«C’è un posto a Reggio Calabria dove la normalità ha un profumo diverso – quello dei biscotti appena sfornati e della dignità. Si chiama Victoria’s House, e dentro quelle pareti non si parla di disabilità: si vive.

Lì, per la prima volta in tanti anni di lavoro nel mondo dell’inclusione, ho respirato un’aria nuova. Un’aria pulita, dove le barriere abiliste non trovano spazio, dove le persone non sono “utenti”, “pazienti”, ma semplicemente persone.

A guidare tutto questo - racconta l’educatore psichiatrico Giuseppe Foti - c’è Vittoria Scordo, una donna che ha trasformato la cucina in un laboratorio di libertà.

Niente lezioni cattedratiche, niente compassione: solo mani che impastano, risate che si mischiano al profumo dei dolci, sguardi pieni di orgoglio. Le ragazze che frequentano i suoi corsi non cercano comprensione, ma opportunità. E in quel gesto semplice – chiedere di poter fare, di poter esserci – sta il senso più profondo dell’inclusione.

In Victoria’s House la disabilità non è un ostacolo: è una parte della vita che si affronta con la naturalezza di chi ha imparato a guardare oltre.

Gli strumenti sono adattati, sì, ma non per “compensare”, bensì per permettere a ciascuno di esprimersi. Tutto il resto – pregiudizi, pietà, sguardi che giudicano – resta fuori dalla porta, dove deve restare.

Chi entra in quella cucina capisce subito una cosa: la disabilità esiste solo negli occhi di chi la guarda.

E se si cambia sguardo, cambia tutto. Perché ciò che molti chiamano “limite”, qui diventa possibilità, energia, creatività. Le ragazze di Vittoria cucinano con passione, si correggono a vicenda, scherzano, si aiutano. Non c’è competizione, non c’è paura di sbagliare: c’è solo desiderio di esserci, di partecipare, di vivere.

E la vita, in questo luogo, si sente tutta.

Non ho visto un centro “speciale” – racconta ancora l’educatore psichiatrico Giuseppe Foti – ma un ambiente sereno, leggero, pieno di quella vitalità che nasce da chi la vita la affronta davvero, senza filtri né giustificazioni.

Ho riso insieme a loro – un riso autentico, contagioso, di quelli che vengono dal cuore. Ho percepito un umorismo limpido, fatto di autoironia e coraggio, che smonta ogni cliché. Perché chi vive davvero non ha tempo per compatirsi, né per farsi compatire.

Victoria’s House non è solo una scuola di cucina: è un manifesto silenzioso. Dimostra che una società migliore non è un sogno, ma una scelta. Basta volerla, basta cambiare prospettiva.

E allora sì, uscendo di lì ho capito che la felicità può nascere anche da un grembiule infarinato e da una battuta detta al momento giusto.

Che la libertà è poter sbagliare, ridere, riprovare, senza che nessuno ti definisca per ciò che non puoi fare.

In fondo, il segreto di Victoria’s House è semplice: lì dentro non si insegna solo a cucinare. Si insegna, ogni giorno, a vivere.

Grazie a Vittoria, Melina, Rebecca, Miryam, Sarah, Giusy, Giuliana, Federica e Greta

Per avermi ricordato che l’inclusione non si spiega: si vive, con il cuore e con un sorriso», conclude Giuseppe Foti, educatore psichiatrico con oltre vent’anni di esperienza nel campo della salute mentale e dell’inclusione.