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23 ottobre 1989, a Locri l’agguato mortale a Peppe Tizian. Il figlio Giovanni: «Vive nelle avventure in barca a vela che racconto ai miei figli»

Il funzionario bancario con la passione per la navigazione di Bovalino fu freddato una sera dell'autunno di 35 anni fa. Un delitto rimasto impunito. «Mio padre vivo anche nel mare di Calabria di cui non possiamo fare a meno»

23 ottobre 1989, a Locri l’agguato mortale a Peppe Tizian. Il figlio Giovanni: «Vive nelle avventure in barca a vela che racconto ai miei figli»

(Giuseppe Tizian con il figlioletto Giovanni – foto da Vivi, sito Libera Memoria) – «Mio padre non c’è più. È difficile affermare che possa avere vinto. Se, tuttavia, il suo ricordo resterà vivo, continuando ad essere custodito e tramandato come un’ispirazione, un esempio di valori di resistenza civile, certamente non sarà stato sconfitto». Giovanni è oggi un giornalista di inchiesta che vive e opera a Roma. Suo padre, Peppe Tizian, funzionario bancario, fu ucciso in un agguato a Locri, nel reggino, il 23 ottobre 1989 da persone ancora oggi ignote. Pagò, come fosse una colpa, il fatto di essere un uomo perbene e un lavoratore serio. Poco dopo la tragedia, con la mamma Mara, la sorella Francesca, lasciò la Calabria per ricominciare in Emilia Romagna.

Una persona comune, un “coraggio pericoloso”

«Una persona comune che ha semplicemente lavorato per dare un futuro ai suoi figli e nel farlo onestà e integrità, unico modo per lui possibile e naturale, si è evidentemente ritrovato a opporsi a logiche criminali e contrarie ai suoi principi. Non ha ceduto a ricatti e intimidazioni e la sua resta una vita che incarna valori essenziali che non mi stanco di testimoniare per i miei figli e per tutti coloro, non solo giovani, che non dimenticano. Ecco chi era mio padre, Peppe Tizian».

Giovanni lo ricorda così, senza fronzoli e orpelli. Quando si perde il papà mentre si è ancora un bambino, quando solo da adulto si comprende cosa sia accaduto, scegliendo poi di studiare per continuare a capire e a cercare, resta sempre forte l’urgenza di raccontare con semplicità e verità una storia a lungo dimenticata. Rimane ferma la volontà di richiamare del padre quelle qualità di integrità e incorruttibilità che in una realtà sana e libera dalla ‘ndrangheta griderebbero normalità. Qualità divenute segno di un coraggio scomodo e pericoloso.

Lo ricorda con grande tenerezza perché oggi Peppe Tizian sarebbe stato nonno. Un’assenza alla quale Giovanni non si è arreso. Una mancanza alla quale non si rassegna. Per questo del padre parla costantemente ai suoi bambini. I ricordi non sono molti perché i sette anni che Giovanni aveva erano davvero pochi. Così viene in soccorso l’immaginazione alimentata dalla storia di un papà con mille passioni.

«A Bovalino e in Calabria le nostre radici»

«Ero solo un bambino quando mio padre è stato ucciso. Oggi con orgoglio ed emozione tengo a dire che lui vive per me nei racconti che stanno accompagnando la crescita dei miei figli, Giuseppe e la sorellina. Giuseppe del nonno porta il nome ma conosce anche il mare Ionio davanti al quale io e mia sorella siamo nati e cresciuti, dove ogni estate con mia moglie Laura e la sorellina torna sempre.

Quella casa sul mare a Bovalino è per la nostra famiglia una parte di cuore e di radici ancora pulsante che voglio che loro conoscano e riconoscano come tale. I loro affetti sono solo in Emilia dove c’è mia madre e in Sicilia dai miei suoceri. Ma sono anche in Calabria dove “resta” nonno Giuseppe e dove c’è il mare che loro adorano perché è per loro quello in cui “non si tocca” e dove possono nuotare. Tengo molto – sottolinea Giovanni Tizian – al fatto che non perdano questo tassello della loro identità. Il mio legame con la Calabria e con Bovalino è, dunque, viscerale. Quei luoghi e quei profumi ci mancano se manchiamo un anno».

Le storie e le avventure che avrebbe vissuto

«Mio figlio Giuseppe e la sorellina conoscono il nonno anche attraverso le tante avventure che mi piace raccontare. Affidandoci all’immaginazione e alla suggestione, inventiamo storie, pensando alle grandi passioni che aveva mio papà. Era un velista piuttosto spericolato e un appassionato di immersioni. Così, condendoli con un pò di fantasia, metto insieme quei pochi ricordi che ho e li consegno ai suoi nipoti. In quelle storie, in quelle avventure che forse avrebbe vissuto ancora, viaggiamo e lo ritroviamo, sempre. È il nostro modo di tenerlo in vita nella nostra di vita e per me – racconta Giovanni Tizian – il modo migliore, intenso e irrinunciabile di alimentare, condividere e così custodire il suo prezioso ricordo».

La storia di Giuseppe Tizian

Originario di Bovalino, comune sulla costa ionica di Reggio Calabria, Peppe Tizian (classe 1953) era un valente funzionario del Monte dei Paschi di Siena di Locri. All’età di 36 anni fu freddato a colpi di arma da fuoco sulla ss 106 all’altezza dell’area archeologica di Locri Epizefiri. Era la sera del 23 ottobre 1989. Una sera d’autunno di 35 anni in cui la vita di Mara e dei suoi bambini, Giovanni e Francesca, fu sconvolta per sempre. Un delitto rimasto avvolto nel mistero, segnato, come purtroppo tanti altri in cui sia stata spezzata la vita di vittime innocenti, da verità e giustizia negate.

Una tensione irriducibile verso la verità

«Una ferita che non si rimargina e che, complice l’assenza di giustizia e verità, con il passare degli anni fa ancora più male. Diventare padre ha certamente accentuato quella mancanza. La memoria diventa essenziale, non solo quella familiare ma anche quella collettiva. Quella di mio padre è stata una forma resistenza civile che con la memoria arriva ai giorni nostri grazie a chi continua a raccontarla. Anche nel mio lavoro e nella mia passione per il giornalismo, esercito la memoria. Lo faccio tentando di raccontare ciò che c’è dietro le narrazioni ufficiali, spinto da quella tensione verso la verità che non mi abbandona mai». 

Peppe Tizian, il rigore del lavoro e una vita di passioni

«(…) Peppe era ben inserito nel mondo bancario della zona, tutti lo conoscevano. Aveva lavorato un pò ovunque. Dal 1980 era stato nella filiale Mps di Ardore Marina, fino al 1983. Poi il passaggio alla capogruppo, l’agenzia di Reggio, prima del trasferimento a Locri. Era stato anche a Bovalino, una filiale che conosceva bene da tempo, perché li lavorava il padre Giovanni (morto nel ’77, originario del Veneto e trapiantato nella Locride, dove aveva sposato Serafina Gelonese). (…) Tizian aveva tante passioni, e le condivideva coi colleghi.

Le galoppate al maneggio di Merici (l’ultima volta il sabato 21) insieme a Staderini, le sfide a calcio al Garden o al campo sportivo di Locri, le coppe europee di calcio da seguire in compagnia. Era un grande amore quello di Peppe per la navigazione. Prima dell’estate si era messo in forma, frequentando la palestra Athlon di Locri, per godersi fino in fondo l’avventura. Sognava di fondare un circolo velico, una vera e propria scuola di navigazione. E per farlo si stava preparando all’esame per l’abilitazione al comando delle imbarcazioni da diporto. Una macabra coincidenza: come risulta dagli appunti di Peppe, a condurre la prova sarebbe stato probabilmente il capitano di vascello della Capitaneria di porto di Reggio Natale De Grazia, morto in circostanze misteriose il 13 dicembre del ’95».

Nel diario della memoria “Dimenticati” che Danilo Chirico e Alessio Magro ci hanno consegnato nel 2012, tra le centinaia di storie di vittime innocenti, ricostruita in dettaglio anche la vita, unitamente all’agguato mortale e alle indagini che seguirono, di Giuseppe, che tutti conoscevano come “Peppe”, Tizian.

Le indagini… inconcludenti

Le indagini sull’omicidio si concentrarono subito sull’attività bancaria, anche se per un tratto deviarono anche su una inconcludente pista passionale. In quegli anni gli istituti di credito svolgevano il ruolo di sede in cui ripulire soldi sporchi, derivanti da sequestri e attività illecite, lungi dall’essere monitorate dalle successive leggi sul riciclaggio. L’integrità e il rigore da subito furono elementi riferiti con riferimento a Peppe Tizian. E tuttavia non emersero elementi investigativi tali da portare all’individuazione di alcun responsabile.

Dalla Calabria all’Emilia Romagna

Dopo una iniziale vicinanza della comunità, la famiglia Tizian pagò il prezzo della richiesta di giustizia. La morte di Peppe Tizian non andava amplificata. Come fosse un fatto privato, come se quell’agguato non fosse stato esito di un preciso disegno di porre fine alla sua attività evidentemente scomoda perchè condotta con rigore e coraggio. Un clima ostile che culminò nell’incendio dell’azienda di famiglia che spinse mamma Mara, con i figli piccoli Giovanni e Francesca a trasferirsi in Emilia Romagna, a Modena, dove la memoria ha germogliato.

«Mia madre ha affrontato con noi tutte le battaglie di questi anni. Ha combattuto tutta vita, anche più di noi che all’epoca eravamo solo bambini. Domani sarà presente all’iniziativa organizzata dal presidio di Libera Carpi e Terre D’argine, intitolato a mio padre. Un regalo meraviglioso che ci è stato fatto dai ragazzi di Libera. Un gesto importante e pieno di significato che attesta il cammino che la memoria deve compiere anche sui territori e non solo nel cuore dei familiari e nelle aule giudiziarie», spiega ancora Giovanni Tizian.

Il presidio Libera Carpi e Terre d’Argine – Peppe Tizian  “1… 2… 3… Peppe!” promuove per domani, 24 Ottobre, alle ore 20:45 presso lo Spazio Giovani Mac’é (Via E. De Amicis, 59 Carpi) la presentazione del libro “Aemilia- il più grande processo alla mafia del Nord-Italia.” per un dialogo tra il presidio Libera, l’autore del libro Tiziano Soresina e la giornalista Serena Arbizzi.

Giovanni Tizian e il giornalismo come ricerca della verità

Giovanni (classe 1982) è diventato giornalista, autore di molte inchieste su ‘ndrangheta e politica. Un impegno che gli ha imposto la dura condizione di nove anni vissuti sotto scorta che ispirò  la campagna di solidarietà “Mi chiamo Giovanni Tizian” lanciata dall’associazione Da Sud.

Firma autorevole del quotidiano Domani, è stato inviato del settimanale L’Espresso. Tra le sue pubblicazioni, Gotica. ’Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea (Round Robin 2011), La nostra guerra non è mai finita (Mondadori 2013) e Il clan degli invisibili (Mondadori 2014). È stato insignito del Premiolino 2021, del premio Enzo Biagi, della Colomba d’oro per la pace, del premio Biagio Agnes e del premio Giuseppe Fava. Per Laterza ha scritto Rinnega tuo padre (2018), per il quale ha ricevuto il premio Siani 2018, e Il libro nero della Lega (con S. Vergine, 2019), con lo scoop internazionale sul Russiagate del partito di Matteo Salvini.

Sempre con i caratteri di Laterza ha scritto Il Silenzio, Italia 1992 – 2022. «Un punto di vista inedito sulle stragi di trent’anni fa, partendo da quando io bambino guardai al telegiornale le immagini dell’attentato di Capaci. Il silenzio è quasi un’invocazione al rispetto delle storie delle vittime che troppo spesso finiscono in discorsi retorici della politica in occasione delle passerelle annuali. C’è il silenzio che avvolge le storie a lungo sconosciute delle vittime di mafia da scardinare ma c’è anche un silenzio sulla morte, e sul dolore che ne consegue, da rispettare e preservare».

Oggi Giovanni è adulto ma quello che traspare dalle sue parole è che resterà sempre un pò quel bambino di 7 anni che ha perso il suo papà, “reo” di essere un uomo perbene. Quel bambino vive ancora oggi anche nel suo impegno costante nel raccontare la verità celata dietro le ombre che nel nostro Paese ancora esistono.

Caro papà…

«Se potessi, oggi – conclude Giovanni Tizian – vorrei dirgli tante cose. Che mi manca, che con lui mi hanno strappato i ricordi e che oggi sarebbe tanto felice con i suoi nipotini e che le sue avventure sulla barca vela e sott’acqua sono patrimonio prezioso per loro. Vorrei dirgli che il capanno ogni anno è sempre più bello, che il murales di Locri è per lui e che c’è un murales anche a Carpi, che siamo ancora qui a resistere, nonostante tutto e tutti.  E che forse questa guerra la vinceremo».

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