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Come spiega il Presidente Giovanni Malara: «E’ possibile praticare interventi edilizi diretti in alcuni Ambiti di Trasformazione Urbana (ATU), quando le aree in cui si prevede l’intervento sono urbanizzate, ciò può verificarsi con l’ausilio di precisi strumenti amministrativi quali il Permesso di Costruire convenzionato previsto dal TUe, disciplinando i rapporti contrapposti tra gli interessi pubblici e privati con specifico con atto d’obbligo. A qualche giorno di distanza dal nostro primo incontro – prosegue – sul PSC di Reggio Calabria registriamo un primo risultato positivo che stimola a riflessioni di carattere generale, nonché all’individuazione di possibili soluzioni a problematiche specifiche.
Il tavolo tecnico, promosso da Confabitare a cui hanno partecipato una platea eterogenea di proprietari immobiliari e addetti ai lavori, quali tecnici, imprenditori ed avvocati, ha posto l’attenzione sulla filosofia che anima la pianificazione urbanistica del PSC, una vision diversa rispetto al PRG che ha segnato mezzo secolo di storia della città di Reggio Calabria. I due strumenti hanno una chiave di lettura diversa ma hanno lo stesso fine. Dopo mezzo secolo non è facile cambiare. Il cambiamento richiede impegno, sacrificio, studio e predisposizione all’ascolto tra le parti aventi ruoli diversi e, apparentemente, contrapposte. Le difficoltà di applicazione, appesantite da dubbi interpretativi e palesi contraddizioni, diventano un blocco del settore, condizione che la città non si può consentire».
«La funzione del Piano Strutturale Comunale (PSC) è quella di definire le strategie per il governo dell’intero territorio comunale – chiarisce Franco Zema responsabile del settore Urbanistica dell’Accademia del Proprietà Immobiliare di Confabitare Calabria – classificare il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile, agricolo e forestale, nonché individuare le risorse naturali ed antropiche del territorio e le relative criticità, è la base di partenza su cui si fonda lo sviluppo dell’importante strumento urbanistico. Il PSC è strumento flessibile, le cui previsioni nell’assetto del territorio definiscono le destinazioni d’uso a carattere più generale, limitandosi ad indicare le aree da destinare ad insediamenti produttivi, individuare “in linea generale” le aree destinate ad “attrezzature pubbliche di maggiore rilevanza”, quelle a carattere “insediativo”, senza definire le specifiche destinazioni d’uso tipiche del Piano Regolatore Generale (PRG).
Quest’ultimo, invece, era caratterizzato dalla esatta individuazione delle zone realmente edificabili, quelle destinate a soddisfare gli standard relativi ai servizi pubblici (verde, parcheggi, istruzione, ecc..), uno strumento a carattere normativo prescrittivo, che fissava in modo rigido le modalità d’uso del suolo (funzioni da insediare, volumetrie realizzabili ecc.). la differenza – prosegue Zema – è sostanziale, il PSC è uno strumento urbanistico a carattere normativo – regolatorio, flessibile, di valenza strategica di tipo strutturale, e infatti individua in linea generale le aree per la realizzazione di attrezzature ed infrastrutture pubbliche di maggiore rilevanza, le aree destinate ad impianti produttivi, le aree destinate a funzioni insediative.
Le funzioni insediative possono essere demandate ad una fase successiva da realizzarsi a mezzo di strumenti di attuazione e controllo urbanistico del PSC, qualora non sia possibile praticare l’intervento edilizio diretto. Particolare attenzione – conclude Zema – deve essere rivolta al Regolamento Edilizio ed Urbanistico (REU), strumento, a carattere normativo – regolativo, integrato e complementare al PSC, che norma le aree individuate nel PSC da assoggettare a successive fasi di pianificazione, e regola gli interventi in forma diretta».

