Cosa significa davvero inclusione e chi decide cos’è “normale”? Federika Ponnetti, regista e autrice del film-documentarioUgualmente diversi“, ha portato negli studi de ilReggino.it un racconto intenso e disarmante. Un’opera che unisce cinema, sociale e accessibilità e che rovescia i luoghi comuni: non si parla di “diversi”, ma di esseri umani unici, ognuno con le proprie fragilità e bellezze.

«Il film è nato con ragazzi autistici protagonisti, ma non è sull’autismo. È diventato qualcosa di più: una celebrazione del valore della diversità come ricchezza». Federika lo ripete con lucidità e forza, perché a parlare non sono soltanto le scene sullo schermo, ma un pensiero coerente e vivo. «Non mi piace neanche la parola inclusione. Preferisco parlare di vicinanza, di pari dignità. Nessuno ha bisogno di essere “incluso” in un mondo che decide cosa sia la norma».

Una produzione minuscola, un impatto enorme

Ugualmente diversi è un documentario accessibile a tutti. Non per retorica, ma per scelta strutturale: sottotitoli impressi in pellicola, audio descrizioni fruibili via app per persone cieche, attenzione ai titoli di coda perché anche quei nomi raccontano la storia. «Il cinema deve essere di tutti – dice –. Un film accessibile non è un’eccezione, dovrebbe essere la regola». E racconta l’incontro con una giovane attivista sorda: «Amava il cinema, ma non poteva viverlo a pieno. Perché le proiezioni con sottotitoli per sordi erano solo alle tre del pomeriggio. Incompatibili con chi lavora».

Nel film, i protagonisti si muovono tra università, pizzerie, laboratori, relazioni. Accanto a loro ci sono studenti, docenti, professionisti. Tutti sullo stesso piano. «È un documentario osservativo, ma costruito nella vita vera. Nessuna scena è recitata: ho seguito i ragazzi per mesi, chiedendo loro ogni volta il permesso di esserci».

Il risultato? Un film che commuove, che fa pensare, che cambia lo sguardo: «Tutti noi ci siamo sentiti fuori posto almeno una volta. Ma se impariamo ad accettare le nostre fragilità, impariamo anche a vedere quelle degli altri come parte della bellezza dell’essere umani».

Federika lo ribadisce più volte: «Non credo nella normalità. Ciascuno di noi ha un pensiero laterale, un tratto unico. Io stessa sono dislessica e ADHD. Ma siamo tutti sulla stessa barca. È questo il senso del film».

Il documentario, visibile anche su Sky Documentaries on demand, sta girando l’Italia. E in ogni città, l’impatto è lo stesso. «Chi lo guarda esce cambiato. Mi ringraziano per averli fatti riflettere. Per me è il premio più grande». Ma resta un nodo: la distribuzione accessibile. «Il ministero richiede audio descrizioni, ma restano ferme. I cinema non informano. E così, chi ha disabilità non sa nemmeno di poter vivere quell’esperienza. Serve una rivoluzione nella comunicazione».

Per un cinema davvero di tutti

La proposta è semplice: simboli chiari, informazioni complete, obblighi comunicativi. «Così come al museo si segnala se c’è l’ascensore, nei cinema va detto se un film è accessibile. Solo così possiamo costruire un mondo davvero capace di accogliere. Andate al cinema. Guardate Ugualmente diversi. Portate con voi uno sguardo nuovo».