Al Pilone di Villa San Giovanni si è svolta la conferenza stampa che dal mondo associativo, accademico e istituzionale ha lanciato un coro unanime contro la megaopera
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Al Pilone di Villa San Giovanni, luogo simbolico dello Stretto, il comitato TiTengoStretto insieme ai movimenti No Ponte di Sicilia e Calabria ha convocato una conferenza stampa per presentare la grande manifestazione nazionale del 29 novembre a Messina. Una mobilitazione definita «pacifica, colorata e determinata», che mira a riaffermare il dissenso sociale e territoriale contro il progetto del Ponte sullo Stretto, dopo lo stop della Corte dei Conti.
La presidente del comitato, Rossella Bulsei, ha aperto l’incontro ricordando la valenza del luogo scelto per la conferenza e il clima che precede la manifestazione: «Oggi è una giornata importante: ci riuniamo qui al Pilone di Villa San Giovanni, dove il 6 agosto si festeggiava la delibera Cipes. Noi invece siamo qui per prepararci al corteo del 29 novembre a Messina, un corteo nazionale non violento, pacifico e colorato, che serve a riconfermare il “no” della società civile e dei territori a un’opera imposta dall’alto che ancora non dà garanzie». Bulsei ha aggiunto che lo stop della Corte dei Conti «poteva fermare la lotta, ma non ci siamo accontentati». E ha ribadito: «La nostra è una battaglia per la difesa del territorio, per la protezione dello Stretto, un gioiello ambientale. Un’opera così imponente dovrebbe ascoltare prima di tutto la voce dei cittadini e tenere conto delle condizioni naturali dei luoghi. Il dibattito pubblico ci è stato tolto per legge: noi ce lo riprendiamo con le armi della democrazia».
Il professore ordinario di Economia Applicata dell’Università di Messina, Guido Signorino, ha parlato senza mezzi termini di un progetto «tecnicamente ed economicamente sconsiderato»: «Viene confermata l’impossibilità e l’illegittimità di un progetto che non ha senso compiuto. È un atto di prepotenza e una violazione della democrazia». Secondo Signorino, la stessa reazione del governo mostra incertezza: «Dopo lo stop della Corte dei Conti, il governo ha tirato i remi in barca e ha parlato di riapprovare la delibera Cipes, ma la Corte ha obiettato violazioni del diritto europeo. Bisogna ricominciare tutto da capo, e così emergeranno le impossibilità del progetto. Ma perché ciò avvenga, la società civile deve continuare a vigilare e dichiarare il suo dissenso».
Intervento molto tecnico quello di Antonino Risitano, professore ordinario di Costruzione di Macchine ed ex preside di Ingegneria a Catania: «Stiamo attenti a questo ponte: per me non è né sicuro né affidabile. Da ingegnere non posso essere “contro” le opere, ma questo ponte, con i materiali e le condizioni attuali, non si può fare». Risitano ha sottolineato problematiche strutturali cruciali, come la questione dei cavi: «Se un cavo non tiene, il ponte non si può costruire. Tutti gli altri problemi vengono dopo. Le prove di fatica non si volevano fare, ma ora – ci è stato confermato – le stanno facendo. Ci sono mille ragioni per dire “no”: finora, dal punto di vista tecnico, questo progetto non sta in piedi».
Mariella Valbruzzi, portavoce No Ponte Capo Peloro, ha evidenziato il valore politico e sociale della mobilitazione: «Non è la fine del progetto: la fine arriverà solo quando la società Stretto di Messina sarà chiusa. Per questo dobbiamo essere tantissimi al corteo: i cortei sono la linfa vitale della lotta». Valbruzzi ha ricordato il lungo percorso di osservazioni e collaborazioni con oltre 80 realtà politiche, sindacali e associative: «È stato un lavoro di più di un anno. La rete costruita tra Sicilia e Calabria è fondamentale. Siamo territori gemelli che non hanno bisogno di un ponte per sentirsi uniti».
L’avvocata Aurora Notarianni ha posto l’accento sul tema economico e giuridico: «La manifestazione è una festa del dissenso verso un’opera che non si farà mai e verso lo spreco di denaro pubblico. Abbiamo bisogno di fondi per strade, torrenti, frane, manutenzione antisismica. Le somme impegnate per il ponte devono essere liberate». Notarianni ha smontato la narrazione sulle presunte penali: «Non esiste alcuna penale: gli atti non sono firmati. Lo stop della Corte dei Conti blocca implicitamente i contratti annunciati. Eurolink, Parsons, Nex Environment, il broker assicurativo: nessuno ha atti perfezionati. Si millantano crediti senza base giuridica». E ha concluso: «La società Stretto di Messina non ha ragione di esistere. Prima o poi dovrà rendere conto delle responsabilità amministrative e dello spreco di denaro pubblico».
Presente anche il sindaco di Villa San Giovanni, che ha sottolineato la posizione dell’amministrazione: «Abbiamo sempre mantenuto una posizione coerente. Siamo in una fase delicatissima: aspettiamo le motivazioni della Corte dei Conti sul deliberato Cipes. Da esse dipenderà tutto». Il sindaco ha ricordato che le procedure accelerate hanno sottratto garanzie ai territori: «Lo diciamo da tre anni: questa accelerazione ha tolto autonomia e autodeterminazione ai territori. Solo dopo una lettura attenta delle motivazioni potremo dire se lo stop è definitivo o se servirà rivedere radicalmente progetto e procedura».
La conferenza stampa si è chiusa con un appello unanime alla partecipazione: il 29 novembre a Messina si terrà un corteo che gli organizzatori definiscono cruciale per il futuro dello Stretto. L’obiettivo dichiarato: difendere il territorio, ribadire il dissenso sociale e democratico e chiedere che le risorse pubbliche vengano destinate alle reali necessità di Sicilia e Calabria. “Vi aspettiamo tutti a Messina”, hanno detto in coro i rappresentanti dei comitati. Perché la battaglia sullo Stretto, affermano, «è una battaglia di democrazia, di giustizia, di territorio».

