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Questa mattina la commissione Controllo de Garanzia del Comune di Reggio Calabria, presieduta da Massimo Ripepi, ha convocato la seduta per trattare il tema dello sgombero del comparto 6 di Arghillà, inagibile ma in larga parte occupato abusivamente da circa 20 anni, oggetto di un’ordinanza sindacale dello scorso marzo. Una questione ancora irrisolta perché le decine di famiglie rimaste rivendicano il diritto alla casa e giudicano le proposte del Comune, consistenti in strutture per persone anziane, sole e fragili o B&b pagato dal Comune per gli altri, inadeguate.
Noi siamo Arghillà e Un mondo di mondi
Auditi in commissione questa mattina Patrizia D’Aguì, presidente del gruppo civico “Noi siamo Arghillà” e Giacomo Marino, referente dell’associazione Un mondo di mondi, che hanno ribadito «la necessità di ristabilire la legalità con metodi a loto volta legali e corretti, come ad esempio l’assegnazione di una casa, senza soluzioni provvisore e precarie, a chi abbia effettivamente i requisiti di legge. E queste famiglie, in base alla documentazione fornitaci, hanno questi requisiti, ossia Isee non superiore a 10mila e 500 euro all’anno di reddito, nessun immobile (adeguato all’uso abitativo) di proprietà e nessun altro alloggio assegnato.
Dunque il tipico protocollo dello sfratto in atto non è quello da adottare perché il diritto alla casa, ogni altra valutazione, compresa l’occupazione abusiva di altro alloggio per lo stato di bisogno, assume un rilievo assolutamente prioritario. Per altro, se si procedesse a verifica, circa la presenza di alloggi alternativi ad Arghillà, dove per altro gli assegnatari del bando del 2019 non andrebbero e dunque neppure ricorsi sarebbero proposti avverso eventuali assegnazioni del Comune, la soluzione potrebbe essere trovata.
Chiediamo, dunque, al sindaco di dialogare con queste famiglie perché il diritto alla casa c’è e il percorso c’è pure. Non si abbandonino queste persone in mezzo alla strada. Purtroppo le soluzioni che abbiamo visto prospettare, precarie e provvisorie, porterebbero a questo», così ha concluso Giacomo Marino, referente dell’associazione Un mondo di mondi.
Nuova convocazione per giovedì
«La dirigente del settore Patrimonio Luisa Nipote, che avevamo convocato per stamattina, ha inviato un messaggio nel quale ha comunicato di non poter essere presente per una riunione urgente. Va rilevato, però, che la comunicazione della convocazione della riunione è stata tardiva dunque aggiorniamo la seduta a giovedì alle 9.
Intanto chiedo a Giacomo Marino di farmi avere al più presto la documentazione già raccolta che attesta i requisiti in capo alle famiglie per l’assegnazione di un alloggio popolare. Sarà mia cura farle avere al prefetto. Faremo il possibile affinché la vostra voce e i vostri diritti– ha ribadito il presidente della commissione Massimo Ripepi rivolgendosi alle famiglie – siano ascoltati. Riteniamo questa situazione una responsabilità del sindaco Falcomatà che non si è mai confrontato sul tema. Se giovedì non verrà, si assumerà la responsabilità anche di questo. Questi sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per affrontare la questione», così ha concluso il presidente della commissione Controllo de Garanzia del Comune di Reggio Calabria, Massimo Ripepi.
La voce del disagio
Audite anche diverse persone in questo momento presenti negli alloggi che, secondo quanto da loro riferito, entro domani dovranno lasciare la casa. Hanno riferito di un clima segnato da forti pressioni per lasciare un alloggio a fronte di alternative assenti o inadeguate.
«Mi chiamo Maria Rosa Cutrupi e vivo ad Arghillà da venti anni. Avevo quattro figli piccoli, che adesso sono cresciuti, e all’epoca non avendo avuto un alloggio, ho dovuto dare la scelta di venire ad Arghillà, ambiente non facile. Sono assistente educativa, pagata ogni tre-quattro mesi. Dunque è stato necessario che io facessi altri lavori. Ho lavato anche scale per crescere i miei quattro figli da sola. Fin dal primo giorno che sono arrivata ad Arghillà mi sono autodenunciata e ho chiesto di essere regolarizzata ma non ho mai avuto risposta. Questa è la mia storia, questa è la mia situazione e adesso mi viene chiesto di andarmene ma senza un’alternativa. Come dovrei traslocare?
Nel tempo solo promesse mai mantenute e adesso regolarmente retate delle forze dell’ordine come fossimo dei mafiosi. Entrano in casa gli assistenti sociali per dirci che ci aiutano pagando un B&B e ci chiedono di firmare un foglio». Alla signora si unisce la figlia, l’unica rimasta a vivere con lei, che si domanda: «Siamo mortificati ed estenuati. Ci hanno detto che entro domani dobbiamo andare in un B&b senza specificare per quanto tempo e lasciando molti aspetti vaghi e indefiniti. Dovremmo andare in un B&B e lì “traslocare” entro domani tutta la nostra vita, gatti compresi? Come e cosa dobbiamo fare se questa è la risposta riservata a chi ha diritto alla casa?»
«Sono la signora Veltri. Anche io da vent’anni vivo ad Arghillà. Ho cresciuto tre figli da sola e adesso che sono anziana e sola mi vogliono mandare in una struttura. Io ho diritto a una casa. Ho versato 75 euro al catasto e ho chiesto di essere regolarizzata, senza avere mai avuto risposta. Gli anziani soli non valgono nulla. Ormai non dormo più e mi sono ammalata. Ma io non andrò via da lì. So di avere diritto a una casa e invece mi ritrovo in mezzo a una strada».
«Mi chiamo Francesca Vicentino e anche io vivo ad Arghillà da più di 20 anni, dal 2007, e pure io ho pagato 75 euro per essere regolarizzata. Nessuna risposta e adesso solo umiliazioni. Siamo trattati come ladri. Domani dobbiamo andarcene ma non ci sono alloggi alternativi quindi non sappiamo dove andare».
Infine è intervenuto anche Ivan Russo del comitato “Noi siamo Arghillà”, in quanto residente nel quartiere ma non nel comparto 6.
«Vivo ad Arghillà dal 2006 e ricordo che qui gli alloggi all’epoca erano tutti liberi. La situazione difficile che oggi si registra è frutto di anni di abbandono e di mancato ascolto di queste famiglie per le quali, anche in costanza di un atto come l’ordinanza, le istituzioni non hanno messo nero su bianco alcuna soluzione alternativa adeguata, visto che parliamo di un diritto essenziale come la casa. Assistiamo come residenti nel quartiere a blitz periodici delle forze dell’ordine nel comparto. Arrivano con i cani antidroga. Ma nel comparto non ci sono criminali da arrestare, persone da denunciare più volte per lo stesso motivo, ma famiglie alle quali garantire una soluzione concreta, alle quali dare una casa in dignità».