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«Vedo un copione a proposito delle elezioni regionali, sia da una parte che dall’altra, che lascia il tempo che trova. Un déjà vu, è un qualcosa che lascia esterrefatti rispetto alle problematiche che nel tempo si sono affastellate, e in qualche modo sovrapposte, e io noto che da una parte e dall’altra si recita un qualcosa che non convince».
Come di consueto Nuccio Azzarà parla senza filtri e mette da parte il politichese. Lo fa anche da ospite di “A tu per tu”, format che fin qui ha riscosso grande successo, in onda dagli studi de ilreggino.it di Corso Garibaldi, tornati ad ospitare, dopo la pausa estiva, volti noti e meno noti della città.
Il già segretario della Uil reggina, oggi cittadino che ha aderito al progetto del Polo civico lanciato da Eduardo Lamberti Castronuovo in vista delle comunali della prossima primavera, non prenderà parte direttamente alla competizione regionale (così come annunciato dal Polo stesso) ma ha ben chiaro il contesto in cui essa si svolgerà, e per questo Azzarà non rinuncia ad una prima stoccata al centrosinistra, mondo nel quale si riconosce, quando sottolinea che sono dovuti passare quindici giorni per ufficializzare il nome di Pasquale Tridico quale candidato alla presidenza.
«Avrei voluto vedere un minimo di entusiasmo in più al momento dell’accettazione, mentre dall’altra parte avrei desiderato che non ci fosse quello schematismo tattico strategico dovuto alle mosse del cavallo e quant’altro. Io credo che la Calabria sia in una condizione veramente disperata, laddove troviamo i giovani che lasciano per bisogno e per necessità la regione, mentre gli unici che tornano sono quelli che si candidano alle regionali».
In questa tornata elettorale però proprio il Polo civico si è chiamato fuori dalla competizione, il che non significa che non abbia una opinione.
«Più di chiamarsi fuori rispetto all’agone politico, per un movimento che si attesta all’interno di un quadro che è distante e distinto dalle forze politiche o comunque dalle forze partitiche, sarebbe stato anacronistico, sarebbe stato un qualcosa di veramente fuori luogo, che si proiettasse in un campo piuttosto che nell’altro. Io credo che la posizione più giusta, più corretta sia stata quella di dire: il movimento civico si candida ad amministrare la città di Reggio Calabria, in questo momento dà la massima libertà ai componenti del Polo civico, che tra le altre cose appartengono ai più variegati pensieri politici, di attestarsi e di votare come meglio credono».
Ma ti sei mai immaginato a Palazzo Campanella?
«Tra il 2007 e il 2011 quando ero consigliere comunale ho provato anche a candidarmi alle regionali, non sono stato eletto per 60 voti a consigliere, non l’ho mai vissuta questa cosa come una iattura o come un qualcosa di chissà che cosa, io vivo questa dimensione, come ho vissuto per 35 anni il mio impegno sindacale, come una dimensione di impegno, di apertura, essendo cresciuto tra le fila di giovani che sono venuti fuori dall’insegnamento di don Italo Calabrò, di don Ercole Lacava, di grandi sacerdoti, di Monsignor Ferro, ho vissuto sempre questa mia dimensione sociale come un qualcosa che va nell’indirizzo di dare, di donare un sorriso a chi mi circonda, quindi non ha importanza se lo strumento sia quello del consigliere regionale piuttosto che quello di semplice umile cittadino, si può essere utili alla città in tutti i modi».
Reggio sembra di vivere un tempo sospeso proprio per via delle elezioni, ma tu imperterrito, mentre gli altri preparano strategie e colpi ad effetto, continui a posare il tuo occhio sulla città. Ecco come ci arriva Reggio a queste regionali?
«Intanto mi consentirai di dire che io mi trovo anche in una posizione “privilegiata” a fare un po’ le pulci a questa amministrazione di centrosinistra, perché è chiaro a tutti, che il mio cuore, lo dico sempre, batte un po’ più sulla sinistra che sulla destra. La città arriva sicuramente indebolita, secondo me. Indebolita perché intanto la leadership del primo cittadino in qualche modo è stata messa in discussione, perché chiaramente se si fosse accettata la sua candidatura a governatore, sarebbe stato anche un qualcosa di positivo per la città, perché chi più di lui avrebbe avuto un occhio di riguardo nei confronti di Reggio.
Ma ci arriva, la città, in un momento in cui ci sono forti tensioni tra le altre cose, tra le forze politiche, c’è un momento di grande confusione, nel borsino politico ci sono forze politiche che salgono, altre che scendono, c’è molta confusione in giro. Il nuovo stenta ad avanzare, la città è in condizioni che meriterebbe che tutta quella gente che nel tempo ha pensato di mettersi da parte, perché forse indignata da questa politica, da questo modo di fare, da questa approssimazione, di approcciare i bisogni della gente, si riavvicinasse, perché Reggio è come un paziente in condizioni così delicate, che necessita un po’ dell’amore e della vicinanza di tutti».
Quindi come giudichi la discesa in campo di Falcomatà?
«La giudico alla stessa stregua di come nel 2011 giudicai l’abbandono della città da parte di Peppe Scopelliti, che allora si candidò alle regionali come governatore e, praticamente, la consigliatura ebbe una sospensione dopo quattro anni. La vedo come una giusta rivendicazione personale, un percorso, una carriera sua personale, perché capisco pure bene che altrimenti subirebbe uno stop di circa un anno e mezzo, due anni, e nella vita di un politico è un’eternità.
C’è il rischio che lui possa tornare anche a lavorare a Milano. Quindi è un fatto personale. Desidererei forse maggiormente uno slancio di maggiore generosità nei confronti di Reggio, questo sì, ma non tutti hanno queste qualità. In questo momento vedo una politica avvitata su se stessa, fatta di uomini che pensano solo, e non sto parlando chiaramente di Falcomatà, ai propri bisogni personali che alle esigenze della città. Io vedo che la città, invece, ha bisogno di tanta generosità, ha bisogno di tante persone che si spendano senza grandi interessi o ritorni personali».
In questo senso quanto queste elezioni regionali possono influire sulle comunali?
«Io intanto vedo e osservo una cosa: tutte le volte che c’è qualcosa che si innesca in positivo per la città di Reggio Calabria, sembra che nella nostra regione si coalizzino delle forze in maniera tale che tifino contro la nostra città. Ora, due gli elementi importanti sui quali io, da cittadino e da reggino, non posso che esprimere un giudizio positivo. Da una parte l’aumento del traffico aereo, dei passeggeri, di chi arriva a Reggio in maniera agevole e chi da Reggio parte per andare fuori.
Dall’altra parte si è in procinto di un qualcosa che forse potrebbe avvenire che è il ponte sullo Stretto. Io dico che Reggio in questo momento ha bisogno di pacificazione e ha bisogno che tutte le forze sane della città si riuniscano nell’intento di portare un risultato. Invece io noto che la classe dirigente reggina, e quando parlo di classe dirigente non mi fermo solamente a quella politica, ma vado oltre, a quella religiosa, a quella amministrativa, vedo che ci sono dei punti sui quali bisognerebbe essere molto critici.
Io, per esempio, da cattolico, ho scritto tempo fa una lettera aperta Sue Eccellenza l’Arcivescovo dove da cattolico esprimevo con molta sincerità e rispetto quella che era la posizione di un cattolico che non si ritrova praticamente nel modo di fare chiesa. Reggio ha bisogno di una classe dirigente: la sovrintendenza e i responsabili dei vari enti amministrativi siano all’altezza della situazione. D’altronde chi occupa quelle postazioni lo deve fare con onore e disciplina, sono pubblici ufficiali, obbligati a fare il proprio dovere».
Torniamo un attimo alle prossime comunali e al progetto del Polo civico, concetto che dati alla mano non ha mai attecchito in città. Può essere la volta buona questa?
«Effettivamente ha difficoltà ad attecchire perché è una cultura, un modo di pensare, di ragionare, di approcciare la politica in maniera diversa. Ha avuto altre fortune a Messina e in altre città per esempio e si è visto che è una buona esperienza, che può dare tanto alla gente e può essere un volano, quel valore aggiunto di cui si parla tanto. Io ritengo che intanto c’è un dovere verso se stessi e verso gli altri, che è quello di rappresentare una proposta, un’opportunità, un qualcosa di diverso anche per dare uno stop a quelli che si avvicinano alla politica come dei fantasmi.
Cioè c’è gente che risorge non a Pasqua come nostro Signore, ma ogni cinque anni. Io li chiamo i fantasmi della politica che rispolverano la passione e l’amore nei confronti di Reggio e nei confronti della politica ogni cinque anni. Poi prendono sportellate e si dissolvono per riemergere dopo ulteriori cinque anni. Io dico, in maniera molto pacata e serena, che si prospetta un qualcosa di diverso fatto di tante competenze perché nel Polo Civico ci sono tante competenze. Vorrei ricordare uno tra tutti, per esempio, il questore Tonino Romeo, questore Reggino, ma potrei dire la Cittadino, Luigi Tuccio, Demi Arena, lo stesso Antonio Marziale. Gente che appartiene a mondi completamente diversi che però si ritrovano assieme per fornire e dare una possibilità alla città, possibilità di competenza.
Perché quello che manca attualmente è che le forze politiche nel tempo non sono riuscite a costruire quella classe dirigente capace di governare la città. Allora oltre al requisito fondamentale che è la passione e l’amore nei confronti della città, che non basta, c’è bisogno di grande competenza che laddove si parla di amministrazione questa si può coniugare solamente con il termine competenza».