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Si firma «l’ex sindaco (tradito)» e intitola il suo documento politico “Operazione Verità”. Filippo Paino sceglie di parlare ai cittadini dopo il crollo della sua amministrazione, spiegando la sua versione dei fatti in una lunga lettera che intreccia rivendicazioni e accuse. Al centro del testo, il racconto di un tradimento consumato dentro le stanze del Consiglio comunale, con sette consiglieri arrivati a dimettersi in blocco e a determinare lo scioglimento dell’assemblea. Per Paino non è la cronaca di una sconfitta politica, ma il risultato di un patto trasversale che avrebbe unito avversari storici e presunti alleati con un unico obiettivo: farlo cadere.
«Solo chi riconosce di non sapere può imparare davvero», scrive Filippo Paino aprendo il suo documento con un richiamo a Socrate. L’ex sindaco spiega di aver deciso di rivolgersi ai cittadini per un dovere morale: «Non posso tacere di fronte a quanto accaduto, la verità va raccontata».
Nel testo insiste sulla sua idea di trasparenza: «Ho sempre agito alla luce del sole, senza compromessi, prendendo decisioni anche difficili quando l’interesse pubblico lo richiedeva». E ancora: «Non mi sono mai piegato a convenienze personali o di parte, ho scelto ciò che ritenevo giusto per la comunità».
A pesare, sottolinea, è stata l’eredità amministrativa: «Mi è toccato affrontare un fardello che ha reso complicata ogni scelta, ma l’ho fatto con responsabilità». Paino rifiuta l’etichetta della sconfitta e rivendica la sua coerenza: «Non mi considero battuto politicamente, resto fedele a un principio che non tradirò mai: la comunità prima di tutto».
Nel mirino di Paino finiscono i consiglieri dimissionari, accusati di aver agito non per divergenze programmatiche, ma per puro calcolo. «Si è consumato un patto scellerato di scopo – scrive – un’alleanza innaturale tra chi avrebbe dovuto sostenermi e chi era all’opposizione». L’ex sindaco descrive un fronte unito soltanto dall’astio personale e dalla volontà di far cadere l’amministrazione, senza offrire alternative.
I toni sono taglienti: «Sono stati i furbetti del quartierino, interessati solo a distruggere». Più volte ribadisce che la sua uscita di scena non è frutto di una sconfitta elettorale, ma di un tradimento interno: «Non mi hanno battuto nelle urne, mi hanno voltato le spalle nei corridoi del municipio». Un passaggio che consegna alla vicenda la cifra amara di un epilogo consumato lontano dal giudizio popolare.
Uno dei bersagli diretti delle accuse è l’ex sindaco Tommaso Iaria, responsabile – secondo Paino – di aver «consegnato a Condofuri un’eredità devastante. Il dissesto finanziario da lui dichiarato è stato una polpetta avvelenata», afferma, definendo la precedente gestione incapace di affrontare le difficoltà economiche del Comune.
Le parole diventano ancora più dure quando evoca i toni usati da Iaria nel dibattito politico: «La sua dialettica è stata offensiva, priva di rispetto per le persone e per le istituzioni». L’ex primo cittadino lo accusa di rancore personale e lo invita a cambiare registro: «Serve più morigeratezza, i limiti della decenza e della civiltà non vanno superati».
Paino rivendica le scelte compiute durante il suo breve mandato, anche a costo di pagare un prezzo politico. «Ho assunto decisioni difficili, ma sempre nell’interesse della comunità», scrive, sottolineando di aver dovuto spesso supplire personalmente alla guida tecnica del Comune. Racconta mesi di gestione emergenziale: «Per oltre un anno sono stato io il responsabile dell’area tecnica, in attesa di un dirigente che non arrivava».
Non manca un ringraziamento a chi lo ha sostenuto in questa fase: «Altri sindaci hanno messo a disposizione personale per evitare il collasso amministrativo». Tra i risultati, indica l’avvio di cantieri e progetti: «Dal lungomare alla mensa scolastica, dall’asilo nido agli interventi sulla viabilità, nessun finanziamento è andato perduto».
Un bilancio che Paino descrive come frutto di lavoro silenzioso, spesso poco visibile, ma orientato a non disperdere le occasioni di sviluppo per il territorio. «Abbiamo seminato, anche se il tempo è stato breve e il terreno difficile».
L’ex sindaco punta poi il dito contro quello che definisce un clima velenoso, fatto di accuse e di controlli paralleli. «Sono nati comitati improvvisati che si ergono a giudici dell’operato amministrativo», denuncia, liquidandoli come «allenatori da bar» pronti a commentare ogni scelta senza assumersi responsabilità.
Il riferimento è anche al dibattito alimentato sui social: «Ho dovuto assistere a insulti personali e offese gratuite, amplificate da chi cerca visibilità attraverso il discredito». Per Paino si tratta di un modo di intendere la politica che mina la credibilità delle istituzioni e trasforma il confronto in rissa.
«La politica non può ridursi a rancori e a sfoghi virtuali», scrive, convinto che l’ostilità sistematica abbia contribuito ad avvelenare il dibattito pubblico e a rendere impossibile proseguire l’esperienza amministrativa.
Nelle ultime pagine il documento assume un tono più personale. Paino si definisce un amministratore coerente, «mai sceso a compromessi» e sempre pronto a firmare in prima persona le proprie dichiarazioni. «Non mi sono mai nascosto dietro l’anonimato, non ho mai delegato ad altri le mie responsabilità», scrive, sottolineando di aver agito con un solo movente: l’affetto verso la comunità.
C’è spazio anche per la gratitudine: «Ringrazio i cittadini di Condofuri, i candidati della mia lista, chi mi ha sostenuto e persino gli avversari che hanno mantenuto correttezza nei rapporti». Un elenco fitto che comprende dipendenti comunali, fornitori, legali e collaboratori, fino ai nomi di chi lo ha affiancato più da vicino negli ultimi mesi di governo.
Paino affida la chiusura a una citazione di JFK: «Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana». Poi la firma, con un inciso che racchiude il senso dell’intero scritto: «L’ex sindaco (tradito), Filippo Paino».