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«Non è facile comprendere un’architettura nata in anni lontani, quando esisteva il senso delle istituzioni, il rispetto istituzionale, una Reggio bella e gentile che aveva classi dirigenti sicuramente molto più autorevoli di quelle attuali, all’interno dell’università, ma anche e soprattutto in città, nei palazzi delle istituzioni sedevano altri soggetti che erano capaci non di fare i compitini, che0fanno gli studenti a scuola, ma erano capaci di affrontare temi e risolvere e portare soluzioni concrete per la città».

Così Beniamino Scarfone, professionista molto noto in città, anche per via di un passato non troppo lontano vissuto sugli scranni di Palazzo San Giorgio, socio dell’Associazione Dante Alighieri e membro del Cda dell’Università per Stranieri, dichiarato decaduto insieme a Ruggero De Medici, ma reintegrato da una sentenza del Tar che non è mai stata rispettata da chi ha presieduto il Consiglio di Amministrazione.

Con lui, ospite di “A tu per tu”, abbiamo provato a decifrare l’attuale situazione vissuta dall’Ateneo reggino partendo da un assunto: «L’onorevole Reale con una politica concreta da non reggino ha regalato alla città un’opportunità di sviluppo importante, un gioiello che purtroppo è stato maltrattato».
Una vicenda complicata quella della Dante Alighieri, segnata da una serie di irregolarità che hanno contribuito a renderla anche grottesca. Proprio Scarfone In un suo recente post sui social ha scritto che “le norme non possono essere piegate a piacimento, ma devono essere rispettate per garantire giustizia e trasparenza”.

«Qui abbiamo due fazioni contrapposte – ha detto Scarfone – il Cda del presidente Aloi e dei professori Romani, definiamoli così, e quello illegittimo di Falcomatà, ma lo vedremo poi nei Tribunali. Qui però non ci interessa questo, io non parlerò dei giudizi che afferiscono ai Tribunali e all’associazione nonostante gli esiti favorevoli che ci hanno dato ragione in ben quattro diversi momenti della giustizia italiana, sia amministrativa che civile, perché questo è importante spiegarlo ai cittadini non salverà l’Università. Noi non dobbiamo aspettare che la giustizia intervenga per salvare l’Università perché la giustizia può andare a censurare un atto penalmente rilevabile o in termini amministrativi e civili ma non risolve. Solo il buon senso e delle idee concrete possono farlo».

Due fazioni che, per Scarfone, «hanno ben poco di interesse reggino, e tanto di interesse romano», e rispetto a queste poi c’è la posizione dell’Associazione, già Comitato Dante Alighieri, che sta dicendo da mesi e lo fa in silenzio senza comunicati stampa e senza recriminazioni che ci vuole buonsenso, un tavolo permanente con tutti i soggetti coinvolti a cercare di trovare soluzioni alternative insieme al Ministero, non ci non deve essere non ci deve essere una questione di parrocchie o di fazioni».
Scarfone ha quindi spiegato perché le strade della federazione o della fusione con l’Università degli studi Mediterranea sono impraticabili, e del perché l’Associazione si è impegnata per evitare il passaggio ad una università telematica.

«Ma io sono portatore di un pezzo, l’Università è qualcosa di più grande rispetto ai dipendenti, rispetto ai professori, agli studenti, perché rappresenta un po’ la città. Bisognerebbe riflettere su qual è il valore economico di una Università come quella per stranieri “Dante Alighieri di Reggio Calabria” che può rilasciare gli stessi titoli che per esempio rilascia la Bocconi. Parliamo di una decina di università che si trovano in queste condizioni. Quindi, su un mercato chiuso dove non possono essere rilasciate nuove università, nuove autorizzazioni, mi domando che valore ha la “Dante Alighieri”? Noi non ci rendiamo conto del valore economico, e quindi su un valore economico così importante non mi meraviglierei se ci fossero tante tante e tante pressioni. Io non riesco a capire perché sindacati, corpi intermedi, associazionismo, non intervengono».

Ormai da tempo il Comitato ha individuato e proposto una via per risalire dal burrone. «Quattro anni fa abbiamo immaginato che servisse una fondazione, perché una fondazione ha tutti quei requisiti per rispettare e depositare bilanci, e avere norme certe che non sono un’associazione non riconosciuta. Quindi avere all’interno una fondazione che blinda di fatto l’Università a Reggio, la sua mission, e che poi può fare anche altri corsi di studio…

All’interno di questa fondazione ci devono essere dei soci sostenitori importanti, perché parliamoci chiaro, non abbiamo l’economia per mantenerci questo lusso, perché quello che non riusciamo a capire è che noi avevamo un gioiello che oggi è dentro il burrone. Io spero che si riesca a superare il burrone, quindi con la fondazione uno strumento per metterci dentro gli enti pubblici e anche i privati che legittimamente possono portare avanti dei progetti economici e produttivi che ci permettono di mantenere questa cosa».