Aeroporto Reggio, l’esperto Buonsanti: «Visibilità limitata? C’era anche quando volavano 700mila passeggeri all’anno» – VIDEO
Il pilota civile sottolinea come in passato le restrizioni non abbiano frenato l'attività dello scalo
«L’aeroporto di Reggio Calabria è particolare ma non è pericoloso. È uno scalo che, pur con tutte le limitazioni, ha garantito in passato operatività importanti. La storia dimostra che anche quando volavano da e per il Tito Minniti 700 mila passeggeri all’anno, i limiti di visibilità sussistevano.
Procedure di addestramento imposte da Enac e molto più costose per le compagnie garantivano la sicurezza. Se così non fosse stato, lo scalo sarebbe stato chiuso.
Le cause di uno scalo oggi senza traffico non possono, dunque, essere ricondotte solo alle restrizioni». Questo il punto di vista qualificato di Michele Buonsanti, pilota civile e docente di Modelli per la Sicurezza delle Infrastrutture e di Sicurezza e procedure della Navigazione aerea presso la facoltà di Ingegneria dell’università Mediterranea di Reggio Calabria.
Decidono le compagnie aeree
«La domanda da porsi è, dunque, perché le compagnie aeree, adesso che le procedure di addestramento sono anche più fluide e meno gravose economicamente, scelgano di non addestrare i comandanti per volare su Reggio. Certo, dovrebbero addestrarli solo per atterrare a Reggio, come un tempo avveniva. Evidentemente prima la tratta risultava più appetibile e il contesto più attrattivo.
Con le nuove disposizioni, per altro la classificazione dello scalo di Reggio Calabria è lasciata alla valutazione della compagnia aerea come anche la scelta della tipologia di addestramento, seppure da sottoporre alla validazione di Enac.
Le compagnie decidono se addestrare e come addestrare, ma per atterrare a Reggio restano comunque obbligate a farlo. Solo l’obbligo è rimasto tale a prima. Ma ricordo nuovamente che le limitazioni e l’obbligo di addestramento non hanno precluso traffici importanti nello scalo reggino in passato».
Lo ha sottolineato ancora Michele Buonsanti, anche docente presso i corsi ufficiali dell’Aeronautica militare e consigliere del Comitato italiano per la Sicurezza del Volo.
La decisione di Enav
Per ragioni di sicurezza esso è rimasto obbligatorio per il Tito Minniti come espressamente riportato nelle informazioni aeronautiche (Aip) relative allo spazio aereo nazionale, aggiornate da Enav e in vigore dallo scorso 26 gennaio. Esse demandano alle compagnie la classificazione ma, di fatto, mantengono per l’aeroporto di Reggio Calabria la qualificazione richiesta per gli equipaggi di volo, tipica della categoria C.
«La posizione della pista 33, l’unica utilizzata nell’aeroporto di Reggio, impone nell’avvicinamento al tratto finale un’ampia curva il cui raggio oggi misura 3070 metri. Non è una manovra usuale. Ciò è dovuto a condizioni orografiche e meteorologiche, per la presenza di ostacoli naturali e artificiali, per limiti di radio assistenza che sussistono da decenni. Una condizione che non consente procedure strumentali, dunque atterraggi automatici senza avvicinamento del pilota a vista.
Da qui le limitazioni e l’obbligo di addestramento dei comandanti, gli unici a poter atterrare a Reggio con qualifica e almeno un volo all’anno», ha spiegato ancora il professore Buonsanti.
Un addestramento più accessibile
Immutato l’obbligo di addestramento in uno scenario che, però, da anni si presenta ormai mutato in meglio.
«Un tempo il conseguimento dell’abilitazione per l’aeroporto di Reggio Calabria prevedeva un velivolo fermo nello scalo reggino dove l’equipaggio eseguiva tre decolli e tre atterraggi diurni e notturni. Da una ventina di anni ormai l’abilitazione si consegue presso simulatori Enac, con un notevole abbattimento di costi e impiego di risorse delle compagnie.
Una volta acquisita la qualifica, è necessario poi eseguire almeno un volo all’anno da e per Reggio, pena il refresh presso il simulatore. Un requisito minimo che le compagnie possono decidere, per valutazioni interne sulla safety, di rafforzare. Per esempio, ricordo che Alitalia, aveva imposto almeno un avvicendamento ogni due mesi», ha spiegato ancora il professore Buonsanti.
«Aeroporto unico ma non ultimo»
«L’aeroporto di Reggio, ancorché unico in Italia e in Europa per via di questo tratto curvilineo in avvicinamento alla pista, non è da ritenersi tuttavia la pecora nera degli scali italiani. Ci sono criticità anche negli scali di Firenze e Genova, per esempio, che sono classificati in categoria B.
Essi hanno, infatti, delle minime di visibilità che consentono delle procedure strumentali anche se non di precisione, invece non praticabili a Reggio dove l’avvicinamento finale può avvenire solo a vista.
Da qui la conferma da parte di Enac della classificazione in categoria C del Tito Minniti. Conferma che rispecchia la decisione assunta a suo tempo quando tale classificazione, oggi rimessa alle compagnie, era invece prerogativa dell’Ente nazionale Aviazione Civile. Conferma che è atto dovuto, visto che alcuna implementazione in tema di sicurezza e visibilità è ancora intervenuta nello scalo di Reggio», ha sottolineato ancora il professore Buonsanti.
Le classificazioni
«Chiariamo che le classificazioni nelle categorie A, B o C discendono dalle proprietà tecniche e operative dello scalo e dalle condizioni di visibilità. La classificazione A riguarda aeroporti che hanno delle procedure di avvicinamento strumentali di precisione che consentono atterraggi completamente automatici. Nei fatti, tuttavia, le compagnie per regole di safety interna, tendono ad eseguire la fase finale dell’avvicinamento sempre manualmente. Le condizioni di visibilità degli scali di tipo A
La classificazione di tipo B riguarda aeroporti per i quali è prevista una procedura strumentale ma non di precisione. Le condizioni di questi scali sono simili a quelle di Reggio Calabria per orografia, meteorologia, ostacoli naturali e artificiali. La differenza è sul fronte del grado di limitatezza della visibilità e della radio assistenza. Dunque questi scali hanno delle condizioni di visibilità non ottimali ma che consentono una procedura strumentale seppure non di precisione.
La classificazione di tipo C, che riguarda lo scalo di Reggio Calabria, non prevede alcuna procedura strumentale. L’avvicinamento automatico non è praticabile. Si atterra solo manualmente, a vista. Le condizioni di visibilità tuttavia sono limitate per questo è necessario l’addestramento dell’equipaggio», ha sottolineato ancora il professore Buonsanti.
Le prospettive
Seppure in costanza di limitazioni, doveroso oltre che possibile è immaginare delle prospettive di miglioramento.
«La chiave sta nell’attrarre vettori importanti e compagnie affidabili che garantiscano collegamenti nazionali ed esteri. Concorrerebbe favorevolmente al rilancio del Tito Minniti anche una nuova procedura in grado di ridurre l’impatto delle limitazioni di visibilità sulle manovre di atterraggio. Altrettanto fondamentale sarebbe l’implementazione di radio assistenza e aiuti visivi, per supportare meglio nell’avvicinamento a vista nel tratto finale curvilineo. Ciò in una prospettiva più vicina.
Ma è giunto il momento di pensare anche a un salto di qualità. La tecnologia oggi ci offre la possibilità di maggiori ausili per la sicurezza. Anche se non nell’immediato, anche per lo scalo di Reggio potrebbero configurarsi delle nuove possibilità con avvicinamenti finali curvilinei ma strumentali (non a vista), utilizzando i sistemi satellitari all’avanguardia.
Una prospettiva che potrebbe avere ricadute anche sulla classificazione dello scalo. Ma, con un aeroporto vivo e appetibile, come un tempo lo è stato nonostante la persistente classificazione in categoria C, non sarà necessario attendere questa trasformazione prima di vedere aumentare il traffico. Qualcosa può e deve essere fatto prima e al più presto», ha concluso il professore Michele Buonsanti.