Giuseppe Polimeni, studioso di origini reggine e professore ordinario di Studi letterari, filologici e linguistici dell’università di Milano, racconta il suo legame profondo con lo scrittore di Sant'Agata del Bianco che sarà celebrato nel suo comune natio con una due giorni di studi
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«Quando lo lessi, ci restai dentro al punto da voler scrivere un piccolo approfondimento. Mi imbattei nel romanzo “Mani Vuote” di Saverio Strati negli anni Novanta quando ero studente universitario a Pavia, anche io un calabrese emigrato come lo scrittore. Mi ero convinto di inviare un messaggio in una bottiglia, invece Strati mi rispose, invitandomi a Scandicci, in provincia di Firenze, dove viveva e dove io mi recai. Fu l'inizio di un bellissimo dialogo sulla letteratura e sulla sua opera di cui custodisco un ricordo bellissimo».
Giuseppe Polimeni, reggino di origine e oggi professore ordinario di Studi letterari, filologici e linguistici dell’università di Milano, dopo qualche anno si laureò con una tesi su Saverio Strati con Saverio Strati al suo fianco. Poté studiare direttamente sul manoscritto, per concessione dello stesso scrittore di Sant'Agata del Bianco, de "Il selvaggio di Santa Venere". Romanzo che, nel 1977, valse a Strati il premio Campiello. Il primo vinto da un calabrese.
Il tributo corale nel Comune natio
Giuseppe Polimeni è tra gli studiosi coinvolti nel tributo corale che il 16 e 17 ottobre sarà reso alla memoria del grande e dimenticato Saverio Strati, sulla scia del centenario della sua nascita (1924-2024). Il convegno nazionale “100 Strati. Identità, memoria e futuro" è promosso dal Comitato 100Strati, istituito dalla Regione Calabria per celebrare il Centenario della nascita di Saverio Strati. L'evento si pregia della collaborazione della Calabria Film Commission (“Ritorno perché. Vita di Saverio Strati. Scrittore” di Vanessa Roghi e Massimo Latini è il documentario quest'anno prodotto e trasmesso dalla Rai) e della casa editrice Rubbettino, impegnata a ripubblicare tutta l'opera di Saverio Strati.
A Giuseppe Polimeni è stata affidata la prefazione del primo volume "La Marchesina", il primo romanzo pubblicato nel 1956 e ripubblicato nel 2024.
(Ri)scoprire Saverio Strati
«Davvero meritoria questa iniziativa - sottolinea Giuseppe Polimeni - che consente di scoprire e riscoprire uno scrittore di grande levatura come Saverio Strati che seppe dare voce all'essenza della calabresità in un modo inedito e che resterà sempre attuale. Mi sento di sottolineare l'importantissima opera di valorizzazione portata avanti dal sindaco di Sant'Agata del Bianco, Domenico Stranieri, anche lui appassionato e fine studioso di Strati che ci dona con il suo saggio "Solo come la luna" un ritratto assolutamente nuovo del grande scrittore.
Con lui anche Luigi Franco direttore editoriale di Rubbettino. Molto ha fatto anche la nipote Palma Comandè. Persone che stanno riuscendo a compiere un'impresa importantissima, cioè restituire a Saverio Strati la scena culturale di primo piano che merita. Stanno consentendo uno studio scientifico di un'opera che merita di essere conosciuta e approfondita. Tornare a leggerlo è un dovere. La due giorni in programma nel comune natio di Strati, dunque, rappresenta un appuntamento di rilievo nella storia degli studi sulla lingua in Calabria e della letteratura meridionale».
La critica sociale e la profondità delle parole
L'opera di Saverio Strati trabocca di ricchezza linguistica contenutistica. «C'è anche una critica sociale fortissima che vale ora come allora. Quei rapporti di forza, che sono insiti nel vivere sociale quando la concentrazione del potere schiaccia gli ultimi, le diseguaglianze sociali.
Ogni termine gode di grande profondità. Ogni parola - sottolinea ancora Giuseppe Polimeni - è come corridoio che ci porta alla vera e autentica essenza dell'essere calabresi. Le sue parole incastonate nella narrazione, per esempio ne "Il selvaggio di Santa Venere", che restano custodi dell'antichità della Calabria e dell'essenza dei calabresi. E poi c'è quella sconfinata fiducia nel dialogo che anima la vita di Strati, e di cui io posso essere testimone, e dei suoi personaggi».
L'eredità della classicità greca
Nei suoi scritti, dunque, palpita la nostra identità di popolo migrante ma anche di popolo con profonde radici. «La Calabria è erede della grande tradizione greca. E questo per Strati è un legame di pensiero. I suoi personaggi rappresentano, infatti, figure di pensiero e non in maniera artificiale. Sono personaggi del popolo. Pertanto dal modo di parlare, da quello che dicono trasudano i grandi valori della classicità greca e del mondo greco da dove noi calabresi veniamo.
Strati tiene, così, il lettore legato alla riflessione su questa antichità che è l'antichità di una terra che vuole riscoprire in sè stessa la sua forza. Ciò è e resterà sempre di un'attualità straordinaria, capace di andare avanti nei secoli e che adesso può essere (ri)portata alla luce».