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Autonomia differenziata, Perna: «Una spinta autodistruttiva di un Paese che non affronta il nodo gigante del debito pubblico» – VIDEO

L’economista e sociologo reggino prevede «un taglio alle risorse destinate alla Calabria compreso tra il 20% e il 25%. Nonostante i lep, nei fatti l’accesso ai sevizi essenziali non sarà garantito a tutti»

Autonomia differenziata, Perna: «Una spinta autodistruttiva di un Paese che non affronta il nodo gigante del debito pubblico» – VIDEO

«Per le regioni che hanno politicamente spinto per ottenerla, l’autonomia differenziata produrrà delle opportunità. La Calabria non è certamente tra queste, anzi. Le opportunità ci saranno per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, che infatti hanno spinto fin dall’inizio. Il Piemonte se le aspetta e adesso si fa avanti per chiedere alcune deleghe. Ma non sarà solo il Mezzogiorno a perdere in questa riforma». Ne è convinto Tonino Perna, sociologo ed economista, vicesindaco di Reggio Calabria tra il 2020 e il 2021, di cui proponiamo l’analisi della recente riforma sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.

Lo scorso 1 luglio è stata pubblicata, infatti, sulla Gazzetta Ufficiale, la legge 26 giugno 2024, n. 86 recante disposizioni per l’attuazione di questa riforma ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

Tonino Perna, docente universitario, già presidente del Comitato etico di Banca Etica, è stato anche assessore alla cultura a Messina, presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte. Tra i suoi progetti più noti ci sono il Parco Ecolandia ad Arghillà a Reggio e quello Letterario Horcynus Orca. di Messina. Ha pubblicato diversi saggi tra i quali “Fair Trade” (Bollati-Boringhieri 1998), “Eventi estremi. Come salvare il pianeta e noi stessi dalle tempeste climatiche e finanziarie” (Altreconomia 2011) e “Aspromonte” (Bollati-Boringhieri 2022) e il recente “Viaggio in Italia, 70 anni dopo Guido Piovene” (Altreconomia 2024) con Pino Ippolito Armino, presentato la scorsa settimana al circolo Polimeni, in occasione dei caffè letterari del Rhegium Julii.

La sua idea sulla recente riforma è tanto lucida quanto severa e foriera di prospettive tutt’altro che incoraggianti per il Sud e non solo.

Risorse ridotte non solo per il Mezzogiorno

«Il meccanismo di base dell’autonomia differenziata è tanto semplice quanto devastante: in termini brutalmente materiali Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna danno allo Stato tra i 60 e i 70 miliardi in più ogni anno rispetto a quello che ricevono.

Trattenere sul loro territorio la maggiore quota di risorse dalle stesse prodotte, che poi è la ragione alla base delle istanze che hanno portato alla legge, equivarrebbe a ridurre le risorse per altre regioni, non solo meridionali. Le prospettive non sono rosee anche per la Liguria e per le regioni autonome comprese il Trentino, Friuli e Val d’Aosta. Tutte, in proporzioni, registreranno una perdita notevole.

Dovrebbe esserci una mobilitazione collettiva, costituendo comitati, scendendo in piazza e andando fino a Roma. Dovrebbe esserci l’unione di tutto il Mezzogiorno e non solo. Il Piemonte è leggermente in attivo e le regioni del centro sono in leggero passivo, ma la questione investirà in modo significativo pure la Liguria che invece è in passivo e che perderà il 10% di entrate. il dramma sarà del Mezzogiorno ma anche, e presto se ne accorgeranno, di Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia e Val d’Aosta». Così Tonino Perna, sociologo ed economista reggino.

Alla Calabria tra il 20 e il 25 % di risorse in meno

«Giusto per fare degli esempi riferiti alla Calabria: rispetto a quello che lo Stato versa ogni anno per la sanità, la scuola, i servizi, quando il meccanismo si andrà a stabilizzare, la nostra regione riceverebbe dal 20% al 25% in meno di risorse.

Come ho anche scritto con Pino Ippolito Arminio nel Manifesto per l’Unità d’Italia – prosegue ancora Tonio Perna – io non credo che l’Italia si separi come avvenuto in Jugoslavia o in Cecoslovacchia. Nei fatti, comunque, non potremo più dirci italiani se non abbiamo più lo stesso accesso alla scuola, alla sanità e i servizi sociali. Non vedo come siano possibili altre letture».

Il blocco degli stipendi e le sperequazioni

«Pensiamo – prosegue ancora Tonio Perna – al blocco degli stipendi del personale della scuola e della sanità, per fare degli esempi concreti, e all’impossibilità di sostituirli nei prossimi anni nel momento in cui andranno in pensione. In Calabria ciò basterà per una riduzione drastica e netta degli occupati in tutta la parte pubblica e per il blocco dei salari con la ricaduta negativa progressiva in termini di potere d’acquisto. Le conseguenze nefaste di questa riforma non saranno immediatamente percepibili. Ci vorranno 10 anni per averne contezza.

Dalle stime che ho fatto, per esempio, un insegnante di scuola media, già è mal pagato come tutti gli insegnanti, in media percepisce 1600 – 1700 euro al mese. Fra 10 anni continuerà e percepire questo stipendio mentre un insegnante a Milano avrà riconosciuto il diritto agli aumenti e ai benefit, potrà arrivare a percepire anche 3mila euro di stipendio mensile. Questo sarà lo scarto. La stessa sperequazione riguarderà i medici.

Sul fronte sanitario, ci sarà anche un altro tragico problema. Noi spendiamo tra 500 e 600 milioni l’anno di cittadini calabresi che vanno a operarsi e a curarsi al Nord. Ciò non sarà più possibile se le convenzioni non saranno più sostenibili per la Regione. Per cui se non sei ricco non ti curi. Questo lo scenario al quale condurrà il processo ormai in atto e rispetto al quale credo sarà difficile tornare indietro».

I Lep e la frammentazione di prerogative indivisibili

«Qual è la furbizia? Per sostenere l’infondatezza dei timori di spaccature e sperequazione si afferma che verranno assicurati i Lep, livelli essenziali delle prestazioni, in materia di sanità scuola, etc., però quando la gestione dei trasporti e dell’energia che non sarà più nazionale, il quadro che si prospetta necessariamente è destinato ad essere drammaticamente disomogeneo e frammentato. Come si può sostenere il contrario quando ci sono prerogative indivisibili come l’energia, i trasporti, la sicurezza e la protezione civile che non resteranno tali? Un esempio estremo: se l’Irpinia tornasse a tremare non andremmo perché loro sono Abruzzo noi siamo calabresi?

Insomma la riforma dell’autonomia differenziata è una spinta autodistruttiva di un Paese che invece di affrontare il nodo grande dell’immenso debito pubblico che ha contratto, questione che va risolta e che pende come una spada sulla nostra testa, pensa ad altro. Stiamo dimostrando di essere un Paese che non sa invecchiare, incapace di accettare che deve cambiare e che non può pensare di andare avanti facendo quello che faceva da giovane e mantenendo un tenore di vita che non si può più permettere». È quanto sottolinea l’economista reggino, Tonino Perna.

“Povera Italia…”, scriveva Dante

«Allo stesso tempo è un paese che non capisce che quando si spezzetta l’Italia, come questa riforma farà, si ritornerà al Medioevo. Mi viene in mente il verso iniziale dell’invettiva di Dante nella Divina Commedia: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!” (Purgatorio, canto VI, vv. 76-78). “Povera Italia ridotta in schiavitù, dimora di sofferenza, nave alla deriva nel pieno della tempesta, non più signora dei popoli ma luogo di prostituzione”».

La lettera al presidente Occhiuto

«È un fatto politico. A gennaio – spiega Tonino Perna – ho scritto una lettera aperta al presidente Occhiuto, che non ho votato ma che ritengo che sia stato finora un bravo presidente, presagendo che presto amministrerà la miseria. Chi presiederà la Calabria in futuro, governerà una regione occupata ogni giorno da dipendenti pubblici licenziati, da gente che muore di fame perché non ci saranno più sussidi.

Una situazione drammatica. Capisco le dinamiche di partito ma quel nodo arriverà la pettine. Siamo, comunque, partiti in ritardo. Se mi posso permettere, nel 1994 pubblicai “Lo sviluppo insostenibile”, dedicando un capitolo alla secessione del Nord, perché allora sembrava una secessione sulla scia di quella che ha investito la ormai ex Jugoslavia. Facendo già allora quei conti, misurai lo scarto tra quanto versato e quanto restituito».

Un vulnus generato nel 2001

«Non avrebbe dovuto essere toccato il Titolo V della Costituzione nel 2001. Fu D’Alema a fare ciò che si ricorderà sui libri di storia. Ma è il destino dei meridionali. Durante i primi governi della neonato Stato Italiano ancora monarchico, fu il siciliano Crispi a chiudere le fabbriche al Sud per proteggere quelle del Nord. Una delle peggiori pagine politiche per il Sud. Purtroppo sono spesso i meridionali a fare i maggiori danni. Ritengo che la riforma del 2001 abbia aperto un’autostrada preferenziale che in questi vent’anni sia stata percorsa per arrivare all’autonomia differenziata. Non avrebbe mai dovuto essere intaccato, e invece è stato profondamente modificato, il rapporto tra Stato ed autonomie territoriali». Così conclude l’economista e sociologo reggino, Tonino Perna.

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