«Dialogo positivo». È il termine con il quale, chi ha assistito al primo incontro tra Giuseppe Falcomatà e i vertici locali e regionali del Partito, descrive il clima che si è respirato ieri. Il braccio di ferro andato in scena nei giorni scorsi sembra già un ricordo, ma la soluzione, benchè ci sia una certa «predisposizione» a cercarla, non è poi così vicina. Non tanto nel risultato ultimo che si vuole ottenere, quanto per i tempi stringenti che costringeranno i protagonisti a trovare una via di uscita che sia dignitosa per tutte le parti in causa.

D’altra parte se il Partito democratico al tavolo mostra di voler tenere il punto – pur declassando la richiesta di azzeramento della giunta a rimodulazione -, vero è che la nota distensiva diffusa dal sindaco Falcomatà nei giorni scorsi ha sorpreso non pochi, ma evidentemente fa parte di una nuova strategia del primo cittadino e consigliere regionale apparso, ieri, anche più a suo agio sugli scranni di Palazzo Campanella. Proprio ai microfoni del nostro network Falcomatà ha benedetto e blindato il progetto di opposizione unita voluto e lanciato dal professore Pasquale Tridico, e in questo senso basti pensare alle dichiarazioni di fuoco che coincisero con la seduta inaugurale dell’Assemblea legislativa che fecero trasparire un Falcomatà sul piede di guerra.

Non per niente la questione è stata attenzionata anche dalla segreteria nazionale che ha assunto con il senatore Alessandro Alfieri il ruolo di arbitro nel tavolo di confronto tra Falcomatà e i vertici dem. È chiaro che tutte le parti in causa siano alla ricerca di copertura politica a livello nazionale, eventualmente anche riposizionandosi nello scacchiere nazionale, anche alla luce degli ultimi risultati elettorali.

Per adesso insomma le parti si stanno annusando e guardando negli occhi. Niente di realmente definito ma solo «indirizzato», consapevoli che ogni cosa equivoca rischia di cambiare il destino della trattativa. Anche una semplice mancata comunicazione. Ieri alla richiesta di notizie rispetto all’incontro con il Pd, ambienti vicini al sindaco Falcomatà con tono disteso avevano annunciato una nota congiunta, proprio per evitare strumentalizzazioni. Una decisione a cui le parti sarebbero addivenute di comune accordo, lasciandosi con l’impegno di non fornire notizie altre all’esterno. Fatto sta che, passato tutto il pomeriggio, la nota congiunta non è arrivata. E probabilmente non arriverà.

Nonostante questo clima di incertezza, tutto fa pensare che cambiamenti ce ne saranno. «Se deve entrare uno, qualcuno deve uscire» ripetono dalla segreteria provinciale. Tutti gli indizi portano a Mary Caracciolo, appena nominata e già a lavoro su deleghe delicate come Cultura e Turismo. Gli ambienti dem d’altronde non hanno nascosto di non aver digerito la decisione di affidare settori così importanti a chi è comunque distante dal partito di maggioranza. Ma a pagare pegno potrebbe essere anche il vicesindaco Paolo Brunetti. E non per mancanze personali. Anzi, il suo ingresso nel partito, sarebbe stato pure salutato con favore, ma ciò potrebbe non bastare per sanare la ferita che Falcomatà ha inferto al suo partito al ritorno dalla sospensione. È forse lì l’imbuto in cui si incontrano e scontrano le ragioni dell’una e dell’altra parte.

Adesso però il tempo sta scadendo. C’è da pensare anche al day after, alle elezioni comunali ormai alle porte e alle scadenze amministrative, compresi i quindici punti all’ordine del giorno del Consiglio comunale. E poi, il Pd deve decidere se vuole competere o candidare il miglior perdente, e la strada intrapresa, anche agli occhi degli elettori, e degli alleati, non sembra dare ancora risposte chiare. Sollevare una crisi del genere, provocando di fatto una paralisi amministrativa negli uffici, insieme all’uscita dall’aula nell’ultimo Consiglio comunale, all’atto di decadenza del sindaco, sono atti politici di una certa portata e rischiano di diventare un boomerang per il Partito democratico che ora non può, in una improbabile caccia alle streghe, cercare un capo espiatorio nello stesso Falcomatà.

Bisognerà rinunciare tutti a qualcosa. Chi all’orgoglio, chi ad una scelta inopportuna, chi ad una posizione intransigente. Ognuno ha le sue colpe e paga le sue debolezze nella gestione di un rapporto, quello tra il sindaco e il Partito democratico, che ha creato troppe tensioni sempre pronte ad esplodere a discapito della città che sullo sfondo agita le sue ragioni, magari non andando neanche a votare.