Seduta di fronte a noi, la sua presenza riempie la stanza molto più della voce sottile con cui sceglie di raccontarsi. Maria Antonietta Rositani ha attraversato un inferno che nessuno dovrebbe conoscere: è sopravvissuta alla crudeltà dell’ex marito, Ciro Russo, la cui violenza l’ha marchiata nel corpo e nell’anima. Oggi, però, quella stessa donna che ha sfiorato la morte ha fatto della resilienza la sua bandiera.

«Non voglio che ciò che ho vissuto finisca nel silenzio», dice con fermezza. «Se sono sopravvissuta, deve servire a qualcosa. Deve nascere qualcosa di giusto da tutto questo».

È una richiesta, quasi un imperativo morale: che il suo dolore si trasformi in un faro per altre donne, affinché nessuna resti sola.

Maria Antonietta lo fa ogni giorno, con una lucidità conquistata goccia dopo goccia. Spiega che la violenza non comincia quando esplode, ma molto prima: «Anche un insulto è un campanello d’allarme. Le parole possono essere lame, e spesso sono il primo passo verso il baratro».

Lo dice con l’esperienza di chi, da madre, è stata umiliata anche davanti ai propri figli, costretta a nascondere i segni interiori prima ancora di quelli visibili.

Durante il racconto, le lacrime affiorano. Non sono solo memoria del dolore, ma anche di una crudeltà che lei continua a rivivere ogni volta che decide di donarsi agli altri attraverso la sua testimonianza. È un'eco che non si spegne, ma che Maria Antonietta ha trasformato in voce collettiva. E arriva poi il messaggio più importante, quello a cui tiene più di tutti: «Alle donne dico: non sentitevi mai sole. Nessuno ha il diritto di chiamare amore ciò che è violenza. Denunciate, parlate, chiedete aiuto. La vita vale più della paura».

La sua voce trema, ma non cede. Perché oggi Maria Antonietta Rositani non è soltanto una sopravvissuta: è una donna che ha scelto di combattere affinché altre possano vivere.