Negli ultimi dieci anni, la Serie C è stata travolta da esclusioni, fallimenti, ricorsi e riforme mai pienamente attuate. A tenere in piedi la struttura, anno dopo anno, sono stati ripescaggi e riammissioni: strumenti pensati per affrontare situazioni di emergenza, ma ormai diventati la norma. Il problema è che le regole che li governano spesso penalizzano proprio le piazze più organizzate, favorendo invece progetti improvvisati o figli di logiche federali. Il paradosso più evidente? Le seconde squadre di Serie A scavalcano tutti, mentre realtà storiche restano appese a un algoritmo.

Ogni estate, la Serie C smette temporaneamente di essere un campionato e si trasforma in una procedura amministrativa: è il momento delle esclusioni per irregolarità, delle fideiussioni non presentate, dei ricorsi al TAR e delle graduatorie per riammissioni e ripescaggi. Chi conosce questa realtà sa bene che non sempre vengono premiati i meriti sportivi, il pubblico, la storia o un progetto solido. Il sistema non valorizza chi lavora bene, ma colma i vuoti lasciati da chi crolla lungo il cammino.

Le riammissioni riguardano principalmente le squadre retrocesse dalla Serie C che possono essere “salvate” in caso di esclusioni o fallimenti di altre società. Succede, ad esempio, quando una squadra dichiara fallimento o non presenta la domanda di iscrizione al campionato. In questi casi, la FIGC, con il supporto della COVISOC (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio, che controlla i bilanci), decide di riammettere una delle retrocesse, privilegiando quelle con migliori risultati sportivi e una situazione economica e gestionale più solida.

I ripescaggi riguardano l’ammissione in Serie C di squadre provenienti dalla Serie D. Nel caso in cui una società che si è iscritta entro il 6 giugno venga giudicata non idonea, a seguito delle verifiche della Covisoc e delle decisioni degli organi sportivi, il suo posto viene assegnato a una squadra presente nella graduatoria dei ripescaggi. Tra queste vi sono, in particolare, le squadre vincitrici dei playoff di serie D o quelle con la migliore posizione in una classifica dedicata, che da qualche anno include anche le seconde squadre delle società di Serie A (che hanno la priorità). Tale graduatoria tiene conto sia di criteri tecnici sia di requisiti amministrativi ed entra in gioco quando, dopo il controllo delle iscrizioni, un club viene escluso per irregolarità certificate. Così, il posto rimasto vacante può essere assegnato tramite il ripescaggio.

Il 6 giugno rappresenta una scadenza fondamentale nel calendario federale: entro questo giorno tutte le società devono presentare la documentazione per l’iscrizione alla Serie C, compresa la fideiussione. La COVISOC verifica la regolarità economico-finanziaria e segnala eventuali esclusioni. Solo dopo questa data si ha un quadro definitivo delle società ammesse, delle esclusioni e si avviano le procedure di riammissione e ripescaggio per completare la composizione dei gironi.

Dal 2018 si è aggiunta una nuova variabile: le seconde squadre di Serie A, ammesse direttamente in Serie C senza passare dalla D. Dal debutto della Juventus U23, sono arrivate Atalanta U23, Milan Futuro e, nel 2025, anche Inter U23. Queste squadre godono di criteri ad hoc e una corsia preferenziale, una scelta molto dibattuta perché sembra penalizzare i club virtuosi ma politicamente meno forti.

La graduatoria dei ripescaggi 2025, appena pubblicata, è la seguente:

1. Inter U23

2. Ravenna

3. Pro Patria

4. Milan Futuro

5. Reggina

Questa classifica mescola piazze storiche e progetti sperimentali, sollevando dubbi su trasparenza e merito. Spesso, mentre città con impianti a norma, conti in ordine e tifoserie numerose vengono scavalcate, il sistema premia chi risponde meglio ai requisiti formali, senza necessariamente rappresentare il calcio popolare e i territori.

Negli ultimi dieci anni la Serie C ha perso pezzi importanti: club storici come Reggina, Bari, Catania, Palermo, Siena, Livorno sono spariti o falliti. Alcuni sono ripartiti dalle serie inferiori, altri no. Al contrario, molte società sono state riammesse o ripescate in un contesto di battaglie legali, ricorsi e deroghe. Il caso più emblematico resta la stagione 2018/19, con una Serie B a 19 squadre e una Serie C nel caos, tra tribunali sportivi invasi da ricorsi infiniti.

Da allora, ogni estate è diventata una roulette, dove non basta vincere sul campo per guadagnare un posto tra i professionisti. Tra fideiussioni, scadenze e interpretazioni regolamentari, la Serie C è diventata un campionato in balia di un’incertezza sistemica, che penalizza chi lavora con rigore e investe nella comunità. Il risultato è un sistema che premia la compatibilità con criteri variabili, a scapito del merito sportivo e della storia. Così, ogni estate, quello che dovrebbe essere il campionato più romantico d’Italia si trasforma in un rebus da decifrare, spesso a danno di chi, davvero, lo meriterebbe.