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Minuti drammatici per il Brescia. Il presidente Massimo Cellino ha scelto di non versare i 3,2 milioni di euro necessari per garantire l’iscrizione al prossimo campionato. Dimissioni eccellenti, lacrime tra i dipendenti e le proteste dei tifosi raccontano un quadro cupo, che ricorda da vicino la caduta della Reggina del 2023.
Il futuro del club è appeso a un filo. Da ambienti interni alla società trapela un verdetto amaro: «È finita». Senza il pagamento degli stipendi e delle trattenute fiscali, il Brescia è destinato a uscire dal calcio professionistico.
Sotto la sede, la scena parla da sola: una quarantina di tifosi si raduna, applaude i dipendenti affacciati alle finestre, poi esplode in cori di protesta contro Cellino. Il clima è teso, segnato dalla delusione e dalla consapevolezza che il baratro è ormai vicino.
A complicare ulteriormente la situazione, sono arrivate anche le dimissioni di Stefano Midolo, unico dirigente con poteri di firma dopo le inibizioni inflitte sia a Massimo che a Edoardo Cellino. Un atto che rende ancora più difficile immaginare un salvataggio dell’ultima ora.
«Fino all’ultimo ho provato a fargli cambiare idea», ha dichiarato il direttore sportivo Renzo Castagnini a Bresciaingol.it. Ma ogni tentativo è stato inutile. Le ore scorrono inesorabili e la resa appare ormai inevitabile.
Il dramma che oggi vive il Brescia rievoca quello vissuto dalla Reggina nell’estate del 2023, quando il club amaranto, escluso per gravi irregolarità amministrative, fu costretto a ripartire dalla Serie D. Anche allora il silenzio, la confusione e la mancanza di una guida portarono a un tracollo storico.
Ora è il Brescia a rischiare seriamente di uscire di scena tra i professionisti. Se non ci saranno clamorosi colpi di scena nelle prossime ore, sarà il fallimento a scrivere la parola fine del club lombardo.