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Seminara è terra di ceramica da sempre. Un’arte antica che risale addirittura al 500 coi famosi “pignatari” dalle cui mani sapienti hanno preso forma maschere, babbaluti, quartarelle e tanti innumerevoli manufatti dalle forme eccentriche, dai colori accesi e dal significato simbolico, dedicate ai miti greci, satiriche contro i feudatari e i signorotti locali o con la funzione di tenere lontano il male. A portare alto il nome della ceramica di Seminara in tutto il mondo con quelle che furono definite vere e proprie opere d’arte, fu Paolo Condurso, il ceramista apprezzato persino da Pablo Picasso la cui opera oggi, a quasi 9 anni dalla sua scomparsa, è portata avanti dal figlio Gennarino nella storica bottega in corso Barlaam a Seminara.
Un bambino prodigio
Paolo Condurso si può definire un bambino prodigio venuto su a “pane e argilla”. «A sei anni prese un ‘bombolo’ su cui suo padre stava lavorando, ne staccò un manico e plasmò una specie di faccia, da lì è nata la famosa testa greca» racconta Gennarino. Poi all’età di 10 anni, «si recò dall’altro lato della strada dove c’era mio zio che lavorava la ceramica e gli chiese come si faceva un portacandela. Lui gli spiegò come fare nel tornio di suo padre. Ma mio padre, furbo, uscì dalla bottega e andò sul solaio dello zio lo guardò fare, se ne andò nel laboratorio e realizzò il suo portacandele». A quel punto, racconta l’aneddoto Gennarino Condurso, mentre la mamma di Paolo e la zia si accapigliavano su chi aveva realizzato il portacandele, «mio padre incontrò per strada un uomo che gli chiese cosa stesse succedendo. Lui gli raccontò che stava scappando sennò gli prendevano il lavoro che aveva realizzato e gli narrò tutta la storia. Quell’uomo era un giornalista e nel 1948 uscì un articolo su una rivista dove si parlava di questo piccolo maestro che lavorava la ceramica a Seminara».
«La mia famiglia proviene da una generazione di ceramisti, un’opera di un nostro antenato si trova al museo di Rende e risale al ‘500, ma mio padre è nato con il dono particolare di lavorare la ceramica» spiega ancora Gennarino. «Era analfabeta perché ai suoi tempi non poteva andare a scuola, era il fratello più grande e doveva mantenere la famiglia, eppure giovanissimo negli anni ’40 riuscì a capire che la plastica stava prendendo il sopravvento sull’argilla e iniziò a trasformare gli utensili di uso comune in opere d’arte. O ce l’hai nel sangue, nel Dna o niente. Era un artista in tutto e per tutto – continua Gennarino Condurso – poteva essere miliardario ma pur girando il mondo e ottenendo riconoscimenti è sempre tornato a Seminara».
L’incontro con Picasso
«Mio padre aveva 16 anni quando prese 4 opere di ceramica da lui realizzate e munito solo del suo talento, della gioventù e della voglia di girare il mondo decise di andarsene da Seminara. Si mise su un treno diretto in Francia ma arrivato a Ventimiglia si fermò. E lì, al confine, in una piazza, mentre stava realizzando una colomba con l’argilla, passò un signore che lo guardò fare e gli chiese “Ragazzo da dove vieni?” Lui rispose “Sono calabrese” e il signore gli disse “Calabrese tu hai le mani d’oro”. Quindi acquistò tutte le opere di mio padre che gli regalò anche la colomba che aveva appena realizzato. L’uomo gli donò in cambio quattro disegni che portava sotto braccio che mio padre diede a tre ragazze che avevano assistito alla scena. Quell’uomo era Pablo Picasso – racconta Gennarino – ma – Mio padre lo scoprì solo successivamente e mia madre gli ha sempre rimproverato di aver regalato i suoi disegni».
Una delle opere acquistate da Picasso, il “babbaluto” si trova oggi al museo di Antibes insieme a quello realizzato dallo stesso gigante della pittura che negli ultimi anni di vita si dedicò alla ceramica. Di recente, rivela Condurso, «è stata venduta la casa di Picasso alle Canarie dove c’era anche la maschera che acquistò da mio padre e che è stata acquistata da un signore per oltre 200mila euro».
La carriera
L’incontro con Picasso segnò l’inizio di una grande carriera che ha portato Paolo Condurso in tutto il mondo, in contatto con i più grandi artisti, in eventi alla presenza di personaggi conosciuti a livello internazionali, a trionfare in concorsi e a portare il suo nome e le sue opere nelle gallerie e nei musei italiani e stranieri.
Fu premiato dal presidente Pertini con il titolo di “Principe della ceramica”, Cossiga e Andreotti gli conferirono il riconoscimento di “Cavaliere”, Scalfaro e Prodi lo nominarono “Grande ufficiale”, Giorgio Napolitano gli conferì la carica di “Commendatore” e Sgarbi il premio alla carriera.
«Viaggiava molto perché la sua presenza veniva richiesta dappertutto, sia da solo che tramite l’Azienda di soggiorno e turismo di Reggio Calabria, ma tornava sempre a Seminara» spiega ancora Gennarino. «Mio padre era un tipo umile non pensava ai titoli che aveva, è rimasto coi piedi per terra fino agli ultimi istanti della sua vita. Mi diceva sempre “Gennarino, ricordati, che basta che hai un pezzo di pane oggi e un bicchiere d’acqua, per domani lavori e provvederai a farti un altro po’ di pane».
Le opere
Tra le opere più note di Paolo Condurso, le famose maschere coi loro volti grotteschi, provocatori e beffardi, dalle forme e i colori vivaci, simbolo per eccellenza della ceramica del borgo reggino. Ma anche “bumbule”, recipienti per la raccolta dell’acqua a forma di mostro autentici gioielli ispirati all’arte greco-bizantina e al mito, le celebri “teste greche” e il “Totem” di oltre un metro “opera che mio padre regalò al comune di Seminara che raffigura un volto di donna, un volto di uomo e in mezzo i contadini che rappresentano la terra”, oggi conservato al Museo delle Ceramiche di Calabria a Seminara.
E poi i “babbaluti”, bottiglie antropomorfe dall’aspetto demoniaco o grottesco, che a volte erano dedicateal signorotto di turno, con un velo di sottile autoironia, dette anche “Picassine”, per via dell’opera che Picasso acquistò da Condurso.
La bottega oggi
La bottega in corso Barlaam è sempre quella del cavaliere, oggi seguita dal figlio Gennarino custode dell’opera del padre e autentico figlio d’arte. Spiccano alle pareti le foto antiche, i premi e riconoscimenti che narrano la storia di Paolo Condurso e i pezzi importanti della sua produzione, comprese le famose “Picassine” ma oggi la bottega è colma anche delle opere di Gennarino che ripropongono la tradizione e, insieme, l’innovazione, trasmessa di generazione in generazione, al suo allievo, il nipote Eros.
Gennarino Condurso, infatti, porta avanti a testa alta la continuità nella lavorazione dell’argilla, custodendo la memoria dell’arte antica dei pignatari, ma unendo alla tradizione il suo estro creativo.
Così nella bottega nascono, ancora oggi, i famosi babbaluti, le brocche, le maschere “scacciamalocchio” ma anche creazioni originali come il grande mascherone che raffigura 5 facce dedicato alle Cinque Teste, antico e noto resort di Venezia, le 120 mattonelle raffiguranti la storia di Picasso e Paolo Condurso destinate ad un muro dedicato a Picasso a Venezia, o ancora le teste ispirate al mito di Medusa cui sta lavorando proprio in questi giorni.
Testimoni dell’antica arte di una Seminara di cui va orgoglioso ma che «ormai oggi – ci dice amareggiato – è svuotata spesso di autenticità per colpa della produzione di massa», di gente che ha ceduto alle lusinghe del progresso, «venditori ambulanti» e non maestri ceramisti come li classifica egli stesso «che vendono gadget importati spacciandoli per autentica ceramica di Seminara». Per lui, la lavorazione dell’argilla è cosa sacra e con questa convinzione porta avanti la tradizione mista al suo tocco di originalità, in memoria del padre e per amore dell’antica e nobile arte della ceramica.

