“Dormi, dormi Bambino diletto, dormi, dormi dolcissimo amor. È di fieno, di paglia il tuo letto: dormi, dormi divin Redentor. Dormi o bimbo dagli occhi celesti dai capelli che fili son d'or... Betlemme ed il mondo son desti sbalorditi per tanto splendor”.
Il mistero della Natività e l’incanto delle atmosfere antiche e raccolte dei focolari di un tempo, nel cuore dell’Aspromonte. Giorni speciali in cui i nonni chiamavano a raccolta figli e nipoti attorno al presepe per attendere la Nascita di Gesù Bambino, immersi in una dimensione autentica e profonda di calore familiare e condivisione.

La Ninna nanna, il Presepe e il Natale di un tempo

Un costante richiamo alla memoria di quei tempi così pieni e così lontani è la Ninna Nanna a Gesù Bambino scritta nel secolo scorso da Antonio Alvaro, padre del celebre scrittore Corrado. «Maestro, uomo di grande cultura e sensibilità, dedito al Paese di San Luca e al Prossimo, si impegnava anche nella scuola serale, insegnando agli adulti analfabeti, scriveva le lettere per i familiari emigrati. Aveva molto desiderato che il figlio diventasse poeta. Era innamorato del Presepe e di ciò che rappresentava e aveva scritto una toccante Ninna Nanna che ancora oggi nella notte di Natale viene intonata nella chiesa di Santa Maria della Pietà a San Luca». È quanto racconta Walter De Fiores, nipote di Elena Saccà, figlia di Maria, sorella di Corrado Alvaro e, dunque, pronipote dello scrittore.

Parole che resistono al tempo che passa, lo attraversano  seminando tradizione e memoria. Una sorta di rito al quale «i parrocchiani sono profondamente legati - racconta don Gianluca Longo, parroco di San Luca - e che ogni notte di Natale cantano davvero con il cuore. Sono qui da quattro anni e quando sono arrivato ho trovato questa tradizione tramandata di generazione in generazione. Una Ninna Nanna molto bella che un devoto parrocchiano aveva lasciato in dono alla comunità che ne onora il ricordo intonandola ogni anno». La chiesa si trova proprio di fronte alla casa natale di Corrado Alvaro.


Ogni parola è un sentimento 


Una stella di luce ben rara sul presepe al levante vi appar. I pastori attoniti fanno a gara chi ti possa per primo adorar. Fin tre Magi ti portano in dono Oro, mirra ed incenso, o Gesù. Dormi, dormi che oggi dal trono, Re del cieli, scendesti quaggiù”.
Ogni parola è un sentimento ancora molto sentito dalla comunità di San Luca che si riconosce. Una Ninna nanna che rivela un mondo antico e ancora sognato, che racconta di una religiosità profonda che univa in modo più autentico le famiglie.

I racconti di nonna Elena e le atmosfere di una volta
 

«Mia nonna mi raccontava spesso del Natale. Attorno al nonno si raccoglievano figli e nipoti, qualche volta anche suo zio Corrado. Lui portava tutti al piano superiore della casa accanto al Presepe che per lui aveva un significato davvero importante. Nonna raccontava che il padre Antonio aveva realizzato, con legno trovato sugli argini delle fiumare, un piffero. Amava suonarlo, coinvolgendo due zampognari del paese, accanto al Presepe. Così l’atmosfera del Natale era davvero completa.

La voce della nonna, i suoi racconti sono stati per me nutrimento per le mie radici e anche il viatico per immaginare i Natali di un tempo, oggi scomparsi. Il canto della Ninna Nanna di Antonio Alvaro è un altro viatico per non dimenticare e così preservare, del Natale e non solo, una dimensione interiore più autentico», sottolinea Walter De Fiores, rimasto in Calabria, tra Benestare e Bovalino, a mantenere viva questa memoria.

I racconti orali della nonna Elena e la tradizione del canto della Ninna Nanna a Gesù Bambino di Antonio Alvaro nella notte di Natale a San Luca concorrono a non disperdere questa preziosa memoria. Il testo di questa canzone è stato musicato dai Quartaumetata nell’album “Natali i na’ vota”, pubblicato nel 2010.

«Mia nonna fece dono del testo a Paolo Sofia che ne fece un brano in cui un suo figlio, mio zio Antonio, suonava la fisarmonica», racconta ancora Walter De Fiores.

Il calore autentico della Natività
 

Il Presepe nutrì anche la poetica di Corrado Alvaro che dei pastori cantò la fatica e la dedizione a una terra troppo amara.

«Mia nonna raccontava che il nonno Antonio un anno vuole andare fino a Roma, a casa di Corrado Alvaro, ormai emigrato, per suonare accanto al Presepe il suo piffero. Una tradizione alla quale non voleva rinunciare. Credo che quella pagina che Corrado Alvaro scrisse sul Presepe sia proprio un tributo al padre Antonio che così tanto amava la rappresentazione della Natività e la sua terra», racconta ancora il pronipote di Corrado Alvaro, Walter De Fiores.

Da “Gente in Aspromonte”, Il Presepe di Corrado Alvaro


Il Presepe ha l'aspetto di un paesaggio calabrese. Dalle valli sbucano fiumi, le montagne sono ripide e selvagge. Su tutto pende un bel giallo dell'arancio come un frutto favoloso. Il figurinaio che ha fatto i pastori sa che i ragazzi si fermeranno a guardare, una per una, le figurine. Perché, meno i soldati di Erode, tutti i pastori somigliano a persone conosciute.
C'è quello che porta la ricottina. C'è il cacciatore con il fucile, c'è quello che porta l'agnello e fuma una lunga pipa, c'è il mendicante. C'è la gente che balla fra il tamburino, il piffero e la zampogna davanti al Presepe”.