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In risposta alle dichiarazioni rilasciate da Lucia Di Furia, Commissario Asp di Reggio Calabria, Giuseppe Foti, rappresentante del Sindacato Coolap, esprime il suo dissenso sottolineando il lavoro svolto dagli educatori e l’importanza dell’aspetto umano nella cura dei pazienti.
«Ho ascoltato le dichiarazioni della Di Furia – afferma Giuseppe Foti – e sono veramente sconcertato. I pazienti sono stati sempre trattati con tanta dignità e rispetto. La cura non è solo nel fornire servizi che, voglio ricordare, l’Asp non ha mai somministrato. Gli educatori in questi anni hanno sopperito alle carenze sanitarie con grande spirito di sacrificio, e questo la dottoressa lo sa benissimo perché ne abbiamo parlato. Fare dichiarazioni di comodo è veramente vergognoso. Basaglia in merito affermava: “smascherato il potere non sa cosa dire e da uno spettacolo di sé che è vergognoso e che da solo conferma la forza di chi lo rifiuta”».
Foti prosegue: «La qualità assistenziale, come afferma la dottoressa, non è solo somministrare farmaci o pensare di curare il disagio mentale ospedalizzando le strutture. Curare, nel termine più nobile del significato, è riconoscere i diritti e cercare di combattere lo stigma che esiste da sempre nei confronti dei pazienti. La loro visione medico-riduzionista è sinonimo di poca cultura psichiatrica (Basaglia) che ha reso l’Italia nel ’78 prima al mondo come paese civile e inclusivo. La città di Reggio Calabria è stata, grazie anche al compianto Don Italo Calabrò, la prima in Italia a fare inclusione. In questi anni, parlo della mia personale esperienza, abbiamo organizzato molte iniziative a favore dei pazienti, per farli conoscere/riconoscere come realmente sono e non come li descrive la credenza popolare. La prima che è stata riconosciuta da tanti per importanza è stata il torneo di calcetto “un calcio ai pregiudizi” che ha visto partecipi varie istituzioni e persino una squadra di giornalisti. Possiamo ricordare anche rappresentazioni teatrali o eventi culturali di vario genere. La cura psichiatrica a Reggio Calabria ha sempre messo al primo posto il paziente, il cittadino, la persona che è dietro un’etichetta nosografica che parla solo di malattia. La Dottoressa non può e non deve raccontare ciò che non conosce, condizionata da quella spinta emotiva che gli antichi Greci definivano “hybris”, tracotanza, e che ci rende poco lucidi nel giudizio. Tendenza molto in voga nella politica e che ne possiamo fare a meno. Abbiamo bisogno di certezze perché vogliamo continuare nel nostro percorso che passa dal riconoscimento istituzionale (accreditamento), ma che non può e non deve fare a meno dell’aspetto umano che è “cura”, ovvero proteggere o diastole e sistole della vita e del percorso riabilitativo».

