venerdì,Marzo 29 2024

Reggio, il Comune e la disabilità divenuta merce di scambio

Dall'Agedi arriva una denuncia struggente. La storia di una famiglia che pur vivendo con dignità la disabilità si è sentita «umiliata da chi amministra»

Reggio, il Comune e la disabilità divenuta merce di scambio

L’A.GE.DI. onlus –  Associazione Genitori di Bambini e Adulti Disabili – ha ricevuto e condivide la riflessione di una sorella di una persona disabile.

«Ogni singola conquista di una normalità negata sembra tanto, sembra tutto. Non siamo soli, questo si pensava. Certo, delle volte anche i miei genitori hanno pianto, hanno avuto e hanno paura e sapete quando? Quando pensano al momento in cui non ci saranno più avete mai sentito vostra madre dire mi auguro di morire un secondo dopo mia figlia? Beh io si. 

Può un’amministrazione ferire, fare del male, fare piangere ed umiliare le persone che dovrebbe tutelare? Si, può accadere e a Reggio Calabria accade. Vedo i miei genitori arrabbiati, nei loro volti leggo sconforto, umiliazione e rassegnazione. Eppure quest’ultima parola, nella mia famiglia, non l’abbiamo mai conosciuta. Da quando avevo tre anni circa, ricordo vagamente, ma il mio cuore no, lo ricorda benissimo, con quanta dignità i miei genitori hanno lottato per mia sorella; per accettare la disabilità prima di tutto, per imparare a conviverci, per comprenderla, capirla e per far vivere me in maniera “normale”. Così la vita è andata avanti e sono iniziate le lotte per la tutela dei diritti, all’asilo, a scuola, nella vita quotidiana. Si ottengono risultati importanti e ci sono anche delusioni; c’è chi ascolta e chi no, come in tutte le cose della vita, ma si lotta, si lotta con dignità, forza, coraggio, volontà di cambiare le cose per rendere tutto normale, così come dovrebbe essere.

Ma si continua a lottare e a chiedere sostegno e non aiuto alle istituzioni; si chiede ciò che per legge e per diritto spetta. Poi ad un tratto arrivano loro, giovani rampolli di una politica lontana dalla gente, dall’ascolto, dai bisogni e ti assestano un pugno dritto allo stomaco dopo l’ennesima umiliazione e “presa per il culo”. Così vedo scendere, dopo oltre 40 anni, lacrime di rassegnazione (quella parola che la mia famiglia non ha mai conosciuto fino ad ora…) sul viso di mia madre e il silenzio di mio padre fa più rumore di  un tamburo battente. Chiedo il perché e la risposta è che il nostro comune, i nostri amministratori, innanzitutto hanno deciso di trasformare, legittimamente o meno non importa, un servizio, il servizio di trasporto per disabili, in moneta a che serve il denaro ad una famiglia che comunque deve capire come organizzarsi nonostante i soldini?

In più, per assestare bene il colpo, una volta giunti i soldini in questione (viene rimborsato ciò che tu hai speso per un servizio che loro ti avrebbero dovuto fornire ) il nostro comune decide che gli stessi vengono erogati  se sei un cittadino modello, se sei un cittadino virtuoso, se sei un cittadino in regola con il pagamento delle tasse! Mio Dio non ci credo non è vero! Ho capito male. 

Invece no, ho capito benissimo! Un diritto utilizzato come merce di scambio per fare cassa.

La disabilità di mia sorella utilizzata e sfruttata ancora una volta solo per fare soldi! Certo, i disabili servono a questo. E poi, da che pulpito viene l’esempio, da un Comune che Virtuoso certamente non è, basta solo ciò che qui sto descrivendo a dimostrarlo o anche guardarsi intorno o aprire i rubinetti dell’ acqua. Eppure abbiamo anche pagato il saldo tari 2019! Questi giovani rampolli, l’assessore competente, i dirigenti e tutti coloro che di questo procedimento sono responsabili, o ne fanno parte, non hanno la minima idea dell’ umiliazione e del dolore di cui sono responsabili.

Io non vi auguro di vivere la disabilità ma vi chiedo di fermarvi.

Chiudete gli occhi. Immaginate di avere bisogno per vivere, di un servizio; vi chiedo di immaginare che la vostra famiglia, la persona a voi più cara abbia diritto ad un servizio e che questa persona non venga ascoltata, non venga considerata e sia lasciata sola senza interlocutori, abbandonata o peggio ancora presa in giro.

Cosa provate? Ditemi. La disabilità non è una tragedia; la rendete voi invivibile, cattivi amministratori della cosa pubblica. La rendete voi insopportabile, ingestibile, siete voi che rendete impossibile la vita e la normalità di un’intera famiglia. Voi assassini dei diritti di ciò che è universalmente e trasversalmente giusto al di là di tutto. Voi che avete sulla coscienza le lacrime di rassegnazione di mamme, padri, sorelle e fratelli che per una vita hanno solo lottato con dignità e amore. Ci vuole morale e coscienza per essere dei bravi amministratori ma forse prima ancora bisogna essere delle persone».

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