Alla sede del CAI sezione Aspromonte l’incontro con il gestore del Rifugio Biancospino: un viaggio nella storia delle comunità montane e un appello a sostenere i territori interni
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Ieri sera, nella sede del CAI sezione Aspromonte a Reggio Calabria, si è svolto un incontro intenso, carico di memoria e visione. Ospite d’eccezione Antonio Barca, che ama definirsi semplicemente “montanaro”, ma che nel suo racconto ha rivelato molto di più: un uomo radicato nella propria terra e insieme capace di guardare lontano.
La conversazione con Barca ha tracciato un viaggio nel tempo e nell’identità profonda dell’Aspromonte. Un racconto che ha riportato alla luce i sacrifici delle generazioni del passato, cresciute in un’economia fragile, fatta di stenti e rinunce, ma tenuta insieme dalla forza della montagna e dalla resilienza delle comunità che l’hanno abitata.
Al centro, la storia della sua famiglia, legata da sempre ai territori di Delianuova, dove oggi Antonio vive con la moglie Therese, gestendo il Rifugio Biancospino. Una struttura che negli anni è divenuta punto di riferimento per escursionisti, ciclisti, scienziati e ricercatori. Barca li accompagna personalmente, da guida esperta, in luoghi spesso sconosciuti dell’Aspromonte, dove la natura resta protagonista e i cicli biologici scorrono senza interferenze.
Il suo, però, non è stato un racconto idealizzato. Barca ha smontato ogni visione romantica eccessiva della vita in montagna, ricordando la durezza, le fatiche e i sacrifici che questa scelta comporta. Una vita sorretta più da passione viscerale che da reali benefici economici, e oggi condivisa da pochissimi “irriducibili”.
Una riflessione sul futuro delle aree interne
Dalla serata è emersa anche una riflessione più ampia sul futuro delle aree montane e rurali. Lo spopolamento e le criticità che ne derivano – ha ricordato Barca – non possono essere affrontati con interventi episodici né possono essere sostenuti unicamente dalla buona volontà di chi ha un legame profondo con questi luoghi.
Le comunità montane rappresentano un presidio essenziale del territorio. Preservarle significa investire sulla prevenzione degli incendi, sulla lotta al dissesto idrogeologico, sulla tutela della biodiversità e sulla protezione dei paesaggi. «I servizi ecosistemici non possono essere a costo zero», è uno dei passaggi più significativi della riflessione.
Riconoscere e sostenere chi vive, custodisce e cura la montagna – anche con strumenti economici adeguati – non è solo un atto di giustizia sociale, ma l’unico modo per costruire un futuro più sostenibile per un territorio fragile e complesso come quello aspromontano.
L’incontro, come ha sottolineato il presidente del CAI Aspromonte Giandomenico Posillipo, «è stato più di una conferenza: un monito e un appello a non dimenticare le nostre radici, per poterle far fiorire di nuovo».

