Tutti gli articoli di Cultura
PHOTO
Una storia di amore, di lotta, di resistenza e antifascismo nella terra di Italo Balbo, Giorgio Bassani, Giacomo Matteotti e don Giovanni Minzoni, ambientata nelle campagne ferraresi dopo la fine della Prima Guerra mondiale. In quel momento storico quelle campagne duramente lavorate dai braccianti si infuocano di protesta e scioperi mentre le camice nere iniziano a contrapporsi con violenza alle leghe rosse, gettando le basi del regime che avrebbe trascinato nuovamente il Paese in guerra.
Dario Franceschini, già ministro della Cultura e oggi senatore e presidente della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, a Reggio Calabria in qualità di scrittore per presentare il suo ultimo romanzo “Aqua e tera”, edito da La nave di Teseo. È stato ospite dell’iniziativa promossa dalla fondazione Italo Falcomatà, svoltasi nella sala dei Lampadari Italo Falcomatà di palazzo San Giorgio, sede del Comune di Reggio Calabria. Lo scrittore ha conversato con il giornalista Giuseppe Smorto.

L’incontro è stato introdotto dalla presidente della fondazione, Valeria Falcomatà, che ha sottolineato il pregio del romanziere Dario Franceschini «capace di unire il talento della scrittura con la sensibilità sociale maturata durante la sua attività politica. “Aqua e tera” è un romanzo che ci aiuta a esplorare la storia come l’attualità ed è quello strumento di autoconsapevolezza di cui parla Italo Calvino quando spiega cosa sia secondo la lui la letteratura».
La memoria e la fatica della Terra
«Si guarda alle terre senza ricordare che quelle stesse terre, oggi così fertili, prospere e ricche, sono tali grazie alla fatica di chi le ha lavorate cento anni fa. Anche Ferrara, circondata dalle bellezze rinascimentali e dall’arte, ha dimenticato che le sue stesse campagne fiorenti – ha sottolineato Dario Franceschini – sono state bonificate grazie al lavoro di migliaia e migliaia di persone impegnate con la vanga e la carriola per 14 ore al giorno, nella miseria, nella fame, nella pellagra, nella malaria. La storia del mio romanzo spero contribuisca anche a riscattare le storie di queste donne e di questi uomini che hanno fatto una fatica micidiale per tutti noi. Una storia italiana che ho creduto andasse ricordata e di cui occorre fare memoria».
La fatica e la protesta che generano anche solidarietà. Tante furono le famiglie contadine che accolsero i figli degli scioperanti, di coloro che esponendosi pagavano il prezzo più alto. Un rimando al bellissimo romanzo “Il treno dei bambini”, ambientato mezzo secolo dopo, di Viola Ardone che ha definito questo “Aqua e Tera” come «una bellissima storia di lotta, antifascismo, amore e diversità, che fotografa il presente partendo da lontano. Una scrittura che con rara sensibilità si fa lingua del cuore».
Sono tempi di grande contrapposizione politica che portano le storiche leghe rosse a subire l’affermazione delle camice nere in un «ribaltamento di visione che è anche quello che ha vissuto dopo Ferrara, oggi guidata da un’amministrazione leghista», ha evidenziato ancora Dario Franceschini.
“Aqua e tera”
«Il titolo del romanzo richiama la canzone “Terra e acqua” di Francesco De Gregori, a sua volta ispirata alla canzone polesana “Tera e aqua”, appunto. E la musica e anche De Gregori hanno vita nel romanzo dove la finzione si innesta sulla base storica degli avvenimenti rievocati che sono accomunano l’Italia. Le bonifiche in quel frangente furono molto numerose.
Ci sono – racconta Dario Franceschini – anche personaggi ispirati a persone realmente esistite e ci sono, naturalmente, anche le donne. C’è la socialista Alda Costa, maestra elementare, e l‘attivista Rina Melli che lascia la famiglia benestante per convivere con un uomo un in quartiere popolare di Ferrara e fonda Eva, la prima rivista femminista d’Italia ad inizio Novecento. Sotto la testata si legge: “È inutile parlare di eguaglianza tra le classi se non siete capaci di accettare l’uguaglianza in casa. In effetti le donne raccontate sono tutte particolarmente positive e gli uomini molto mediocri. Ma non è stato nulla di volontario. Mi ha guidato la storia».
Tra i protagonisti del romanzo ci sono anche i Callegari sono una famiglia di scariolanti e lavandaie che conoscono la fatica e la lotta per degli ideali, che conoscono l’acqua e la terra che ogni giorno danno loro di che vivere pur rendendo quella vita durissima. Per le bonifiche arrivarono contadini da tutte le parti d’Italia, Calabria compresa. «C’è anche un contadino calabrese di Longobucco, Amadeo, per far parlare il quale in dialetto calabrese corretto ho chiesto la consulenza a Mimmo Bevilacqua. “Ma è vero che non ci danno quindi la terra?” chiede a un tratto il contadino calabrese ferito e portato via». Sarebbe stato vero, purtroppo.
«Una terra che è ancora oggi fatica se pensiamo, purtroppo, allo sfruttamento della manodopera straniera. Ecco – sottolinea Dario Franceschini – questa storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli stessi errori». Con riferimento allo sfruttamento, ha richiamato le storie calabresi dalle lotte dei braccianti, delle donne impegnate nella raccolta dei gelsomini e delle olive fino agli odierni migranti, il giornalista Giuseppe Smorto ponendo l’accento su «condizioni dure e difficili che nel tempo non sembrano completamente superate e che restano da risolvere».
Il destino di un Amore ostacolato dalla Storia
Un romanzo storico in cui lo scenario dei grandi eventi si incrocia inevitabilmente con il destino delle persone, lo sfida, si impone e impone delle scelte di rispetto verso loro stesse e verso le future generazioni. È la stessa contrapposizione politica tra socialisti e fascisti a essere scardinata dall’amore “scandaloso” tra Tina e Lucia. Sono figlie di un agrario fascista e di un capolega socialista che tuttavia «per sottacere l’onta di questa vergogna, superano persino l’odio politico e le ideologie», evidenzia il giornalista Giuseppe Smorto.
«È principalmente una storia di amore, in quegli anni terribili del primo dopoguerra. Una storia di quiete per un amore tra due ragazze, ma vorrei che si definisse solo così: una storia d’amore e basta», ha tenuto a sottolineare Dario Franceschini.
Dario Franceschini già ministro della Cultura
E infine anche qualche riflessione sul suo trascorso da ministro della Cultura, mandato durante il quale ho sempre cercato di «ridurre la marginalità che contraddistingueva gli investimenti in cultura per riportarli al centro dell’agenda politica».
E rispetto alla sfida che vede Reggio Calabria tra le dieci finaliste per il titolo di Capitale della Cultura 2027, ecco l’augurio di Dario Franceschini. «Reggio merita assolutamente come le altre città. Conteranno i progetti e la loro qualità. Sono certo che anche Reggio si giocherà tutte le sue carte. L’augurio che posso rivolgere è di continuare a fare interventi belli come questo fantastico lungomare che ho visitato e che D’Annunzio definì il più bel chilometro d’Italia. Giustamente è intitolato alla memoria del sindaco padre Italo Falcomatà che ha fatto quest’opera coraggiosa e che ha cambiato veramente il destino della città».
Dario Franceschini romanziere
Con il suo primo romanzo “Nelle vene quell’acqua d’argento” (2006) ha vinto in Francia il Premier Roman di Chambéry e, in Italia, il premio Opera Prima Città di Penne e il premio Bacchelli.
Ha pubblicato anche La follia improvvisa di Ignazio Rando, da cui è stato tratto un omonimo spettacolo teatrale, Daccapo, Mestieri immateriali di Sebastiano Delgado e la raccolta di racconti Disadorna. I suoi romanzi sono tradotti in Francia per Gallimard.

