di Silvio Nocera – «Lavoriamo con Civitas Solis a San Luca, nel nostro paese, da 5 anni: per noi questo rappresenta la risposta più chiara da dare a chi dice che siamo un territorio senza prospettive». È l’incipit del lungo colloquio – oltre un’ora – che il nostro giornale ha avuto con le quattro operatrici socio-educative che collaborano ai progetti di contrasto alla povertà e alla marginalità educative con bambini e ragazzi in età scolare condotti dall’associazione e raccontate nella scorsa puntata. Le chiameremo Maria, Francesca, Giovanna e Claudia, nomi di fantasia a garanzia della loro privacy e del lavoro delicato che svolgono.

Le ragazze di San Luca. Quattro giovani donne, quattro professioniste sanluchesi che nemmeno varcano la soglia dei 30 anni e assistono e affiancano centinaia di bambini: «Solo la scorsa settimana 40». Sono le ragazze di San Luca, studentesse, laureate o specializzande in discipline legate alla formazione, all’educazione primaria o secondaria, alla psicologia, che proprio a San Luca, grazie a Civitas Solis, hanno trovato spazio di vita, di progettualità, di crescita umana e professionale.

«Dato che ancora qualcuno – pochi per la verità – pensa che si tratti solo di far fare i compiti a bambini e ragazzi, è necessario spiegare e raccontare che il lavoro che svolgiamo è molto di più. Si tratta letteralmente di educare nell’accezione etimologica del termine ‘e-ducere’: tirare fuori dai nostri utenti il meglio che hanno, offrendo strumenti e fiducia affinché possano fiorire», dicono.

Due di loro, Maria e Francesca ci raccontano che «tutto è iniziato con il servizio civile. Io – dice Maria – mi ero appena laureata in Psicologia e avevo necessità e desiderio di lavorare sul campo». Mentre Francesca ha iniziato al primo anno di università: «Avevo cominciato i miei studi in Scienze della Formazione e l’idea di svolgere attività simili a quelle di un tirocinio mi affascinava».

Sorridono tutte e quattro perché oggi la loro storia di vita e la loro testimonianza dimostrano che, sebbene tutti i territori abbiano delle criticità, ogni comunità possiede sia gli anticorpi capaci di contrastare il degrado e l’abbandono, sia gli antidoti in grado di esercitare un’azione di disintossicazione dei suoi corpi.

«Siamo state accolte dal team come da una famiglia. Sapevamo che Civitas Solis svolgeva attività educative a San Luca grazie al sostegno di Save the Children, ma una cosa è averne notizia, un’altra è diventare parte attiva di un progetto che è ben visto e ben voluto dalla comunità, dalle famiglie, dalle madri, dai bambini, dalle ragazze e dai ragazzi. Noi abbiamo il compito di seguirli, ascoltarli, parlarci, comprendere loro e le loro esigenze, organizzando attività che vanno al di là del mero studio sui libri. Noi, quindi, siamo chiamate a intuire il potenziale dei nostri utenti e a proporre e mettere a sistema strategie che intercettino sensibilità, inclinazioni e bisogni dei nostri ragazzi: utilizziamo molto la formula dei laboratori, con la proposta di attività creative e ricreative che vanno dall’arte, alla pittura, al canto».

E domandando che tipo di risposta e di atteggiamento abbiano trovato nei loro utenti e nelle famiglie di provenienza, rispondono: «Fino ad oggi la squadra ha saputo creare un clima di fiducia e di affidabilità necessario a ottenere buoni risultati. Questo ha condotto a una “disponibilità” e a una percezione positiva del progetto da parte dei sanluchesi.

Le famiglie mostrano un desiderio di partecipazione attiva. Non dobbiamo sforzarci di convincere nessuno. Non c’è alcuna chiusura. Questo è il dato che riscontriamo a livello di comunità. Per quanto riguarda i singoli utenti, ogni bambino e ogni ragazzo sono un mondo a sé: i più piccoli sono naturalmente portati ad affidarsi e, anche ove registriamo una sensazione di distacco, possiamo affermare senza ombra di smentita che i giovani hanno la tendenza ad aprirsi ad ogni esperienza. La cosa fondamentale è sapere parlare con loro».

Tutte e quattro le ragazze di San Luca oggi sono state assunte. Il percorso è stato articolato: prima un anno di servizio civile, poi l’adesione a Garanzia Giovani, il programma europeo progettato per aiutare i NEET tra i 15 e i 29 a sviluppare competenze specifiche sul campo con l’obiettivo di equipaggiarli e condurli verso il lavoro.

Quindi l’inquadramento nella struttura dell’ente. Un cammino di formazione e avviamento al lavoro che in ultima battuta si è tradotto nella concreta opportunità di restare e di poter programmare un progetto di vita. «Siamo più che contente. Se rappresentiamo una controtendenza? Questo non lo sappiamo, ma ci auguriamo che questa diventi la normalità».

Oggi loro sperano che «possano nascere altre realtà come quella all’interno della quale operiamo. Capita spesso di parlarne con i nostri coetanei. Nonostante bisogni ammettere che la proattività non sia esattamente il loro forte, il sentiment che accompagna questo tipo di attività è positivo. Alla domanda sul gradimento di questo tipo di iniziative, la risposta è sempre: è bello».

Ma quando chiediamo se abbiano mai parlato con i loro coetanei il tema dell’associazionismo o vagliato la possibilità di creare un ente per la promozione di attività sociali e culturali della comunità, ci dicono che si tratta di un argomento che non è effettivamente mai stato affrontato. E la domanda successiva resta inevasa: perché i giovani non ci pensano o sono restii a creare forme associate?

Maria, Francesca, Giovanna e Claudia oggi rappresentano il volto della speranza e del riscatto di una comunità che vuole andare oltre gli stereotipi e le lettere scarlatte. «La nostra comunità ha bisogno di individuare le energie per mettersi in gioco e scardinare l’equazione San Luca = ‘ndrangheta. Non è chiudendo tutto che si aiuta un territorio che di aiuto ha bisogno. Ognuno di noi deve lavorare e collaborare per dare e darsi un’opportunità». E questa proposta di collaborazione che arriva da certe donne, da certe madri, da certe figlie, dalle educatrici, dalle professioniste, è una chiamata a raccolta che reclama alleanze: tra maschi e femmine, tra istituzioni e associazioni, tra persone e cittadini di buona volontà.

Nei prossimi 5 anni Maria conta di abilitarsi come psicologa «per unire l’esperienza di terapeuta a quella di educatrice». La missione di Francesca, di Giovanna e di Claudia è quella di insegnare. Magari in Calabria. Magari a San Luca.