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«Era così bello qui quando siamo arrivati negli anni Novanta. Qui, fuori mettevamo i tavoli e facevamo i pomodori. Il pomeriggio le persone anziane si sedevano a chiacchierare al fresco. Poi tutto è cambiato e adesso da tanto, troppo tempo, ci affacciamo e vediamo rifiuti e solo rifiuti. Nessuno interviene». Siamo nel rione Marconi, zona sud di Reggio Calabria, spazio di comunità a discarica a cielo aperto. Il passo è tutt’altro che breve. Nonostante ciò, esso adesso appare irreversibile. Numerose e reiterate segnalazioni per denunciare alle autorità competenti la grave questione ambientale e igienico-sanitaria non sono valse atti e interventi in grado di ripristinare l’ordine e il decoro.

Un residente racconta con nostalgia come era e come, quasi con rassegnazione, pensa non sarà mai più. Racconta ma prima di farlo ci tiene ad allontanarsi dal suo palazzo perché qualcuno degli occupanti gli altri alloggi popolari potrebbe infastidirsi. Non gradirebbe il rimpianto di un periodo in cui tutto era come doveva essere. Non apprezzerebbe che quel degrado si denunci e si contesti. Si deve rinunciare alle parti comuni senza neppure poter manifestare apertamente il dissenso verso l’angheria subita.
Un rione in ostaggio
Questo perchè il degrado ambientale non è mai solo tale. È anche degrado comportamentale, inciviltà e illegalità diffuse. Piaghe annose che si manifestano in questo angolo nascosto del complesso rione Marconi, solo parzialmente rinato con l’inaugurazione del parco urbano lo scorso anno. Non ci sono più le macro discariche di un tempo, al netto di qualche micro discarica qui e lì, rispetto alla quale l’esperienza impone di non abbassare la guardia. Ancora una piazzetta, un parco giochi e un’area attrezzata resistono. Ma il degrado dentro le palazzine popolari invece cresce nel silenzio generale. Tanti sono gli appartamenti occupati abusivamente. E chi occupa indisturbato non si ferma a questo atto di arroganza e illegalità, pretendendo di imporre, intimidendo, il controllo degli spazi comuni e a volte anche di quelli privati.

Quello spazio nascosto del rione Marconi, situato tra un’ultima schiera di alloggi popolari da una parte, e il cemento di un’incompiuta e il parcheggio dell’ospedale Morelli dall’altra, nei ricordi lontani del residente uno spazio di comunità, è oggi terra di “qualcuno”. Un esempio di quell’angheria così radicata. Non è stato necessario concederlo in uso a una discarica. È bastato e basta restare inerti oppure imbrigliati nella burocrazia per precede ogni raccolta straordinaria o nei tempi biblici necessari per allestire un impianto di video sorveglianza o una pressante attività di controllo del territorio. Così da anni quella terra di “qualcuno” è luogo di conferimento selvaggio di ogni genere di rifiuti che, con ogni probabilità nasconde anche profitti illegali. C’è tutto l’interesse a mantenere, impedendo che le cose cambino e “si normalizzino”.
Il pregiudizio alla salute

In questo scenario di abbandono e incuria si levano le voci dei pazienti onco-ematologici non residenti in città, in cura all’ospedale Morelli e ospiti di casa Ail a Reggio Calabria che si affaccia sulla discarica. Numerose le segnalazioni delle persone trapiantate e affette da leucemia, dunque più fragili e vulnerabili, circa il degrado, generato da un veicolo bruciato e da ogni genere di rifiuto, a distanza di qualche metro dal cancello di ingresso dello stabile che li ospita e a pochi centimetri dall’ambulanza in servizio per il trasporto nel vicino ospedale Morelli per le frequenti visite.
Un dissenso verso questa reiterata inciviltà e verso l’indifferenza delle autorità divenute, su iniziativa della paziente cosentina Valentina, anche una petizione sulle discariche abusive in Calabria lanciata sulla piattaforma Change.org.
Intanto il Comune di Reggio, rispondendo alla richiesta di pulizia urgente dell’Ail, ha comunicato di essere in procinto di chiudere la gara per l’affidamento del servizio di raccolta straordinaria, assicurando che una volta completato l’iter, la discarica accanto a casa Ail avrà priorità. Fino ad allora il degrado rimane anzi cresce e con esso il pregiudizio alla salute già precaria dei pazienti.
Ostacolo allo sviluppo
Le loro segnalazioni fanno il paio con le denunce e gli esposti, finora caduti nel vuoto, presentati dall’imprenditore Domenico Tripodi che lamenta anche un pregiudizio di carattere economico, avendo costruito in zona degli appartamenti fortemente compromessi dal contesto ambientale.

«Questa non è assolutamente una zona nella quale proporre investimenti immobiliari. Gli appartamenti già costruiti sicuramente hanno subito un deprezzamento, una forte riduzione del loro valore di mercato. È oggi altamente improbabile che qualcuno abbia intenzione di acquistare o affittare al reale valore di mercato in questa zona così degradata. Dal palazzo dove ha sede Casa Ail, quanto prima le macchine non potranno più uscire dal cancello per l’avanzare dei rifiuti. Da cittadino prima e da imprenditore poi, ho più volte segnalato questo disagio sia all’Amministrazione che alla magistratura, al prefetto, al sindaco, agli assessori. Non ho avuto assolutamente risposte, al netto di un rimando agli uffici competenti di un dirigente.
A distanza di mesi la situazione non è fatto cambiata, anzi è peggiorata. All’inciviltà delle persone si unisce l’indifferenza dell’amministrazione. Qui ormai regna sovrana la convinzione che chi getta i rifiuti qui resta impunito. Occorrono pertanto dei deterrenti altrimenti, anche quando verranno a ripulire, a distanza di poco tempo si riproporrà esattamente la stessa situazione di adesso. Chiedo, dunque, all’Amministrazione che intervenga per risolvere il problema in maniera strutturale», conclude l’imprenditore Domenico Tripodi.

