VIDEO | La referente della sede penitenziaria del liceo artistico Preti-Frangipane di Reggio Calabria, attiva da nove anni, ospite degli studi del Reggino.it
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Raccontiamo oggi una pagina di vita carceraria di chi, ristretto nella libertà personale, compie la scelta di tornare a scuola per ricominciare a costruire un’alternativa di vita. Un racconto reso possibile dalla testimonianza della professoressa Giuseppina Vazzana, referente della sede carceraria attiva presso il carcere di Arghillà del liceo artistico Preti-Frangipane di Reggio Calabria. Liceo che rientra nel Polo liceale Campanella-Preti-Frangipane di Reggio Calabria, guidato dalla dirigente Lucia Zavettieri.
Un’esperienza consolidata
«La sede è attiva da circa 9 anni, in collaborazione con l’istituto penitenziario Giuseppe Panzera e con il centro provinciale per l'Istruzione degli Adulti. Il nostro contributo consiste in un corso di studi di Design della Ceramica che consiste in tre periodi didattici.
Gli iscritti – spiega la professoressa Giuseppina Vazzana ospite negli studi del Reggino.it del nostro format A tu per tu - al momento sono circa 25 di cui 6 aspiranti al diploma. Finora sono stati una ventina le persone detenute che lo hanno già conseguito con noi.
Quest’anno un’importante novità riguarda l’istituzione di una cattedra istituzionale di ceramica con un docente in servizio solo lì per le tutte le 18 ore. Un percorso che, dunque, si consolida e che ha anche ricevuto questa sorta di riconoscimento da parte del provveditorato.
Le lezioni cominciano verso le 8:30 e finiscono verso mezzogiorno, dal lunedì al venerdì. Abbiamo due rientri pomeridiani dalle 13:50 fino alle 15:30.
Presso l'istituto penitenziario in un edificio adibito è allestita la sezione scolastica con personale preposto alla custodia del materiale, naturalmente autorizzato, necessario per l’attività laboratoriale. Per quanto riguarda i libri, come istituto, abbiamo dato in comodato d'uso i testi scolastici».
Didattica inclusiva
Una scelta, quella del liceo artistico Preti-Frangipane di Reggio Calabria, che rientra in una visione più ampia di scuola e di istruzione. Una visione condivisa anche da altri istituti del territorio, presenti all’interno del carcere reggino con una loro sede, e anche dall’università Mediterranea che da qualche anno ha attivato un polo penitenziario.
«Noi siamo stati sempre molto attenti alla didattica inclusiva. Per noi – prosegue la professoressa Vazzana - è un'esperienza importante per contribuire con il nostro lavoro sia a formare culturalmente il detenuto che sceglie di frequentare il nostro percorso di studi che a favorire il suo reinserimento nella società. Lo scopo didattico non è il solo che perseguiamo.
Il primo impatto è abbastanza forte perché si percepisce un certo distacco rispetto al mondo esterno. Sono state proprio le persone detenute a mettermi a mio agio.
Loro vedono nella scuola l'opportunità di modificare la loro routine quotidiana, di vivere un’esperienza diversa. Ci sono anche altre attività, nelle salette ricreative, c’è l’ora d’aria, c’è la palestra. Eppure percepiamo che la scuola è molto attesa e apprezzata.
Mi è rimasto veramente impressa la fine di un anno scolastico. Al momento dei saluti, i detenuti hanno chiesto: “E adesso noi che facciamo la mattina?”. Una domanda che mi ha segnato tantissimo.
In questi anni abbiamo anche avuto dei riscontri importanti. Ricordo uno dei detenuti che lo scorso anno ha frequentato la nostra sede in carcere senza però arrivare a finire il percorso scolastico. Una volta fuori, per conseguire il diploma, si è iscritto al corso serale che il nostro Istituto propone al territorio. Io insegno anche lì e dunque l’ho rincontrato. Anche questa è stata un’esperienza molto forte e per noi tutti un traguardo enorme».
Una testimonianza, questa, dell’importanza di questi percorsi all’interno del programma trattamentale, la scuola può diventare l’occasione per riflettere sul futuro e riprogettare un’esistenza, magari anche riprendendo le fila della vita precedente alla condanna e alla commissione del reato e portando a compimento quello che era rimasto interrotto e che, durante la detenzione, è tornato ad essere un obiettivo ancora possibile.
Una conquista ancora più preziosa, soprattutto in un contesto gravato da sovraffollamento e carenze diffuse.
Un ponte con la società civile
Prezioso è anche il contributo della scuola nell’ottica dei contatti con il mondo esterno attraverso delle collaborazioni che creano ponti, collegamenti e connessioni essenziali alla rieducazione e al reinserimento nella società.
«In collaborazione con il Marc, per esempio abbiamo portato a compimento un progetto di percorsi tattili “Vietato non toccare”. I docenti di indirizzo hanno creato con i detenuti delle opere in risalto per i non vedenti che sono state esposte sia al museo Archeologico Nazionale e anche nel nostro nel museo d’arte Alfonso Frangipane della nostra scuola. della nostra scuola. C’è un altro grande progetto in cantiere di cui a breve daremo conto», ha concluso la professoressa Giuseppina Vazzana, referente della sede carceraria attiva presso il carcere di Arghillà del liceo artistico Preti-Frangipane di Reggio Calabria.



