Di fronte al diffondersi su scala nazionale e regionale degli episodi di violenza e di disagio che colpiscono in vari modi anche bambini e adolescenti calabresi, ultimi la morte del neonato a Villa San Giovanni e l’accoltellamento tra coetanei al Liceo Vinci di Reggio Calabria, il Centro Comunitario Agape ha sentito l’esigenza di coinvolgere le diverse istituzioni ed agenzie che si occupano dei minori per una riflessione a più voci e soprattutto per valutare delle possibili strategie d’intervento.

Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro, che gestisce il servizio 144 emergenza infanzia nazionale, ha ricordato che da qualche mese è attiva una legge che è la legge sul bullismo, fenomeno ormai molto diffuso e che richiede un ruolo essenziale delle rete e dei servizi. Ha sottolineato l’importanza di riflettere sulle relazioni tra giovani e adulti, sulle esperienze del mondo digitale, di formare le famiglie e i ragazzi a come prevenire problematiche legate ai social e controllare l’accesso dei ragazzi alla rete del nostro paese. «Essenziale l’ascolto quotidiano di adolescenti poiché la realtà della violenza è ancora sommersa e non basta guardare i casi che emergono e che arrivano alla cronaca, ma guardare anche la solitudine dei casi sommersi dove essenziali sono le azioni concrete per un lavoro comune». Ha offerto la disponibilità di Telefono Azzurro a affiancarsi alle Prefetture e agli attori istituzionali e sociali per programmi di prevenzione stabili ed organici in Calabria.

Nel suo intervento, Roberto di Palma, procuratore minorile, ha espresso preoccupazione sugli episodi di violenza che avvengono durante la notte tra le 3 e le 5, chiedendosi: «Ma che ci fanno minori in giro a quest’ora?». Un dato che ci dice che bisogna porre in evidenza immediatamente l’assenza della famiglia. «Qui bisogna fermarsi, per comprendere sin da subito, che non basta delegare le istituzioni e trovare un colpevole. Le istituzioni possono aiutare, ma la famiglia ha un ruolo fondamentale, non per nulla, in aula di tribunale, ciò che viene tolto o sospeso, è proprio la capacità genitoriale. Pensiamo a quello che succede la notte di San Lorenzo, è giusto che voi sappiate perché qui siamo tutti adulti, che i ragazzi che vengono portati in coma etilico la notte, il dottore chiama la famiglia e la famiglia risponde che l’ora è tarda, e che verranno a prendere il figlio il giorno dopo ormai. Allora diciamocelo, dove sta la capacità genitoriale? Questa è la foto della nostra società, i giovani vogliono essere ascoltati, ma soprattutto, amati. Alla base della violenza c’è la solitudine, e la solitudine sfocia in strade devianti».

Tiziana Catalano, psicologa e giudice onorario al Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, conferma che il settore è complesso e difficile. «30 anni fa cominciavo la professione e riporto l’esempio che per me è emblematico di ciò che voglio dire oggi. Da psicologa seguivo un caso di allontanamento di minore a causa del padre violento. Questo accadimento fu pesante, per tutti, anche per noi che operavamo. Questo è ciò che facciamo in Tribunale, diversi ruoli entrano in gioco perché si entra nella vita di persone, e sappiamo già che abbiamo bisogno di diverse competenze. Dobbiamo anche qui però, dirci la verità: L’intervento dentro le mura di casa è il più doloroso, e sapete che accade? Che la società fa muro. Ci stiamo dimenticando del bambino che soffre. La società all’intervento come risponde? Ah ma lo stato è duro, è violento… ma com’è possibile sostenere questo? Quando la società dice così, dimentica il bambino. È proprio nel momento dell’intervento che la società deve insistere, non dimenticare. Al Tribunale quindi, si lavora in punta di piedi. Lo stato allora deve entrare, ma il villaggio deve essere solidale, non battersi il petto poi quando accade il fatto increscioso».

Anna Nucera, già dirigente scolastica, ha evidenziato l’esigenza di fare Comunità per la risoluzione dei problemi sia dell’infanzia che dell’adolescenza. «Nel 2017 si è sentita l’esigenza a Reggio di lavorare assieme a tutte le autorità, educatori, psicologi per fare Rete ed aiutare i minori ed adolescenti. È stata evidenziata l’esigenza di formare le famiglie e i docenti per far fronte a questa forte problematica ma purtroppo ad oggi la situazione è solamente peggiorata ed il Covid ha contribuito a recidere le relazioni tra minori e adolescenti a causa della DAD. La domanda è: Avete capito cos’è accaduto? Tutto ciò ha peggiorato la Solitudine, l’incertezza ma ancora di più ha fatto emergere la paura. Si è parlato di “Sfillacciamento” delle famiglie le quali pensano per lo più ai social e non all’ascolto dei propri figli. C’è un’educazione all’Apparire e i figli non ricevono riconoscimenti per ciò che fanno realmente. Pensano più all’apparenza che all’essere!».

Sono stati riportati due casi: il caso Vinci (non si sono guardati i ragazzi che vivevano un disagio), il caso Villa (una ragazzina che ha sofferto prima e dopo l’accaduto. «Dov’erano le istituzioni? I docenti, i compagni? Come hanno fatto a non rendersi conto della stato di gravidanza?»). Oggi basta vedere come si vestono i ragazzini per capire che le famiglie purtroppo sono assenti.

Per Gianni Trudu, psicologo clinico, «dietro un figlio che sta male, c’è un genitore che sta peggio, si divenga genitori a scapito dei figli, i raptus non esistono, chiedendosi a chi tocca intercettare», citando la ricerca Mi Vedete, che ha fatto emergere che il 70% degli studenti presentava disagio psicologico e il 30% dei genitori non se ne è reso conto.

Antonio Marziale, garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, ha sostenuto che oggi c’è bisogno di parlare di infanzia e di adolescenza perché è presente il rischio per bambini e adolescenti di non essere percepiti come tali. «La società sta facendo di tutto per distruggere l’infanzia e l’adolescenza. C’è un problema: nella società non ci sono adulti di prossimità (quelli che lasciano alle 3 di notte in via marina minori soli e come adulti non si preoccupano). La scuola ha qualche défaillance. Non ci sono dei punti fermi per i ragazzi, perché ci sono spinte a volerli più grandi. Bisogna limitare la pubblicazione dei bambini sul web, anche da parte della scuola. C’è bisogno di un contenimento. C’è bisogno di incontri come questo. Guai se smettessimo di parlare in questi convegni! Queste sono opportunità per fare quadrato intorno ai bambini».

Paolo Cicciù del centro sportivo provinciale, attraverso una metafora calcistica ha affermato: «Quando una squadra va male a pagare è l’allenatore» non succede nel campo educativo perché le responsabilità sono collettive. «La rete di alleanze educative che era stata avviata a Reggio Calabria è morta perché si ha difficoltà ad assumersi responsabilità. Garantire diritti non è giudicare. Le famiglie sono vittime dell’incapacità delle istituzioni e dei docenti ad intercettare i bisogni dei giovani. Siamo tutti bravi a dire quanto facciamo ma nel frattempo la spaccatura che c’è tra il mondo e i ragazzi si allarga perché è difficile parlare con i ragazzi e quindi arriviamo al fallimento educativo». Un esempio virtuoso: «Il prefetto Clara Vaccaro è stato in campo a giocare con i ragazzi e per questo la ringrazio; lei era sul campo a giocare con loro. Dal salotto bisogna scendere per strada».

Lodovica Saraceno ha riportato quanto scritto dai giovani coinvolti nel progetto Alta voce di Save the Children ed Agape, in una lettera dove si invitano gli adulti a mettersi finalmente in ascolto degli adolescenti formulando una serie di proposte per rendere soprattutto la scuola uno spazio inclusivo dove la relazione deve avere la sua centralità.

Rosa Alba Stramandino, dirigente ufficio minori della Questura, ha ricordato il lavoro svolto in stretta collaborazione con la procura c/o il Tribunale per i minorenni che continuamente richiede interventi di protezione dei minori, di prevenzione e di repressione di reati che li lavoro svolto in stretta collaborazione con la procura c/o il Tribunale per i minorenni che continuamente richiede interventi di protezione dei minori, di prevenzione e di repressione di reati che li vedono vittime ma anche autori.La vicaria del Prefetto Stefania Caracciolo , che ha partecipato a tutto l’incontro , si è impegnata a rappresentate alla Vaccaro le preoccupazioni e le proposte emerse dall’incontro.

In conclusione Mario Nasone presidente del centro comunitario Agape ha sottolineato «come sia importante comprendere  il disagio dei nostri ragazzi che non è una emergenza ma una sfida educativa e cercare di  agire in primis creando  luoghi dove i ragazzi possono essere orientati, poiché vanno aiutati ed indirizzati verso un percorso nuovo rispondendo alla loro paura verso il futuro ,coinvolgerli, renderli protagonisti del lavoro di cambiamento. Bisogna avere fiducia nelle loro capacità, che anche  la politica finalmente li ascolti. Ha rilanciato la proposta al Prefetto di una azione che metta insieme Istituzioni, magistratura minorile ed associazioni per costruire delle efficaci e stabili alleanze educative».