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Reggio Calabria si trova nuovamente a dover affrontare un fenomeno preoccupante: il dolore silenzioso degli adolescenti. Negli ultimi mesi, diversi eventi di cronaca hanno portato alla luce un disagio profondo che scuote le fondamenta sociali della comunità, rivelando una generazione in crisi.
Incidenti tragici, episodi di violenza e atti di autolesionismo hanno messo in evidenza la fragilità emotiva di molti giovani. La cronaca locale ha riportato notizie strazianti di ragazzi che, sopraffatti dalla pressione sociale e da aspettative insostenibili, hanno cercato scappatoie estreme al loro dolore. Il risultato è un contesto in cui il malessere psicologico si diffonde come un’epidemia, mentre il silenzio e la vergogna soffocano le grida di aiuto.
Il dolore degli adolescenti può essere silenzioso. E se davvero è silenzioso, come possono gli adulti intercettarlo? Lo abbiamo chiesto al procuratore del tribunale dei minori di Reggio Calabria Roberto Di Palma che come sempre ha analizzato in modo lucido e puntuale quanto sta accadendo.
«Il dolore degli adolescenti può essere silenzioso oppure no. Anzi, forse oggi lo è più di ieri, perché, nonostante viviamo in una società iperconnessa, i ragazzi sono soli. Questa è la verità. Le interconnessioni digitali annullano i rapporti umani e, con essi, la capacità di relazionarsi dal punto di vista emotivo».
Fattori come la mancanza di opportunità lavorative, la disoccupazione giovanile e un ambiente familiare instabile contribuiscono a un clima di ansia e insoddisfazione. Molti adolescenti si trovano a fare i conti con un futuro incerto, mentre il mondo esterno spesso sembra ignorare le loro difficoltà. Le piattaforme digitali, spesso utilizzate come rifugio, si trasformano in un’arma a doppio taglio, accentuando sentimenti di isolamento e inferiorità.
Come si può intercettare questo dolore?
«Ci sono diversi modi – ha chiarito Di Palma – Sicuramente, la famiglia ha un ruolo centrale e fondamentale, perché è all’interno della famiglia che i giovani vivono, crescono e trovano i loro primi punti di riferimento. Ma anche la scuola ha un’importanza cruciale, sotto un duplice profilo. Da un lato, se gli insegnanti riescono a guardare oltre il semplice rapporto docente-discente, possono intercettare situazioni di disagio e difficoltà. Dall’altro, momenti di incontro come questo, rivolti sia ai genitori che ai ragazzi, possono incentivare i giovani ad aprirsi. Perché, in fondo, i ragazzi vogliono che si parli al loro cuore. Se vedono che qualcuno gli va incontro, allora saranno loro i primi ad aprirsi per essere aiutati».
È fondamentale che la comunità, le istituzioni e le famiglie prendano coscienza di questo malessere. Investire in progetti di ascolto e supporto psicologico è imprescindibile per fornire ai giovani gli strumenti necessari per affrontare le sfide quotidiane. Solo così si potrà spezzare il ciclo del silenzio e costruire un futuro in cui ogni ragazzo possa esprimere il proprio dolore senza paura di essere giudicato. Reggio Calabria deve diventare un luogo in cui le nuove generazioni trovano non solo un’identità, ma anche la forza di affrontare le proprie fragilità.

