venerdì,Marzo 29 2024

Deborah, storia di una combattente morta troppo presto che rivive nel sorriso di chi ha salvato

Non si è mai piegata ai dolori di una vita interrotta bruscamente. La sua morte è oggi fonte di testimonianza per mamma Tilde e papà Franco che hanno scelto di donare i suoi organi

Deborah, storia di una combattente morta troppo presto che rivive nel sorriso di chi ha salvato

Deborah di sfide nella vita ne ha dovute affrontare tante. Ha dovuto lottatore sempre, in tutte le fasi della sua vita che non le ha risparmiato prove forti e sofferenze atroci. Ma lei ha combattuto sempre, e ogni volta che la vita l’ha colpita gettandola a terra lei si è rialzata e come una leonessa ha affrontato tutto con la tenacia e la resilienza di una donna coraggiosa e innamorata, nonostante tutto, della vita. Ma Deborah quel maledetto 7 febbraio del 2019 non aveva armi per combattere. Un aneurisma cerebrale l’ha messa al tappeto. Ma anche contro la morte Deborah ha vinto. Ha lasciato il suo corpo segnato da prove e cicatrici per tornare a vivere in quello di tante altre persone che lei, con in suo ultimo gesto di immenso amore, ha salvato.

Il cuore di Deborah Pellicanò non giace al freddo o in un ricordo, il suo cuore batte ancora e lo farà per tanto tempo perché lei amava prendersi cura del suo corpo. Era una sportiva, spericolata ed estremamente appassionata in tutto ciò che faceva. Il suo lavoro la vedeva professionista impegnata in studi notarili ma finito quello Deborah era un’avventuriera. Non importava se in bici, in moto o sul kite-surf lei viveva in pieno ogni secondo e quella vita così intensa l’ha assaporata. Il mare era il suo complice e alleato. In quel blu che amava tanto Deborah racchiudeva tutto la sua profondità e il senso di libertà. Non a caso il suo animale preferito era il delfino, simbolo di sensibilità, amore e la libertà, ma anche senso di protezione e di salvezza. Inoltre, per la sua abitudine a vivere in branco, il delfino simboleggia anche l’amicizia e l’affetto sincero verso le persone amate. E questa era Deborah per chi l’ha conosciuta, una donna brillante che non si è mai fermata di fronte a nessun ostacolo.

E ha vinto anche contro la morte Deborah ma lo ha potuto fare grazie alle persone che più amava e che più l’amavano al mondo. Mamma Tilde e papà Franco hanno reso possibile un vero e proprio miracolo. Una scelta inizialmente sofferta, non lo nasconde Tilde. Nessun genitore vorrebbe mai trovarsi nella situazione di dover scegliere se donare o meno gli organi di un figlio. Ma nel momento del dolore più profondo, dopo ore di interventi per salvare la vita a Deborah, è arrivato quel momento. Ed è li che l’amore e l’insegnamento che la stessa Deborah ha lasciato, quell’amore incondizionato per la vita, ha reso possibile una vera e propria conversione. Dopo una iniziale reticenza i suoi genitori hanno deciso che Deborah non poteva e non doveva morire così. Lei non avrebbe voluto essere dimenticata. Così un sì ha trasformato una tragedia in miracolo, la morte in vita e Deborah è rinata salvando tante persone in fin di vita. Il suo cuore, i suoi polmoni, i reni tutto è stato un dono: il dono della vita.

Sono passati poco più di due anni e a rendere possibile il superamento di un dolore così grande per un genitore è stata la consapevolezza che Deborah non è andata via per sempre. Adesso Tilde e Franco sono testimoni di luce e di vita. E Deborah ha fatto un doppio miracolo perché ora tutta la famiglia è diventata consapevolmente donatrice di organi e di questo segno d’amore ne ha fatto una missione. «Aver visto morire mia figlia è stato un dolore enorme – racconta mamma Tilde tra le lacrime – ma dopo aver parlato con i medici ho compreso che sapevo veramente poco sulla donazione, anzi, avevo informazioni totalmente sbagliate. Al Gom sono stati degli angeli, hanno compreso e rispettato il nostro dolore. Ci hanno spiegato con cura tutta la procedura e poi ci hanno lasciato il tempo di decidere. Confesso che è stata dura ma poi, inizialmente forse un pò egoisticamente, ho pensato che donando i suoi organi non avrei mai smesso di sentire il suo cuore battere anche se lontano da me. Da li è arrivato il si che ha cambiato la vita di tutti noi».

Tilde è una mamma coraggio, una donna sostenuta da un marito che per Deborah è stato più che un padre, un amico, un complice. Un esempio fulgido di conversione alla vita, questo è stato per loro aver detto quel sì. Aver trasformato la tristezza in felicità per chi ha ricevuto, la morte in vita e il dramma in speranza. Deborah è un angelo per chi ha ricevuto da lei la possibilità di tornare a gioire e ancora oggi giornalmente la pensa e la ringrazia e per chi la continua ad amare in ogni sua forma. Chi dona non muore mai perché in quel sì viene racchiuso tutto il senso della vita che genera vita. Nessun germoglio può portare frutto se non passa dalla morte. Ed è qui che la fede compie il suo mistero più immenso. Come scritto nel Vangelo secondo Giovanni: «Il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna».

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