Di Grazia può essere la scintilla: la Reggina farà finalmente la mossa decisiva?
La tifoseria lancia un messaggio chiaro: questa settimana può valere tutto. La società non può più temporeggiare

La pazienza è finita. E non è solo uno slogan, ma la fotografia di un sentimento collettivo che da giorni attraversa, in silenzio ma con forza, tutta la tifoseria amaranto. La Reggina non può più permettersi di temporeggiare o aggrapparsi alla prudenza: serve uno squadrone, servono certezze, servono segnali forti. La settimana che si apre può davvero rappresentare uno spartiacque.
La società ha finalmente cominciato a muoversi sul mercato, ma i primi segnali, seppur concreti, non bastano a ricucire lo strappo emotivo che si è creato tra la squadra e la sua gente. Sono stati ufficializzati tre nomi: Luca Ferraro, attaccante reduce da una stagione positiva con il Sambiase; Riccardo Correnti, centrocampista fortemente voluto da mister Trocini e l’under Lanzillotta. Tre operazioni che, pur rappresentando un passo avanti dal punto di vista tecnico, non riescono a scaldare un ambiente che vive ormai un momento di profonda disillusione.
Lo si è capito chiaramente negli ultimi giorni, durante i quali il tifo organizzato ha scelto di manifestare un malcontento sempre più diffuso. Quell’entusiasmo che solo pochi mesi fa aveva riportato migliaia di persone allo stadio, anche in campi polverosi della Serie D, sembra già svanito. E non si trattava di un fuoco di paglia, ma di un’energia reale, popolare, trascinante, capace di trasformare il progetto tecnico in qualcosa di più ampio: un’idea condivisa, una rinascita che metteva insieme sport, identità e appartenenza. Oggi, tutto questo appare sfocato, quasi distante.
Il pericolo concreto è quello di sprecare un’altra occasione, l’ennesima, e di ritrovarsi ancora una volta a inseguire realtà che, per storia e dimensione, dovrebbero essere ben distanti. Eppure, nel confronto con piazze come Scafatese, Nissa e altre protagoniste dei gironi meridionali della Serie D, emerge un dato ormai evidente: altrove si pianifica con visione, si comunica con efficacia, si investe con coraggio. Sono società che alimentano quotidianamente l’entusiasmo dei propri tifosi, attraverso contenuti social capaci di trasmettere emozioni autentiche, coinvolgere e far sognare.
Tutto ciò che alla Reggina, oggi, sembra mancare. Perché non si vince un campionato di Serie D solo col peso del nome o con il sostegno del pubblico. La storia recente di questa categoria dimostra chiaramente che i tornei si vincono con calciatori importanti, nomi altisonanti.
In questo contesto si inserisce con forza il nome di Andrea Di Grazia, esterno offensivo classe 1996, con alle spalle oltre 250 presenze tra Serie B, C e D. Dopo le stagioni a Potenza, è stato protagonista lo scorso anno nel Siracusa, dove ha rappresentato uno dei punti di riferimento tecnici ed emotivi della squadra. Gol, assist, esperienza, ma soprattutto carisma e capacità di incidere nei momenti decisivi: Di Grazia non è solo un profilo importante sul piano tecnico, è un simbolo. Il suo arrivo, a Siracusa come oggi a Reggio, ha il potere di riaccendere la miccia. E la Reggina, ora più che mai, ha bisogno esattamente di questo: di una scossa.
Prendere Di Grazia oggi significherebbe lanciare un segnale fortissimo a tutto l’ambiente. Vorrebbe dire dimostrare che si vuole davvero vincere, che si intende cambiare passo, che non si ha paura di mettersi in gioco. È una scelta identitaria, non solo tecnica. Ecco perché la società non può più esitare. Se c’è anche solo una possibilità di portarlo a Reggio, va colta subito. Prima che lo faccia qualcun altro.
La piazza ha lanciato il suo ultimatum. La settimana che inizia adesso può segnare una svolta definitiva: se arriverà il nome giusto, al momento giusto, si potrà parlare di rinascita. Altrimenti, si rischia di certificare una frattura profonda.