«Non è facile parlare dopo interventi così importanti» esordisce Enrico Palermo, dirigente della Divisione Anticrimine della Polizia di Stato, prendendo la parola durante l’evento Mai più sola al Museo di Reggio Calabria. Un incontro dedicato alle testimonianze, alla consapevolezza e alla presenza concreta di quegli «angeli in divisa» che ogni giorno operano per proteggere e sostenere le vittime di violenza, spesso facendo i conti con limiti e difficoltà operative.

Palermo ripercorre il quadro normativo e operativo italiano, ricordando che «la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, ha formalizzato il concetto di violenza domestica e violenza contro le donne». Da quel momento, sottolinea, il Paese ha lavorato seguendo quattro direttrici fondamentali.

Sensibilizzazione: una campagna che non si ferma mai
La prima linea d’azione è la sensibilizzazione, cardine dell’impegno della Polizia di Stato: «La campagna della Polizia di Stato è permanente, non vive solo il 25 novembre o l’8 marzo. Siamo nelle piazze d’Italia con il camper, con la campagna “Questo non è amore”, con opuscoli e materiali informativi». L’aumento delle denunce, spiega Palermo, è anche il frutto di questo lavoro quotidiano: «C’è più consapevolezza, più fiducia nel chiedere aiuto».

La formazione: una rete che deve parlare la stessa lingua
Il secondo pilastro è la formazione, che non riguarda solo le forze dell’ordine: «La facciamo noi, la fa la magistratura, la devono fare i sanitari, la scuola. Forse c’è un problema di educazione sentimentale… La violenza di genere non è un fatto “di polizia”: è un fenomeno multidimensionale e richiede un’intera rete». Un richiamo forte alla responsabilità collettiva e alla necessità di un linguaggio condiviso nella prevenzione.

I maltrattanti: intervenire per prevenire la recidiva
Palermo pone poi l’accento su un tema spesso trascurato: «Si parla delle vittime, ma poco di chi maltratta». Ricorda l’importanza di strumenti come il Protocollo Zeus, rinnovato dalla Questura di Reggio Calabria: «Invitiamo i soggetti ammoniti a rivolgersi ai centri specializzati. È volontario, certo, ma è fondamentale per valutare il rischio di recidiva o di escalation».

Poi aggiunge un passaggio cruciale: «Prima o poi questi uomini escono. E se non si interviene sul comportamento, il rischio rimane. Esatto. Vanno seguiti, monitorati, accompagnati».

Legislazione e prevenzione: un arsenale che va usato in modo integrato
La quarta direttrice è quella legislativa e preventiva: «Il codice rosso, l’ammonimento del questore, gli strumenti del codice antimafia che — lo ricordo — possono essere applicati anche ai soggetti responsabili di violenza domestica, atti persecutori, violenza sessuale. Serve una risposta integrata». Una sottolineatura importante: la legge offre strumenti potenti, ma serve coordinarli efficacemente.

Un pensiero alle donne che ce l’hanno fatta
Palermo conclude con una riflessione personale, che si distacca dai tecnicismi per tornare al cuore dell’incontro: «Spesso ricordiamo giustamente chi non c’è più. Ma io voglio rivolgere un pensiero anche a chi ha trovato la forza di chiedere aiuto e si è rivolta a un amico, a un centro, a una caserma. Chi ce l’ha fatta anche senza l’autore. A loro va il nostro rispetto».

Un messaggio che illumina il significato più profondo dell’intero evento: la violenza può essere fermata, e ogni richiesta d’aiuto è un atto di coraggio che merita ascolto, protezione e dignità.