Naufragio migranti, il caos (dis) informativo e quelle domande ancora senza risposte
Le precisazioni di Guardia Costiera e Prefettura sulla tragedia nel Mediterraneo fanno poca chiarezza e lasciano diversi interrogativi

Per la Guardia Costiera sono 35, per la Prefettura 30. Il caos (dis) informativo sui corpi delle vittime del tragico naufragio di migranti avvenuto lunedì scorso al largo delle coste calabresi è proseguito anche nella giornata di ieri. Dopo una settimana di silenzio verso i mezzi di informazione, sono arrivate precisazioni istituzionali che tuttavia non hanno contribuito a fare chiarezza sulla tragedia consumata nelle acque del Mediterraneo una settimana fa.
Ma andiamo con ordine. Poco prima delle 19 di ieri la Guardia Costiera affida all’Ansa la sua ricostruzione sulle operazioni di soccorso, fissando a 35 il numero delle vittime accertate e sostenendo che la segnalazione da parte di Alarm Phone sia stata ricevuta il 16 giugno. Precisando tuttavia un aspetto: «La segnalazione parlava di 67 persone a bordo – si legge – di cui 20 bambini, indicando come ultimo contatto la data del 13 giugno. Indicata anche una posizione della barca, riferita sempre al 13 giugno». Quindi, come abbiamo anticipato nel pezzo di lunedì, i sistemi informatici di navigazione erano a conoscenza di una barca a vela tre giorni prima del disastro, avvenuto il 16. La domanda è sempre quella: «Perché nessuno per tre giorni si è messo alla ricerca della barca a vela affondata?». E poi ancora: perché un comunicato datato 17 giugno, in cui si dava conto dei primi sei cadaveri recuperati, è stato inviato alla stampa soltanto due giorni dopo? Che fine hanno fatto gli aggiornamenti quotidiani annunciati nell’unico video informativo sul caso diffuso sui social mercoledì scorso? Perchè far pagare il bollo ai giornalisti che entrano al Porto?
Qualche minuto dopo il lancio di agenzia, alle redazioni dei giornali arriva una nota della Prefettura di Reggio, che abbassa a 30 il numero dei cadaveri recuperati. L’organo del Ministero dell’Interno precisa inoltre che «Le scelte dei luoghi di sbarco è dipesa esclusivamente da valutazioni tecniche legate alla tipologia delle imbarcazioni coinvolte, mentre gli orari sono connessi alle tempistiche delle attività di ricerca in mare». Prendendo per buono quanto dichiarato da Piazza Italia, chiedere è lecito, rispondere è cortesia: che fine hanno fatto cinque cadaveri? Perché le informazioni sui porti di approdo delle salme e relativi orari di arrivo non sono state fornite alla stampa per tempo? Ad oggi, di grazia, è possibile avere un dato oggettivo sui cadaveri recuperati, sapere dove si trovano e dove saranno seppelliti?
Le “complesse e delicate” indagini in corso non giustificano informazioni rese note soltanto una settimana dopo la tragedia. Più che precisazioni sembrano maldestri tentativi di rimediare ad una figuraccia comunicativa, messa a nudo da giornalisti percepiti come ostili. Quando si dice che la pezza è peggio del buco.