Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda oggi, 30 settembre, Antonino (Nino) Polifroni, imprenditore di Varapodio (RC), assassinato nel 1996 per essersi rifiutato di pagare il pizzo.

«Nino aveva 49 anni, padre di sei figli, e una vita interamente dedicata alla costruzione della sua impresa edile. Cresciuto orfano di padre, da adolescente lavorò come muratore e conseguì il brevetto di tornitore meccanico. Mattone su mattone costruì un’impresa di successo, concentrata sui lavori pubblici, apprezzata per affidabilità e sicurezza, e primo a Varapodio iscritto all’Albo nazionale dei costruttori.

Con il successo – si legge nella nota diffusa dal prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU – arrivarono le richieste estorsive della ‘ndrangheta. Per vent’anni Nino subì intimidazioni, attentati, minacce telefoniche, ordigni inesplosi e colpi di arma da fuoco. Nonostante ciò, non si piegò mai: affrontava gli estorsori con coraggio, arrivando agli incontri con una valigetta vuota, difendendo la sua dignità, la libertà della famiglia e la legalità.

Il 30 settembre 1996, sette colpi di lupara, l’ultimo a distanza ravvicinata, posero fine alla sua vita. L’omicidio segnò profondamente la comunità e trasformò Nino in simbolo di resilienza civile e coraggio imprenditoriale.

La memoria di Nino continua grazie alla famiglia, che promuove un concorso scolastico con 20 borse di studio per gli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado di Varapodio. La cerimonia, spesso coincidente con la Giornata della Memoria delle vittime di mafia, rappresenta un momento di riflessione civica e di educazione ai valori della legalità».

Bruno Polifroni, figlio maggiore, ricorda il coraggio del padre: «Se tu non ti fossi sacrificato per noi, oggi saremmo ancora imprigionati e schiavi di quei delinquenti. Grazie papà per averci insegnato a vivere liberi». Nicoletta, studentessa di legge, porta avanti il suo impegno verso la magistratura coniugando professionalità e umanità, portando avanti i valori trasmessi dal padre.

In occasione di questa ricorrenza, il CNDDU sottolinea il ruolo insostituibile della scuola nella formazione della coscienza civile: attraverso un potenziamento dell’educazione civica, insegnando ai giovani la cultura della legalità, del rispetto e della responsabilità, è possibile costruire cittadini consapevoli in grado di contrastare qualsiasi forma di marciume criminale e corruzione.

«Ricordare Nino Polifroni – si legge ancora nella nota – significa non solo rendere omaggio a un uomo coraggioso, ma anche ribadire che la scuola è il primo presidio di resistenza civile: educare alle regole e ai valori democratici è il modo più efficace per proteggere la società dalla prepotenza della criminalità organizzata.

La memoria condivisa, l’impegno educativo e la partecipazione attiva dei giovani sono gli strumenti per costruire un futuro libero dall’omertà e dalla violenza.

Ogni iniziativa che valorizza la storia di chi ha scelto la legalità rappresenta un messaggio chiaro: la cultura della giustizia e della responsabilità è più forte di ogni minaccia.

Gli studenti, attraverso la conoscenza delle vicende di uomini come Nino, possono comprendere il vero valore del coraggio civile e imparare che la libertà e la dignità si difendono con il rispetto delle regole e l’impegno quotidiano.

Coinvolgere le scuole significa trasmettere la memoria viva, rendendo i giovani protagonisti di una società più equa e consapevole. L’educazione civica non è un optional, ma una strategia concreta per formare cittadini in grado di contrastare le logiche mafiose e costruire comunità coese e responsabili.
Solo attraverso la conoscenza, la memoria e l’impegno collettivo è possibile trasformare la tragedia di Nino in un potente strumento di prevenzione e crescita sociale».