La presentazione della diciassettesima edizione del Reggio Calabria Film Fest, stamattina al Castello Aragonese, ha fatto emergere una serie di polemiche relative alla realizzazione dell’evento, delle location in cui verà realizzato e all’istituzionalizzazione della kermesse di cinema. Allo stesso tavolo c’erano il sindaco, «purtroppo facente funzioni», come chiarisce la moderatrice Antonella Postorino in premessa, Paolo Brunetti e Michele Geria, che del festival è il direttore generale. Nel corso della conferenza, seppur con toni moderati, sono emersi malumori malcelati del direttore nei confronti dell’Amministrazione comunale.

Geria non ha gradito intanto l’esclusione dell’Arena dello Stretto, già occupata da una serie di eventi in calendario e non ne ha fatto mistero, perchè un evento come il festival a suo avviso, non solo per l’anzianità avrebbe meritato un altro luogo. E invece si dovrà accontentare del castello Aragonese e del Waterfront, dove però (altra polemica) non c’è ancora l’impianto della luce necessario.

Il sassolino nella scarpa, sempre il direttore se l’è tolto dando l’annuncio che il festival, grazie al disegno di legge presentato dalla senatrice Tilde Minasi e dal senatore Nino Germanà, sarà istituzionalizzato e diventerà un festival dello Stretto di Messina e del Mediterraneo. Istituzionalizzazione richiesta da anni, spiega Geria, «l’ultima mail della Città metropolitana è del 2019». Per contro però, aggiunge «Sono stati istituzionalizzati eventi come “I tesori del Mediterraneo” e il Rhegium Julii.

L’ultima botta è riservata la direttore dei penitenziari reggini, Giuseppe Carrà che non ha consentito che si svolgesse dentro il carcere la sezione storica della rassegna “Dentro e fuori dalle mura”. Insomma un inizio tra non poche polemiche e col dente avvelenato, nella speranza che la kermesse nel suo sviluppo possa potare qualità e ospiti e far dimenticare il resto.