La chiamano da anni la “strada della morte”, ma ieri pomeriggio nella sala del Consiglio comunale di Melito Porto Salvo la Statale 106 è diventata soprattutto un luogo di memoria e di accusa, di numeri e di volti, di dolore e di politica. L’incontro, ultimo di una serie di appuntamenti pubblici promossi dal direttore di CapoSud Domenico Vincenzo Vinci e moderato dal giornalista di Gazzetta del Sud Giuseppe Toscano, dedicato alla sicurezza stradale, si è trasformato in un incontro corale in occasione della Giornata mondiale in ricordo delle vittime della strada. Una sala piena, i familiari delle vittime in prima fila, le istituzioni sedute allo stesso tavolo: nessuno ha finto che fosse una normale domenica di fine novembre.

Il padrone di casa, il sindaco di Melito Porto Salvo Tito Nastasi, ha aperto la riflessione con una verità che in molti hanno annuito in silenzio: «Ci siamo stancati di leggere il nome della 106 a fianco ai necrologi su facebook». E ha aggiunto, quasi come una linea di demarcazione: «Non possiamo continuare a piangere morti sulla stessa strada». L’obiettivo, ha ribadito, è smettere di contare vittime e cominciare a contare cantieri, progetti, scelte. Su questo crinale emotivo - tra rabbia e responsabilità - si è mossa l’intera iniziativa, che ha visto seduti fianco a fianco sindaci dell’Area Grecanica, rappresentanti delle Forze dell’Ordine, tecnici, associazioni e la consigliera regionale Daniela Iiriti.

Importante il contributo delle Forze dell’Ordine, presenti al completo fra i banchi dei relatori, che hanno posto l’accento principalmente sull’aspetto della sicurezza alla guida, sensibilizzando sulle buone pratiche da attuare nel momento in cui si viaggia su un arteria in cui - oggi più che mai - il rispetto rigoroso del codice della strada sarebbe indispensabile.

La voce più tecnica, ma anche tra le più dirette, è stata quella di Fabio Pugliese, direttore operativo dell’organizzazione di volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”. Ha riportato numeri e fatti, ricordando come nei tratti già ammodernati della Jonica la riduzione di incidenti e morti sia stata netta, dimostrazione che quando si investe in infrastrutture sicure «si salvano vite, non statistiche». Ha ripercorso i ritardi accumulati nei grandi cantieri già in corso, la rimozione di commissari ritenuti insufficienti, le potenzialità dei fondi di sviluppo e coesione vincolati sulla 106, frutto anche della pressione di associazioni e territori. E soprattutto ha indicato un punto politico inequivocabile: «Il tratto più urgente è quello reggino, non possiamo più far finta che sia un dettaglio».

Su questo passaggio si è innestato l’intervento della consigliera regionale Daniela Iiriti, che ha ricordato il finanziamento da 30 milioni di euro destinato al progetto di fattibilità tecnico-economica per il completamento dell’opera. Un passaggio indispensabile per arrivare, in prospettiva, al progetto esecutivo e ai lavori. La consigliera ha sottolineato come entro fine anno sia atteso il documento con le alternative progettuali, che dovrà poi essere discusso con il territorio. E ha tracciato una linea netta: «Bisogna invertire il paradigma e partire da Reggio, dove i dati su traffico e incidentalità sono più alti». Un invito a superare equilibri storici, spesso più politici che tecnici.

Dal fronte dei sindaci è arrivata una fotografia impietosa, che lega la 106 ad altre fragilità strutturali. Maria Foti, primo cittadino di Montebello Ionico, ha riportato il lavoro svolto in questi anni per portare il tema al Ministero, ribadendo che senza progettazione adeguata qualsiasi promessa resta lettera morta. Domenico Penna, sindaco di Roccaforte del Greco, ha allargato lo sguardo alle emergenze sanitarie e allo spopolamento: quando un’ambulanza impiega quasi un’ora per raggiungere un ospedale, l’insicurezza stradale diventa una condanna doppia, perché all’incidente si somma l’assenza di servizi. Importanti anche i contributi sulla stessa lunghezza d’onda di Paolo Laganà, già sindaco di Motta San Giovanni e di Giuseppe Martorano, presidente dell’Automobile Club di Reggio Calabria.

Pierpaolo Zavettieri, presidente dell’Associazione dei Comuni dell’Area Grecanica, ha inserito il dibattito sulla 106 dentro una prospettiva più vasta: quella della mobilità nell’Area dello Stretto. E ha posto un monito molto chiaro: «Il Ponte non può essere alternativo alla sicurezza della 106». Senza una rete viaria efficiente sulla sponda calabrese, qualsiasi infrastruttura sullo Stretto rischia di generare solo congestione e nuove disuguaglianze. L’idea di una “città dello Stretto” come polo del Mediterraneo, ha osservato, richiede coraggio nelle visioni, ma soprattutto onestà nella gerarchia delle priorità: il Ponte, quindi, deve e può essere una importante opportunità di sviluppo anche per arrivare al più presto ad un ammodernamento della 106.

Pugliese, tornando sul tema, ha chiarito anche la posizione dell’associazione: il ponte non è una minaccia, purché non diventi la foglia di fico di un’opera - la Statale 106 - che dovrebbe essere considerata vitale. «È un’infrastruttura simbolica, ma qui parliamo di una strada che decide se un padre o una madre tornano a casa la sera». Una frase che ha attraversato la sala, già appesantita dalla presenza silenziosa dei familiari.

Un filo ha legato tutti gli interventi: la parola “insieme”. Insieme come istituzioni, oltre i confini di partito. Insieme come comunità, perché il rispetto del Codice della strada è il primo atto di responsabilità quotidiana. Insieme come territori, dall’Area Grecanica al Crotonese, passando per le associazioni e per quell’informazione che, nelle parole di Pugliese, «ha avuto il coraggio di non distogliere mai lo sguardo». L’idea di fondo è che la 106 non sia solo un problema locale, ma un caso nazionale di diritti negati: diritto alla mobilità, alla salute, a tornare a casa vivi.

La chiusura dell’incontro ha riportato tutti al punto di partenza: le vite spezzate. Pugliese ha ricordato le battaglie combattute negli anni, le iniziative con le scuole calabresi per educare i più giovani alla cultura della sicurezza, la necessità di fissare ogni scelta su una domanda semplice e radicale: «Quanto vale una vita umana?». In sala, la presenza dei familiari ha reso quella domanda più concreta di qualsiasi dato, più pesante di qualsiasi programma.

A Melito Porto Salvo, attorno alla Statale 106, è emersa l’idea che non esista più spazio per alibi o rinvii. La Calabria jonica ha già pagato abbastanza. Da qui in avanti, ogni ritardo, ogni cantiere fermo, ogni scelta mancata avrà il volto di chi in quella strada ha perso un figlio, un genitore, un amico. Ed è con quegli sguardi addosso che la politica, le istituzioni, l’Anas e lo Stato saranno chiamati a rispondere.