«Siderno, insignita del titolo di “Città che legge”, è fucina di talenti nel campo della cultura. È con grande soddisfazione che accogliamo la notizia del Premio Strega Giovani 2024 attribuito alla nostra concittadina Federica Pitone, vincitrice per la migliore recensione del romanzo “Cose che non si raccontano”, pubblicato da Einaudi.

Scrittrice di grande talento, Federica Pitone è una studentessa della III^ A del liceo scientifico “Zaleuco” di Locri guidato dalla dirigente Carmela Rita Serafino (scuola che ha partecipato allo “Strega” per la prima volta) e, anche grazie alla passione che le ha saputo trasmettere la professoressa Rosella Fontana (anch’ella nostra concittadina) ha già mostrato le proprie capacità vincendo, lo scorso 11 maggio, il premio riservato agli elaborati scritti nel concorso “Oltre le Colonne d’Ercole” indetto dall’omonima fondazione, che lo ha consegnato durante la partita di beneficenza a favore del laboratorio di medicina di precisione, disputatasi tra la Nazionale Italiana Attori e la selezione di vecchie glorie del calcio calabrese “Le Colonne d’Ercole”. Nella sezione “Arte” dello stesso concorso, il premio se l’è aggiudicato Sofia Marcellino, altra studentessa sidernese dello “Zaleuco”.

Continuiamo a investire nella cultura, riproponendo la candidatura al titolo di “Città che legge” per il prossimo biennio, e l’organizzazione di eventi, tra i quali il Festival del Libro e del Fumetto nell’ambito del progetto “Siderno per la lettura”, perché il successo di Federica sia il primo di una lunga serie e soprattutto serva a instillare la passione per la letteratura a un numero sempre maggiore di concittadini di tutte le età». È quanto si legge nella nota stampa del comune di Siderno.

Soddisfazione espressa anche dal liceo Zaleuco di Locri che ripropone nella sua nota stampa anche uno stralcio della recensione premiata.

«Ad ogni capitolo il suo dolore si fa sempre più vicino, talvolta soffice, talvolta brutale. Ho immaginato di viverlo sulla mia stessa pelle, di avere anche io lo stesso destino, di non saperci convivere; è questo il potere del libro: ti contagia con la sua sofferenza, portandola dentro di te, lasciandoti il compito di accoglierla. La narratrice ti consente di visitare i suoi sensi di colpa, di rivederli in essi, di comprendere il suo sentirsi parte di ciò che le ha portato via il sogno naturale di essere madre, la convinzione di meritare tutto ciò che le sta accadendo. Ciò che hai di fronte non è più un semplice libro, è una donna e ciò che le è stato tolto. Una donna che ha perso i suoi figli, che soffre per non averli protetti, per aver dato
precedenza alla carriera
; si sforza di non pensare a quali sarebbero stati i loro nomi, alla loro età
attuale, alle accortezze che la gravidanza richiedeva, alla sua bravura di non essere una brava
mamma, ai doveri più difficili, quelli a cui non pensa, perché significherebbe accettare la
realtà…Ha attorno solo silenzio, prova, rabbia, vorrebbe parlarne, mentre a farle compagnia, in quel
dolore, è soltanto il sangue, che esce dal suo corpo, imperterrito, e il tentativo di misurarne la
quantità.
E così, quando per paura di non essere capita, preferisce chiudersi in se stessa, quello che
ne rimane è la solitudine».