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Questa la citazione riportata sulla foto esposta nel giardino del plesso San Pietro del carcere Panzera di Reggio Calabria in occasione della commemorazione della strage di via D’Amelio di qualche giorno fa.
Il 19 luglio di 33 anni fa la morte del giudice siciliano Paolo Borsellino. L’esplosione infernale di un’autobomba sotto casa della madre del magistrato, in via D’Amelio a Palermo, travolse e uccise anche la scorta. Morirono il capo Agostino Catalano e dagli agenti Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. A quella terribile deflagrazione sopravvisse solo l’agente Antonino Vullo.
La memoria decanta mentre la giustizia e la verità sono ancora lontane.
Giovanni Falcone
Meno di due mesi prima, la strage di Capaci del 23 maggio 1992 che aveva spezzato la vita dell’amico e collega Giovanni Falcone, morto insieme alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Un momento di non ritorno che fu subito chiaro a Paolo Borsellino.
Cosa nostra reagiva, affogando nel sangue, coloro che avevano avviato la dura e decisiva azione di contrasto dello Stato. Un’azione cristallizzata nella sentenza del Maxiprocesso di Palermo, confermata in Cassazione proprio nel gennaio di quell’anno. Gli ergastoli, tra cui quello di Totò Riina, principale responsabile delle stragi del 1992 e di altre decine di omicidi, erano 19, oltre 2600 anni complessivi di reclusione comminati.
Antonino Scopelliti
Un lavoro imponente e faldoni “pesanti” che sarebbero poi stati inviati nell’estate del 1991 a Campo Calabro, nel reggino, all’indirizzo di Antonino Scopelliti, sostituto procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione, che lavorava al rigetto dei ricorsi avverso le condanne emesse in appello nel maxiprocesso di Palermo. Quella stessa estate del 1991, il 9 agosto, prima che potesse discuterle, il giudice Antonino Scopelliti fu assassinato. Ciò accadeva un anno prima delle stragi di Palermo.
All’ombra di una trattativa Stato-Mafia sulla quale, evidentemente, non abbastanza si invocano verità e giustizia.

