La giustizia lo ha perseguitato, lo ha braccato e lo ha condannato. Per lui insulti e offese per strada insultato. Pier Paolo Pasolini, nonostante la sofferenza e i colpi accusati, non si è mai fermato e fino all'ultimo ha scritto e ha girato, lasciando un’eredità “scandalosa " in un'epoca in cui lo scandalo era sfatare i tabù, sfidare i pregiudizi, smascherare il perbenismo e l'ipocrisia, portare nella letteratura la voce "scomoda" ma vera dei "Ragazzi di Vita", la "Vita violenta" esistente nelle borgate romane, lasciate ai margini della società, portare alla luce lo sfruttamento del lavoro e la povertà in Italia, seminare nell'opinione pubblica il dubbio - principio di ogni necessario spirito critico - stimolare una ricerca della verità propria e profonda dei fatti, lontana da ogni appartenenza e da ogni omologazione.

Comunista eretico, Pier Paolo Pasolini seppe criticare anche il suo di partito che alla prima denuncia lo aveva già rinnegato.

Dissacrante con il solo intento di svelare l'assenza di sacralità, laddove avrebbe dovuto essere intatta, nella sua contemporaneità. Per lui il cinema fu la lingua scritta della realtà che non avrebbe pertanto sacrificato, e mai sacrificò, sull'altare del compromesso e della ricerca del consenso.

E cosa dovrebbe fare un intellettuale se non tutto questo in ogni epoca? L'Italia ha avuto il suo intellettuale, grande, illuminato dalla storia e che pure la storia deve riscoprire ogni giorno perchè Pasolini va conosciuto, letto e riletto. Oggi più che mai.

Contribuisce a questa lettura e rilettura collettiva lo spettacolo multimediale “Il Santo Infame - Pier Paolo Pasolini”, proposto da Cartoline Rock e prodotto da Capitolo 24, con la regia di Claudio Bagnato.

Il Santo Infame

Sul palcoscenico del cine-teatro Odeon di Reggio Calabria, a cinquant’anni esatti dal brutale delitto all'idroscalo di Ostia, salgono Serena Cara, autrice dei testi e narratrice, i musicisti Antonio Barresi e Adolfo Zagari, la cantante Daniela D’Agostino. Con loro Sonia Caruso, Mara Sowilo Ferraro e Giuliana Mangiola. Grafiche, live art e animazioni di Pietro Adorato. Voce fuori scena di Alessandro Haber.

Lo spettacolo ispirato al documentario “Pier Paolo Pasolini. Il Santo Infame” scritto da Daniele Ongaro e diretto da Graziano Conversano, ripercorre il tormentato rapporto con la giustizia dell'intellettuale, nato a Bologna, vissuto in Friuli dove era stato insegnante a scuola e poi, dopo la prima denuncia, trasferitosi negli anni Cinquanta a Roma.

Più di 30 processi e decine di convocazioni in tribunale, il processo per oscenità al romanzo “Ragazzi di vita”, la censura del primo film Accattone – primo caso italiano di pellicola vietata au minori di anni 18 – il procedimento per vilipendio alla religione per il film “La ricotta”, le decine di imputazioni per i film della Trilogia della Vita - Il Decamerone, Il fiore delle Mille e una notte e I racconti di Canterbury - ed un incredibile processo per l'improbabile accusa di rapina a mano armata ai danni di un benzinaio.

«L'attualità di Pasolini - spiega il regista Claudio Bagnato - risiede nel suo essere stato all'epoca un precursore. Oggi noi non dobbiamo limitarci a riscoprirlo ma dobbiamo scoprirlo. La linea di demarcazione che ha tracciato tra il trasgressivo e il santificante è pregnante nella sua poetica, nella sua filmografia. Ci siamo lasciati guidare dai diversi livelli narrativi che lui era molto bravo a intrecciare e avvalendoci della grafica e dei disegni abbiamo anche animato la narrazione. Lui diventa un Cristo in pellegrinaggio verso il crocifisso, inteso come il suo destino. Un destino e una libertà che come lui stesso scrisse lo avevano massacrato ma ai quali non volle comunque mai sottrarsi. La sua fu una formazione importante. La sua opera intellettuale lo ha dimostrato. Il pregio intramontabile è quello di quello di essere stato attuale ai suoi tempi e anche per i successivi» .

«Pasolini non è un personaggio semplice interpretare ma è anche difficile da capire. Con ogni probabilità - sottolinea l'autrice e la narratrice dei testi Serena Cara - fu il più importante intellettuale del Novecento. Poliedrico fu un uomo del futuro capace di vedere già allora la realtà che oggi noi viviamo. Scomodo a destra, ma anche a sinistra per la lucidità delle sue idee e per il coraggio con cui si è sempre schierato dalla parte della realtà, anche quando questa aveva dei colori turpi oscuri, nel tentativo di cambiarla».

«Il santo infame è un ossimoro, una contraddizione che poi nella sua opera e nella scrittura si ricompone in limpida coerenza. La bellezza di Pasolini è che le sue idee sono state espresse in quasi tutte le forme d'arte, la poesia, la scrittura, il cinema, il giornalismo, il cinema e anche la musica e la pittura, che pochi ricordano. In occasione del cinquantesimo anniversario di quella notte che ha cambiato la storia dell’Italia contemporanea, nel giorno più triste, noi abbiamo messo insieme tutte le forme d'arte in cui Pasolini si esprimeva per creare uno spettacolo che gli somigliasse. Speriamo di esserci riusciti. Volevamo uno spettacolo che somigliasse anche a noi che, in sua memoria, come Cartoline Club per la prima volta usciamo dalla tana e ci presentiamo al pubblico.

Ci riconosciamo in quell’ecletticismo e in quella multidisciplinarietà e siamo pronti a proporre tutte le forme d'arte possibile. Celebrando il grande Pasolini, uno dei grandi della cultura italiana, abbiamo colto l'occasione per rappresentare quello che cerchiamo di fare tutti giorni», conclude Francesco Villari, produttore dello spettacolo per Capitolo 24 e direttore artistico di Cartoline club di Reggio Calabria.

Pasolini poeta civile e profeta 

Poeta civile, sopra a tutto, scrittore, sceneggiatore, regista, giornalista "corsaro" e anche pittore apprezzato da molti intellettuali del suo tempo. Eppure vi fu contro di lui una crescente invettiva che arrivò a screditare i suoi lavori e i suoi scritti allo scopo di silenziarlo. Criticava aspramente la borghesia e l'imperante società dei consumi ed era anche un omosessuale in una società in cui l'eros e la sessualità restavano solo ostaggio di tabù. Non sussistendo alcuna argomentazione, il terreno non fu quello che lui si sarebbe aspettato e quello che avrebbe meritato, ossia un terreno di confronto altrettanto "intellettuale", ma fu quello della denigrazione della sua omosessualità e del disprezzo della sua persona. Un pregiudizio dal quale tutto era partito negli anni friulani con la prima bruciante denuncia per atti impuri in luogo pubblico.

Pasolini fu vittima di questa macchina del fango, rispetto al quale seppe alla fine sempre esercitare la sua piena e consapevole libertà di essere e di pensare. Spiccata fu sempre la sua propensione al dialogo nel quale credeva al punto da sentirsi sempre libero di esprimere, talvolta anche con dura fermezza, il suo pensiero. Non era diplomatico ma era libero. E chi è davvero libero lascia liberi anche gli altri che ne siano altrettanto capaci.

Il suo contributo intellettuale fu allora sempre più ostinato, proprio perchè estremamente necessario. Fino alla fine anche quando il tempo non sarebbe bastato.

Non riuscì a completare il suo romanzo "Petrolio" nè vide sul grande schermo la provocazione delle provocazioni, il suo ultimo film "Salò e le 120 giornate di Sodoma". Con immagini volutamente disturbanti e insopportabili, diede vita a un manifesto irriducibile di denuncia di una dittatura del consumismo e della mercificazione sfrenati, di un fascismo senza regime, di un progresso senza umanità e senza libertà, dunque senza un benessere effettivamente comune ma bieca e ipocrita maschera di una spietata disuguaglianza e di una società di padroni e sottomessi. Un autentico profeta. Un film che raggiunse il pubblico seppure dopo la sua tragica morte. Un film "sequestrato", come mai fu il suo pensiero.