All’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria l’arte si intreccia con la riflessione civile. Si è appena concluso infatti, il terzo workshop del progetto “Condominio Mediterraneo”, dal titolo “Ecomafia e mafia del cemento in Calabria”, che ha visto protagonisti gli studenti dell’ABARC insieme all’artista Romina De Novellis.

Il percorso, inserito nel PNRR Performing PRMG (1 giugno 2024 – 31 marzo 2026) e promosso dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro come soggetto capofila, è curato dal responsabile scientifico prof. Marcello Francolini e fortemente voluto dal direttore Piero Sacchetti. L’obiettivo è quello di trasformare l’Accademia in un laboratorio permanente di ricerca artistica, dove la formazione diventa esperienza, e la pratica dell’arte si apre al dialogo con il territorio.

Corpo, spazio e territorio

Il workshop, dedicato al tema delle ecomafie e della speculazione edilizia, ha affrontato il rapporto tra ambiente, memoria e potere, partendo dall’idea che la distruzione del paesaggio sia una ferita che tocca anche la dimensione intima delle persone.

A condurre la ricerca, Romina De Novellis, artista napoletana che da anni indaga la relazione tra corpo e società. «Abbiamo lavorato sul concetto di oppressione – spiega De Novellis – e su come esso possa manifestarsi nei luoghi e nei corpi. Attraverso autoritratti e autointerviste, ogni partecipante ha esplorato il proprio vissuto, il proprio spazio, la propria memoria. È un lavoro che parla della Calabria, ma anche di noi: delle case che abitiamo, dei paesaggi che ci formano e che a volte ci vengono sottratti».

Il laboratorio si è svolto anche a Spazio Antigone, bene confiscato alla ’ndrangheta e oggi restituito alla collettività come luogo di cultura e di impegno sociale. Un contesto fortemente simbolico, scelto per intrecciare l’azione artistica con il valore della riappropriazione civile.

«Lavorare in un luogo come Spazio Antigone – racconta l’artista – significa entrare in contatto diretto con la storia del territorio. È un luogo di memoria, ma anche di rinascita, che ci ricorda che la trasformazione è possibile».

L’arte come pratica di liberazione

Nella seconda fase, il workshop ha sperimentato il gioco come strumento di libertà e consapevolezza, una modalità per affrontare temi complessi attraverso la leggerezza e l’invenzione. «Attraverso il gioco – continua De Novellis – possiamo dire cose serie, rompere silenzi, imparare a guardare diversamente. È un modo per scardinare le regole invisibili che ci condizionano e restituire respiro al pensiero critico».

Il prof. Marcello Francolini, curatore scientifico del progetto, sottolinea il valore formativo dell’esperienza: «Con “Condominio Mediterraneo” vogliamo costruire processi partecipati in cui studenti e artisti diventano coautori. L’Accademia si trasforma in un centro di produzione culturale e sociale, capace di generare pensiero e azione. L’arte non è la politica, ma è sempre un atto politico: in un contesto come il nostro, permette di dare voce a ciò che spesso resta non detto».

Una video performance per raccontare il percorso

Il workshop si è concluso con la realizzazione di una video performance prodotta in collaborazione con la Scuola di Cinema dell’ABARC, sotto la guida della prof.ssa Rosita Commisso. A documentare il lavoro, il gruppo audiovisivo composto da Gabriele Gambacorta, Viviana Grillo, Maria Carmela Macrì, Antonio Oliverio, Sergio Pavone, Marta Romeo ed Elena Sirio, insieme al gruppo di ricerca formato da Andrea Albanese, Cristina Pia Arnese, Emanuela Buscemi, Michael Crea, Arianna Delfino, Giorgia Foti, Selene Pulejo, Denise Violani e Zohreh Ziaei.

Il progetto proseguirà a novembre con l’ultimo workshop in programma e culminerà, da gennaio 2026, nella mostra finale che riunirà tutte le opere e le esperienze maturate durante i nove mesi di lavoro.

«È stato un percorso di grande intensità – conclude Francolini – che ha permesso agli studenti di guardare alla propria terra con occhi diversi. L’arte, in questo senso, diventa un atto di restituzione: un modo per rimettere in gioco la memoria e costruire nuovi significati nei luoghi che appartengono a tutti».