutto. Ma se riesci a farli convivere, allora hai davvero qualcosa di grande tra le mani».

Non è la prima volta che lo chef reggino porta avanti una visione integrata delle arti, capace di dare voce al territorio attraverso esperienze culturali complete. Già nei mesi invernali, l’enoteca culturale aveva inaugurato questa filosofia: eventi in cui ogni elemento – vino, cibo, musica, parola – parlava lo stesso linguaggio. Oggi, con l’Altafiumara Fest, questa visione trova piena maturità e si impone come una delle proposte più originali e raffinate del panorama estivo calabrese.

E il pubblico? Colpito. Sia dal racconto teatrale, sia da quel viaggio nei sapori che riusciva a raccontare l’invisibile, dove la cultura si assapora, si ascolta, si vive. Insieme.