Un confronto aperto, tecnico e privo di steccati ideologici. È quello avviato dalla Commissione legale del Partito Repubblicano Italiano della provincia di Reggio Calabria, che il 4 dicembre scorso si è riunita per discutere il referendum costituzionale sulla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e, più in generale, sulla separazione delle carriere dei magistrati.

L’obiettivo dell’incontro è stato quello di analizzare in maniera organica ed equilibrata le ragioni del Sì e quelle del No, in vista di un dibattito pubblico rivolto ai cittadini che, nella prossima primavera, saranno chiamati a esprimersi nel referendum confermativo sulla legge di riforma della giustizia.

Nel corso della discussione, l’avvocata Rita Bruzzese ha richiamato i principi del processo penale di tipo accusatorio, sottolineando come l’attuale ordinamento consenta ai magistrati di scegliere nel tempo tra funzione giudicante e requirente. La riforma proposta, nota come riforma Nordio, interviene sull’articolo 104 della Costituzione, specificando che la magistratura è composta da magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente, imponendo una scelta di funzione sin dall’inizio della carriera.

Secondo Bruzzese, tale impostazione potrebbe incidere sul senso di appartenenza a un unico ordine giudiziario e, nel lungo periodo, esporre la magistratura requirente al rischio di un controllo eccessivo da parte del potere esecutivo, con possibili ricadute sull’equilibrio tra i poteri dello Stato teorizzato da Montesquieu. Centrale, in questa prospettiva, resta la domanda sull’effettivo beneficio che la riforma potrebbe produrre per i cittadini.

Di segno diverso l’intervento dell’avvocata Angela Giampaolo, che ha evidenziato come l’attuale assetto non garantisca sempre la piena imparzialità nei confronti dell’imputato. In particolare, ha richiamato la fase cautelare del processo penale, dove spesso si registra un allineamento delle decisioni giudiziarie alle tesi del pubblico ministero.

Secondo Giampaolo, la possibilità di passaggio tra funzioni giudicanti e requirenti può alimentare nell’opinione pubblica il sospetto che il giudice non sia pienamente terzo. Da qui la valutazione favorevole a una separazione più netta delle carriere, pur interrogandosi sull’efficacia delle limitazioni già introdotte dalla riforma Cartabia e sulla reale necessità di un intervento costituzionale.

L’avvocato Antonio Caminiti ha invitato a distinguere tra una possibile sottomissione formale e una sostanziale della magistratura al potere esecutivo, ponendo l’attenzione su un nodo centrale del dibattito: se la riforma sia davvero in grado di evitare l’appiattimento delle decisioni dei giudici per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare sulle richieste dei pubblici ministeri.

A riportare la discussione sul terreno dei principi fondamentali è stato l’avvocato Pietro Origlia, che ha ribadito la necessità di partire dalla Costituzione come base imprescindibile di ogni valutazione, tema che sarà ulteriormente approfondito nei prossimi incontri della Commissione.

Il coordinatore della Commissione, l’avvocato Antonio Cutugno, ha illustrato le dieci principali ragioni a sostegno del Sì promosse dalla campagna “Vota Sì”, tra cui la centralità del giudice terzo, l’equità del processo, il sorteggio dei componenti del CSM per ridurre il correntismo e l’istituzione di un’Alta Corte come ulteriore garanzia di equilibrio.

Al termine della riunione, i legali hanno concordato sulla necessità di proseguire il percorso di approfondimento, sia per informare gli elettori sia per chiarire gli aspetti tecnici più complessi della riforma. È stata quindi decisa la costituzione di due gruppi di studio incaricati di elaborare una sintesi organica da sottoporre al dibattito interno al partito e al confronto pubblico.

A esprimere apprezzamento per il lavoro svolto è stata la segretaria provinciale del PRI Gabriella Andriani, che ha sottolineato il valore del metodo adottato dalla Commissione: confronto, studio e rispetto delle diverse posizioni come esercizio concreto di democrazia, dentro e fuori il partito.