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Di Silvio Nocera – Che cosa accade a San Luca? Il generale Giuseppe Battaglia, già comandante provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria e oggi funzionario della Commissione Europea nel settore della difesa, della prevenzione del crimine e nelle attività antiterroristiche, la chiama «trappola della legalità»: una certa determinazione nell’applicazione pedissequa di regole e norme in un contesto fragile, abituato a vivere al di fuori di quelle regole e contestualmente privo delle necessarie risorse a garanzia della sostenibilità di una tale operazione.
Cui si aggiunge la difficoltà di operare in ambienti «affetti, a torto o a ragione, da una mentalità da assedio», aggiunge Anna Sergi, ordinaria in Criminologia presso l’Università di Essex. Col risultato di bloccare ogni progetto di miglioramento.
Sarebbero questi i due poli tra cui oscilla ciò che ormai può essere chiamata la ‘questione San Luca’: quella di un paese e di una comunità che non hanno mai smesso di rappresentare il male assoluto e che, dopo le dichiarazioni del cardinale Matteo Zuppi su Polsi, tornano agli orrori delle cronache nazionali come caso-scuola per i professionisti dell’antimafia e della legalità. Un professionismo che si ha l’impressione sia giocato sulla superficie dei simboli.
La storia recente di San Luca è costellata di blocchi e ripartenze: commissariato tre volte per mafia in 25 anni, nel 2024 ospita la Commissione parlamentare Antimafia che vi presenta la propria relazione annuale, sottolineando l’imprescindibilità di accompagnare le azioni repressive con misure tese a promuovere il supporto e lo sviluppo del tessuto sociale ed economico locale, fino a giungere alla proposta di candidare i propri membri alle elezioni locali.
La situazione è complicata: il Comune è già commissariato dopo che nessun candidato si è presentato alle amministrative e l’ex sindaco Bartolo, accusato di reati contro la pubblica amministrazione per la gestione dello stadio e della Fiera della Montagna, ha annunciato di non ricandidarsi perché si sente abbandonato dallo Stato. Eppure, dopo le indagini svolte dalla commissione di accesso nominata dalla Prefetta Vaccaro, il 27 marzo 2025 il Comune viene sciolto per infiltrazioni mafiose. Un corto circuito kafkiano per un ente che è già guidato da un commissario e che segue a distanza di una settimana – 21 marzo 2025 – il commissariamento della Fondazione Corrado Alvaro da parte della Prefettura di Reggio Calabria. Caso unico in Italia.
Non c’è due senza tre, verrebbe da dire. Ma manca ancora quello che da qualche settimana i sanluchesi, il Comitato 15 Aprile e diversi intellettuali calabresi considerano il quarto elemento: l’annullamento a Polsi della tradizionale festa della Madonna della Montagna, uno dei culti mariani più importanti di tutto il Meridione. Ossia – dicono – l’ultimo passo verso il compimento di un disegno di svuotamento e spoliazione di San Luca, che trova in Polsi e nelle celebrazioni settembrine il suo estremo simbolo. Un disegno che ― si dice ― vada avanti da tempo, giungendo a chiusura dell’annus horribilis 2025.
Non è convinto di questo don Tonino Saraco, Rettore del Santuario di Polsi, che sgombra il campo da ipotesi di complotto. «Nonostante il Santuario sia oggetto di lavori di ristrutturazione finanziati con 2 milioni e 800 mila euro su fondi PNRR e l’area sacra sia chiaramente inibita, la diocesi si è battuta affinché le celebrazioni si tenessero, seppur con qualche cambiamento temporaneo. Per la Chiesa era importante dare alla comunità un segno di vicinanza e di continuità in un momento così duro. Purtroppo questo messaggio non è passato, nonostante il video di chiarimento realizzato dal Direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano, don Nicola Commisso, diffuso due settimane fa. La gente continua a pensare che l’opzione di Locri fosse la foglia di fico per chiudere il santuario. Ritengo invece che si tratti di una polemica montata ad arte e cavalcata da personaggi esterni alla comunità di San Luca». Chi sarebbero e a che pro rimane oscuro.
Nel video si spiega che la diocesi avrebbe programmato che la novena si tenesse nella chiesa di San Luca e che l’eucarestia del 2 settembre si sarebbe dovuta svolgere allo stadio di San Luca, peraltro inagibile dopo le note vicende che lo hanno riguardato, alla presenza dello stesso Zuppi e della Sacra Effige. Ma dal sopralluogo effettuato dal vescovo di Locri e abate del Santuario, Mons. Oliva, da Don Saraco e del Commissario del Comune, sarebbero emerse criticità circa la capienza della struttura tali da scoraggiarne l’uso. Da li il ripiego della soluzione di Locri.
Nostre fonti confermano però che un vero e proprio stop all’utilizzo dello stadio di San Luca sarebbe arrivato direttamente dalla Prefettura in seno al tavolo tecnico allestito per la preparazione delle celebrazioni. C’è da chiedersi se questo stop sia imputabile alla questione dello stadio, già oggetto di un appello di Oliva, o ad altro.
Se lo chiede la comunità di San Luca, dei fedeli e il Comitato 15 Aprile per i quali l’inibizione delle aree esterne del santuario, l’ordinanza commissariale che chiude la strada di accesso a Polsi da Cano, con blocco delle forze dell’ordine, i ritardi nella rimozione di una modesta frana verificatasi a gennaio, sono gli ultimi segmenti di una linea che prosegue da anni. Sicuramente dallo smantellamento dei box allestiti nell’area mercatale del Santuario «sotto la reggenza della terna commissariale Giuffrè – Turco – Rosa che, tra il 2013 e il 2014, aveva fatto rimuovere e poi distruggere le strutture finanziate con 240.000 euro dall’Ente Parco Aspromonte durante la mia presidenza e realizzate dalla cooperativa della comunità di Don Mazzi di Santo Stefano per sostituire le baracche di lamiera», dice il Prof. Tonino Perna. «Con ipotizzabile danno erariale», aggiunge Aldo Maria Morace, già presidente della sciolta Fondazione.
Certo è che chi era titolare di quelle strutture non pagava la tassa di occupazione del suolo pubblico. Ricorda qualcun altro che anche nel 2024 la stessa strada era rimasta bloccata e nel 2023 l’allestimento del mercato era stato proibito.
Il dubbio che qualche crepa nella gestione della festa ci sia stata viene appurando che il Dipartimento per i Lavori Pubblici e le Infrastrutture di Regione Calabria ha annunciato la temporanea riapertura della strada di Cano, percorribile solo a piedi e per tre giorni. Proprio fino al 3 settembre. Resta comunque in vigore l’ordinanza della Commissione straordinaria che prescrive il divieto di transito. Altro corto circuito.
Secondo Battaglia, «se ci fosse il dolo di voler chiudere il santuario ci sarebbe un nemico. Temo che siamo invece di fronte all’avvitamento nella trappola della legalità, contraddistinta dall’assenza di coordinamento dell’azione amministrativa, da cui né istituzioni, né amministratori, né prelati sanno come uscire, afflitti pure dalla paura di diventare a loro volta oggetto di accertamenti e indagini. Perché non è sostenibile il messaggio che sta passando: ossia che i San Luca e i Polsi di oggi siano quelli di venti anni fa. Significherebbe dire che o lo Stato è rimasto immobile, o che ha fallito su tutta la linea. E posso assicurare che non è così».
Sta di fatto che oggi mons. Oliva e don Saraco sono oggetto di minacce social già denunciate in procura. «La diocesi che voleva tutelare la tradizione è quella che sta pagando il prezzo più alto in termini di perdita di consenso e di fiducia che vedo irrimediabilmente compromesse», si sfoga il Rettore del Santuario. Un risultato, tra gli altri, che, secondo Giuseppe Bombino, già presidente del Parco dell’Aspromonte e oggi a capo del GAL Grecanica, deriva da «una sequela di errori frutto di decisioni assunte senza il coinvolgimento dei territori. Avrebbe avuto più senso portare a Montalto la Madonna di Polsi, nella naturale casa di un culto che trova il proprio senso in montagna. Si sarebbe dovuto ascoltare e assecondare la comunicazione delle donne di San Luca, che avevano promesso di “aprire le loro case ai fedeli”, pur di trattenere in Montagna la Madonna. Si sarebbe dovuti ripartire da qui per promuovere una riconciliazione a fondamento di una nuova alleanza tra Stato e Comunità. Un’alleanza custodita dalla parte più sacra del Femminile. Invece abbiamo perso. Ancora una volta».
Poi dietrofront in zona Cesarini: ieri la Sacra Effige è stata traslata da Polsi alla chiesa di San Luca, dove oggi alle 11 sarà lo stesso vescovo Oliva a celebrare la messa solenne. È stato lui a pubblicare una lettera ai fedeli annunciando, all’ultimo minuto, che la Festa, in via del tutto eccezionale, si sarebbe tenuta nella parrocchia del paese. Fino alla sera del 31 agosto – confermano dal Comitato 15 aprile – nessuno sapeva nulla. La diocesi di Locri ha cercato di salvare il salvabile.
In questa vicenda, che a tratti assume tinte grottesche da commedia dell’assurdo, come il sequestro del cantiere dei lavori di ristrutturazione del Santuario per accertata violazione delle norme sulla sicurezza, restano poche certezze: uno Stato che reprime, ma appare incapace di dare risposte efficaci; una comunità che si sente ora assediata, ora abbandonata, pronta a manifestare il 2 settembre; un corto circuito comunicativo e una guerra volta a conquistare il vessillo della legalità. Che assume il sapore di un simulacro vacuo di fronte allo svuotamento di un territorio per cui non vengono programmate e praticate sostenibili opzioni di formazione e sviluppo. A San Luca, chi aiuta chi?