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Un altro caso di pedofilia scuote la Calabria. Ieri la notizia di un monaco è stato arrestato con l’accusa di abusi sessuali nei confronti di un minorenne. Secondo le indagini, l’uomo avrebbe approfittato del suo ruolo religioso per avvicinare e molestare la giovane vittima.
La notizia ha sollevato indignazione e acceso i riflettori sul modo in cui la Chiesa ha gestito la vicenda: il monaco sarebbe stato trasferito da una parrocchia all’altra e l’inchiesta ha consentito di documentare che, anche dopo il trasferimento del sacerdote in una parrocchia della provincia di Cosenza, questi avrebbe continuato a svolgere attività a stretto contatto con minori.
«Il suo Ordine ha seguito l’iter previsto in questi casi a livello canonico – è stato confermato dall’arcidiocesi – e successivamente lo aveva trasferito in un convento del nostro territorio dove è stato raggiunto, in seguito alle indagini delle autorità civili preposte, da provvedimento dell’Autorità giudiziaria e di conseguenza sottoposto a provvedimento restrittivo per presunta violenza».
Durissimo l’intervento de La Caramella Buona, l’associazione che dal 1997 si batte contro la pedofilia. Il presidente Roberto Mirabile ha definito “inaccettabile” l’ennesimo spostamento di sede come risposta a episodi così gravi:
«Siamo pronti con i nostri legali, anche esperti in diritto canonico, a offrire tutela alle vittime e a costituirci parte civile. Basta con questa logica del silenzio e dei trasferimenti: un danno del genere non si ripara spostando il colpevole, ma cercando verità e giustizia».
Intanto dalla diocesi è giunta una nota che esprime “profondo dolore” per quanto accaduto, confermando la collaborazione con l’autorità giudiziaria e l’avvio di una verifica interna.
La vicenda riaccende il dibattito sull’opportunità di maggior trasparenza nelle istituzioni ecclesiastiche e sulla necessità di rompere definitivamente con pratiche che, di fatto, rischiano di proteggere i colpevoli più che tutelare le vittime.