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In un Paese che continua a perdere occasioni irripetibili come il PNRR per investire in infrastrutture moderne ed efficienti, ci si complica la vita anche con scelte progettuali sbagliate, spesso su scala medio-piccola. Scelte che, pur sembrando marginali, hanno conseguenze quotidiane gravi sulla mobilità e sulla qualità della vita.
Un esempio emblematico è ciò che accade a Pellaro, lungo la SS106, dove una rotatoria e un impianto semaforico distano appena 300 metri l’uno dall’altro. Si tratta di un errore progettuale evidente, quasi scolastico: in una pianificazione viaria corretta, ogni intersezione deve essere regolata in modo univoco — o con una rotatoria, o con un semaforo — evitando sovrapposizioni che generano soltanto confusione, rallentamenti e inefficienza.
Il risultato? Un vero e proprio imbuto. In alcune giornate, percorrere il tratto nord-sud della SS106 significa procedere a passo d’uomo, se non addirittura fermarsi completamente. Una situazione inaccettabile per una strada statale che dovrebbe garantire la continuità del traffico lungo l’intera fascia ionica.
Si parla spesso di rilanciare il turismo e l’economia della costa reggina, ma poi si lasciano irrisolti problemi strutturali come questo, che scoraggiano tanto i residenti quanto i visitatori. E la cosa più sconcertante è che, almeno in parte, il problema potrebbe essere mitigato con un intervento minimo e a costo zero: una semplice revisione dei tempi semaforici per garantire più “verde” lungo l’asse principale della SS106. Una modifica di buon senso che, però, finora non è stata nemmeno presa in considerazione.
Il traffico da e per Pellaro, infatti, è molto meno intenso rispetto a quello lungo l’asse Reggio-Roccella, e a soli 300 metri esiste un’alternativa viaria che già sfocia sulla rotonda. Non intervenire significa, in pratica, sabotare quotidianamente la mobilità dell’intero comprensorio e frenare ogni possibilità di sviluppo, esasperando nel frattempo cittadini e pendolari.

