Sul truck di LaC, il presidente dell'associazione socioculturale della città dello Stretto racconta l’impegno di una generazione che non vuole arrendersi: periferie, solidarietà, modelli virtuosi come CasaPaese e la voglia ostinata di dire al mondo che Reggio è molto più degli stereotipi
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Non è un ritorno romantico alle radici. Non è nostalgia. È la voglia concreta di restituire qualcosa alla città dove si è cresciuti. Anche se si vive a Bologna, anche se le giornate sembrano sempre troppo corte. Bruno Monorchio ha 29 anni, ma da quasi dieci porta avanti con ostinazione e passione la sua missione: unire le energie sane della città, creare rete, costruire relazioni. Lo fa attraverso l’associazione Rete Sociale, realtà socioculturale no profit attiva a Reggio Calabria, nata per fare da ponte tra persone, esperienze, progetti, periferie e desideri.
Ospite della puntata di “A tu per tu” registrata sul truck di LaC Network, Monorchio parla con trasporto di iniziative concrete e comunità dimenticate, di giovani che non si rassegnano e di modelli positivi da moltiplicare. Lo fa con un tono appassionato ma lucido, e con una convinzione che si rafforza ad ogni parola: «Reggio non è solo ciò che si legge nelle cronache. Esiste un’altra città, che spesso non fa rumore ma fa la differenza».
Il racconto parte da uno dei progetti più emozionanti portati avanti da Rete Sociale: il sostegno a CasaPaese, il borgo amico delle demenze di Cicala ideato da Elena Sodano. «Tutto è nato quasi per caso, vedendo un servizio delle Iene che – per una volta – parlava bene della Calabria. Abbiamo deciso di andare a visitarla, e ci ha cambiato. Lì abbiamo visto persone, non pazienti. Relazioni, non numeri. Ci siamo innamorati di quel modello, e abbiamo deciso di sostenerlo». Nasce così l’evento “Scirubetta per CasaPaese“, organizzato durante il Festival del gelato artigianale: un connubio di gusto e solidarietà, grazie alla collaborazione con Angelo Musolino e i maestri gelatieri. Gelati solidali, offerte libere, racconti condivisi. «Nessuno si è preso un euro, tutti hanno dato qualcosa. Questa è la bellezza della nostra comunità».
Periferie da ascoltare, non da compatire
Bruno non si nasconde dietro le parole. Viene da Archi, periferia nord di Reggio, e la conosce bene. Ne conosce le fragilità, ma anche la dignità. «Viviamo dentro stereotipi radicati, eppure ad Archi ci sono energie straordinarie: scout, parrocchie, associazioni, ragazzi pieni di idee. Non vogliamo fare progetti per loro, ma con loro. Vogliamo costruire senso di comunità, non assistenza».
Emblematica, in questo senso, la festa della comunità per il ritorno a casa dell’attore Marcello Fonte, premio a Cannes nel 2018 e originario proprio di Archi. «Abbiamo proiettato il suo primo film, Asino vola, per dire che anche l’impossibile può volare. Che anche Archi può volare. Quella sera abbiamo mostrato il volto bello del nostro quartiere».
La lista delle iniziative firmate da Rete Sociale è lunga, ma Monorchio non la elenca con vanto, bensì con gratitudine. Perché nulla nasce da solo. E perché dietro ogni attività ci sono storie di condivisione.
Come quella dell’estate 2019, quando l’associazione si mobilitò per evitare la chiusura dell’Hospice Via delle Stelle: «Lanciammo una campagna con le t-shirt Seconda stella a destra. Raccogliemmo circa 20mila euro, ma ancora più importante fu l’ondata di partecipazione, il dibattito acceso, l’attenzione pubblica risvegliata».
O come il calendario annuale di attività sociali, che va dal supporto al doposcuola con Nuova Solidarietà agli eventi con i bambini delle Rose Blu, fino alla recente organizzazione del Festival dei Diritti Umani a Bologna. Sì, perché Bruno Monorchio non si ferma mai: «Mia madre dice che sono una trottola, la mia ragazza ormai ha perso il conto delle volte in cui mi rincorre», racconta con il sorriso. Ma aggiunge: «Se hai un amore autentico per la tua terra, non riesci a stare fermo».
Una rete aperta, giovane, trasparente. E contagiosa.
La forza di Rete Sociale, spiega Bruno, è l’orizzontalità. Niente verticismi, niente appartenenze chiuse. Ognuno porta un pezzo di sé, ognuno propone, ognuno costruisce. «Il bello è che tanti ragazzi si sentono protagonisti: ciascuno segue un progetto, una causa, una passione. E in questo modo la rete cresce, si moltiplica, resiste». Un messaggio che vale più di mille slogan: «Chi vuole unirsi, è il benvenuto. Giovani e meno giovani. L’importante è amare la città, volerle bene per davvero. Reggio ha bisogno di questo: di cittadinanza attiva, di fiducia reciproca, di visioni collettive. Noi, nel nostro piccolo, ci siamo. E continueremo a esserci».