Giornata della Memoria, Bianca Ripepi: Giusta tra le nazioni nata a Reggio – FOTO
Con suo marito Girolamo Sotgiu salvò una bimba ebrea dalla deportazione riconoscendola come sua figlia. Ha vissuto in Sardegna dove la sua memoria è più viva. In Calabria la sua figura è da scoprire. Quest’anno l’Archivio di Stato espone alcuni suoi documenti. Presto una iniziativa nel quartiere Ferrovieri Pescatori dove ha vissuto da giovane

Tra le 766 persone di nazionalità italiana riconosciute dallo Yad Vashem, l’ente nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme, Giuste tra le nazioni c’è anche Bianca Ripepi Sotgiu, reggina di origine e sarda di adozione, maestra, scrittrice, insegnante, fondatrice dell’Unione Donne Italiane. Nata a Reggio Calabria nel 1922, è morta a Cagliari nel 2005.
Nel periodo buio della Seconda Guerra Mondiale e della persecuzione degli ebrei che venne perpetrata anche in Italia, Bianca e suo marito Girolamo seppero vivere con grande coraggio e secondo coscienza, aiutando, anche a rischio della loro libertà e della loro vita, gli ebrei perseguitati.
Il coraggio e la coscienza
«In quel periodo, ebbero in affiliazione una bambina ebrea, Lina Amato (figlia di Alberto Amato e Renata Cori), salvandola così dai nazifascisti. Nell’agosto 1943 Girolamo fu prelevato dalla Gestapo ma fu in ottobre rilasciato grazie anche al coraggio di Bianca. Dopo l’8 settembre: i nazisti occuparono l’isola. Bianca mandò avanti la famiglia fra mille difficoltà senza mai perdersi d’animo.
Nel luglio del 1944 i nazisti radunarono gli ebrei nell’ex caserma dell’aeronautica italiana, e lei, con una figlia piccola e incinta della seconda, pedalò 10 chilometri per avvertire il console turco Selahattin Ulkumen dell’imminente deportazione degli ebrei di Rodi e il console si attivò salvando 42 ebrei con cittadinanza turca. Anche se sorvegliati, Bianca e il marito continuarono ad aiutare gli ebrei. Entrarono, con uno stratagemma, nella caserma dove erano prigionieri gli ebrei, portando loro cibo e conforto. Bianca rischiò di restare prigioniera». Così riferisce lo scrittore Tonino Nocera che ha curato la scheda biografica nel dizionario della Calabria Contemporanea dell’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea (Icsaic).
La scoperta tra le pagine dell’autobiografia
Lina Amato Kantor, accolta in casa quando Bianca e Girolamo si trovavano a Rodi e quando lei era una bambina, non ricordava la loro identità. Leggendo l’autobiografia di Bianca Ripepi Sotgiu “Da Rodi a Tavolara. Per una piccola bandiera rossa” pubblicato nel 2002, Lina, che dopo la guerra si era trasferita con i genitori prima in Rhodesia e poi in Sud Africa. si riconobbe in quella bambina di cui raccontava Bianca nel suo libro. Ciò purtroppo avvenne quando già Bianca e Girolamo erano morti. Grazie alla sua testimonianza, però, nel 2015 lo Yad Vashem nominò Girolamo e Bianca “Giusti tra le Nazioni”.
La dimenticanza della Calabria e i primi segnali di memoria
La Sardegna, dove Bianca ha vissuto, conserva e tramanda la memoria di questa donna volitiva e coraggiosa. La Calabria invece deve scoprirla. La sua autobiografia non è reperibile in alcuna biblioteca calabrese. Segno di questa dimenticanza da trasformare in memoria. A Reggio Calabria si compiono i primi passi. Prossimamente il comitato di quartiere Ferrovieri Pescatori, dove Bianca ha vissuto promuoverà una iniziativa in sua memoria. Lo farà collaborazione con il liceo artistico Preti – Frangipane con cui ha sottoscritto un protocollo di intesa l’anno scorso.
Sarà allestita un’aula all’aperto nella quale sarà messo a dimora un carrubo. Uno spazio aggregativo esterno, che in futuro si vorrebbe aprire alla cittadinanza, dove coltivare la memoria, l’arte e la bellezza. Le sedute saranno progettate e realizzate dagli allievi nella sezione Design del legno e dell’Arredamento del liceo. I muri circostanti saranno decorati con murales ispirati alla vita di Bianca Ripepi, alla storia buia che ha sfidato con le sue azioni in difesa degli ebrei. I murales saranno ideati e realizzati dagli allievi di Arti figurative e Scultura.
La commissione Toponomastica del comune di Reggio ha intestato una via a Bianca Ripepi nei pressi del dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea, nel quartiere di Vito Inferiore. Strada che però non è mai stata inaugurata con una targa e che dunque è rimasta anonima.
Spazi di memoria
Intanto l’Archivio di Stato espone alcuni documenti, tra i quali anche l’atto di nascita di Bianca Ripepi e non solo. «Le leggi razziali sono state ovviamente vigenti anche a Reggio Calabria. Abbiamo voluto esporre le Gazzette ufficiali dell’epoca per dare il nostro contributo alla Giornata della Memoria. Vogliamo così raccontare attraverso documenti e foto il clima ostile che anche nel reggino le disposizioni del regime avevano generato verso la comunità ebraica, presente a Reggio già da secoli. Qui celebrava la sua tradizione festa della capanna e abbiamo documenti che attestano l’acquisto di cedri per l’occasione. Molti ebrei reggini erano commercianti. Ci sono documenti in cui, durante la vigenza delle leggi razziali, commercianti cedevano i beni alla moglie non ebrea per sottrarli alla confisca». È quanto spiega Angela Puleio, direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria.
Bianca Ripepi e Gaetano Marrari
«Non solo il buio della persecuzione nella nostra storia e nei nostri documenti. Spazio anche alle pagine di luce come quella della storia di Bianca Ripepi, nata a Reggio nel 1922. Si era diplomatasi all’istituto magistrale Gullì nell’anno scolastico 1939-1940 e poi aveva vissuto in Sardegna. Lei è Giusta tra le Nazioni – prosegue Angela Puleio, direttrice dell’Archivio di Stato reggino – per avere salvato con suo marito Girolamo una bimba ebrea registrandola come loro figlia.
Poi c’è la storia di Gaetano Marrari, nato nel 1891 a Reggio Calabria dove poi ha vissuto con la sua famiglia. Comandante del campo di internamento Ferramonti di Tarsia durante la Seconda Guerra mondiale, il campo di internamento fascista più grande del regime, seppe guidare assolvere al compito con grande umanità e rispetto della dignità.
Esponiamo il loro atto di nascita, i registri dell’istituto Gullì in cui figurano alcune pagelle e la consegna del diploma, abilitazione magistrale di Bianca Ripepi e il ruolo matricolare di Gaetano Marrari. Lunedì 12 febbraio qui in archivio avrà luogo un incontro in cui parleremo anche di queste due figure.
Il nostro contributo alla memoria diverrà permanente anche sulla significativa scalinata monumentale di via Giudecca, qui a Reggio, dove abbiamo collaborato per l’iniziativa odierna con l’omonima comunità patrimoniale che coinvolge le scuole. Lasceremo dei pannelli con la riproduzione dei documenti più significativi per legare quel luogo alla sua storia». Così conclude la direttrice dell’Archivio di Stato reggino, Angela Puleio.
La giornata della Memoria
Oggi si ricordano le vittime della Shoah, il genocidio degli ebrei messo in atto da Adolf Hitler che, come l’etimologia suggerisce, sterminò tra i 15 e i 17 milioni di persone di ogni età, tra cui 6 milioni di ebrei. Furono condannati alla persecuzione e alla morte non solo dissidenti ma anche omosessuali, rom, sinti, persone non abili e quindi disonorevoli per l’onnipotente razza ariana. L’Italia nel 2000 ha istituito la Giornata della Memoria per non dimenticare. Il 27 gennaio 1945 fu il giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
La vita di Bianca
Nata a Reggio Calabria il 6 marzo 1922. Ha perso il padre Antonino, ferroviere socialista reggino, quando aveva 7 anni. Sua madre si chiamava Concetta Cannata ed era catanese. Bianca Ripepi aveva due sorelle ed ebbe un’infanzia itinerante in Calabria. A dodici anni tornò a Reggio e visse in una casa del Rione Ferrovieri. Si diplomò nel 1940 all’Istituto Magistrale “Tommaso Gullì”.
Era una sportiva ed ebbe le sue prime esperienze lavorative in un ufficio privato e poi come istitutrice in un collegio dell’Opera di previdenza dei ferrovieri di cui però non condivideva la sudditanza alla Germania di Hitler. Lasciò il collegio e nel 1940, con l’Italia già in guerra, si trasferì nel Dodecaneso, a Leros da un parente. Qui, per un anno, dovette lavorare anche nella sede del fascio. Non era il contesto in cui avrebbe voluto trovarsi. Così appena fu bandito un concorso per insegnanti si mise a studiare per vincerlo. Fu aiutata a prepararsi dal professore Girolamo Sotgiu, di famiglia antifascista gallurese espulso dall’insegnamento e dedito a lezioni private. Vinse il concorso ed ebbe una prima elementare a Rodi, come prima assegnazione.
Bianca e Girolamo
Proprio a Rodi, Bianca ritrovò Girolamo per non lasciarlo più. Si sposarono nel 1943 ed ebbero tre figli, Maria Federica, Antonello e Donatella. «Entrambi antifascisti cercarono di aiutare in tutti i modi ebrei e greci che erano diventati bersaglio dei provvedimenti del regime. Con le leggi razziali i bambini ebrei di Rodi furono espulsi dalle scuole pubbliche e Girolamo li aiutò negli studi e aiutò i giovani greci a tener vive le loro radici culturali con rappresentazioni teatrali e concorsi di poesia», racconta ancora Tonino Nocera. Questo fu il periodo in cui accolsero in casa la piccola Lina, salvandola dalla deportazione. Si esponevano molto per aiutare chi rischiava la deportazione.
«In seguito, Entrata in contatto con i commandos inglesi, la coppia riuscì a lasciare Rodi riparando in Turchia e rientrando nell’isola solo nell’agosto 1945. L’11 settembre il marito fu rimpatriato in Italia coattivamente. Le lo raggiunse nel gennaio 1946. Stabilitisi inizialmente a Roma, si trasferirono in Sardegna dove Girolamo iniziò un’intensa attività politica nelle file del Partito Comunista. Divenne segretario della Federazione di Sassari, consigliere regionale e nel 1968 quindi senatore. Anche per Bianca che nel 1945 s’era iscritta al Pci iniziava una stagione di lotta e di lavoro politico, senza tuttavia tralasciare l’insegnamento. Fu tra i dirigenti dell’Unione Donne Sarde, sulla scia dell’Udi (Unione Donne Italiane). Nel 1946 fu accanto a Palmiro Togliatti in occasione della commemorazione di Gramsci a Cagliari.
Partecipò alle battaglie per la terra e fu arrestata nel 1951 a Bonu trascorrendo un mese nelle carceri di Nuoro. Sospesa all’insegnamento, rimase senza stipendio per due anni, prima di tornare nella scuola. Quando il marito fu chiamato a far parte della Commissione Cultura del Partito Comunista, anche lei nel 1955 si trasferì a Roma e svolse attività di partito nella zona di Mentana. Dopo una parentesi a Roma tornarono in Sardegna», racconta infine Tonino Nocera.
Girolamo morì nel 1996 e Bianca nel 2005. Sull’amata isola di Tavolara, luogo di incantate vacanze, sono sepolti entrambi, di fronte al mare.
Foto a corredo dell’articolo pubblicate su concessione dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria n. 1 del 2024